
SEMPRE IN CULO AI LAVORATORI DIPENDENTI, GLI UNICI CHE PAGANO LE TASSE IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE – MENTRE LA MELONI RIVENDICA DI AVER “ABBASSATO LE TASSE”, E GLI AUTONOMI SI ARRICCHISCONO, TRA STRALCI E CONDONI CHE PREMIANO L’EVASIONE, I DIPENDENTI SI ACCOLLANO UN NUOVO AUMENTO DELLE IMPOSTE. È L’EFFETTO PERVERSO DEL TAGLIO AL CUNEO VOLUTO DALLA DUCETTA: LE NUOVE ALIQUOTE IRPEF HANNO SPINTO MOLTI CONTRIBUENTI VERSO SCAGLIONI PIÙ ALTI E DETRAZIONI RIDOTTE. CIOÈ VERSO TASSE PIÙ ALTE...
videomessaggio di giorgia meloni per l assemblea generale di confcommercio 1
FISCO: MELONI, OBIETTIVO ABBASSARE TASSE A TUTTI, PARTICOLARE ATTENZIONE A CETO MEDIO
(LaPresse) - "Abbiamo approvato quella riforma fiscale che era attesa da cinquant'anni, e ne stiamo dando rapidamente attuazione.
Con l'obiettivo di abbassare le tasse a tutti e di costruire un rapporto più giusto ed equilibrato tra Stato e contribuente".
Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervenendo con un videomessaggio all'assemblea generale di Confcommercio in corso a Roma.
"Stiamo rimettendo al centro gli autonomi e i liberi professionisti, lavoratori per troppo tempo disprezzati e considerati a torto figli di un Dio minore - ha ricordato la premier -. Questa è la strada che continueremo a seguire, per consolidare la tendenza economica positiva che stiamo registrando, rafforzare la domanda interna e proseguire nel percorso di riduzione della pressione fiscale, con un'attenzione particolare al ceto medio.
Sono i nostri obiettivi, e so che sono anche i vostri obiettivi. Di chi ha a cuore questa nazione e lavora ogni giorno con un solo grande target: rendere l'Italia sempre più grande, più forte e più rispettata nel mondo. E so che per farlo ho bisogno di voi, ma so anche per farlo posso contare su di voi".
MELONI, IN DUE ANNI E MEZZO RECORD DI OCCUPATI "AIUTIAMO LE AZIENDE A RAFFORZARE EXPORT E PRESENZA ALL'ESTERO"
(ANSA) - "Negli ultimi due anni e mezzo è stato creato quasi un milione di posti di lavoro, e abbiamo toccato diversi primati. Abbiamo raggiunto il record di numero di occupati, la disoccupazione è ai minimi da 18 anni a questa parte, il precariato diminuisce e i contratti stabili aumentano.
Dati che ci rendono orgogliosi, sicuri della strategia che abbiamo messo in campo, ma che non sono merito del governo. Sono merito vostro, delle imprese e dei lavoratori di questa nazione".
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Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all'assemblea di Confcommercio. "Il governo si è limitato a fare la parte che gli spetta, cioè - ha continuato - creare le condizioni migliori per la crescita e la competitività. Fin dal primo giorno a Palazzo Chigi ci siamo schierati al fianco di chi crea ricchezza e occupazione. Stiamo creando un ambiente favorevole per chi vuole investire in Italia, e allo stesso tempo siamo impegnati per aiutare le nostre aziende a rafforzare l'export e la loro presenza sui mercati internazionali".
SALARI, LA BEFFA PER I DIPENDENTI: IL NUOVO CUNEO FISCALE AUMENTA LE TASSE
Estratto dell’articolo di Valentina Conte per www.repubblica.it
Doveva alleggerire il peso delle tasse sui salari. Ma la legge di bilancio 2025 ha finito per renderli più vulnerabili al fisco. Il governo Meloni ha reso strutturale il taglio al cuneo fiscale, trasformandolo in un mix di nuove detrazioni e bonus per i lavoratori dipendenti.
Ora però si scopre che questa scelta ha potenziato il fiscal drag, cioè il drenaggio fiscale: l’effetto per cui gli aumenti salariali finiscono per spingere i contribuenti verso aliquote più alte o ridurre le detrazioni.
«Con la progressività è aumentato anche l’effetto di drenaggio fiscale», dice la presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) Lilia Cavallari presentando il Rapporto sulla politica di bilancio 2025. E aggiunge: «L’aumento si concentra prevalentemente sui lavoratori dipendenti». Nella microsimulazione dell’Upb, a parità di inflazione e rispetto al 2022, ci sono 370 milioni di tasse in più pagate dai lavoratori dipendenti: +13%.
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La meccanica è semplice. In un sistema fiscale progressivo, se scaglioni e detrazioni non sono aggiornati all’inflazione, i lavoratori pagano più tasse anche se il loro stipendio cresce solo per compensare il carovita.
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L’Irpef è un’imposta progressiva: man mano che il reddito aumenta, si passa a scaglioni con aliquote più alte. Quando c’è inflazione, i redditi monetari salgono nominalmente (esempio: un aumento in busta paga del 3% per adeguarsi al carovita). Ma se le aliquote e gli scaglioni Irpef restano invariati, il lavoratore si trova tassato più pesantemente: finisce in scaglioni più alti e paga più tasse in proporzione. Questo è il fiscal drag.
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LA DISTRIBUZIONE DI REDDITI E IRPEF
L’Upb dice che le modifiche fatte con la riforma fiscale (passaggio dal taglio contributivo al taglio fiscale) non hanno eliminato il fiscal drag, anzi l’hanno reso più forte: l’imposta è ora più “sensibile” all’inflazione.
E fa un calcolo: se l’inflazione è di 2 punti percentuali, rispetto al 2022 il sistema attuale porta 370 milioni di tasse in più (+13%) solo per effetto di fiscal drag.
Questo è un problema perché: i salari reali sono già bassi rispetto al pre-pandemia; l’aumento fiscale ulteriore va a erodere il potere d’acquisto; quindi si rischia un impatto negativo su consumi e crescita.
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Il fiscal drag c’era anche prima. Ma con la riforma fiscale 2025, spiega l’Upb, la situazione è peggiorata: «La recente riforma fiscale ha reso il sistema più progressivo e più esposto al drenaggio fiscale, amplificando l’impatto di eventuali pressioni inflazionistiche».
Perché? Perché il governo ha stabilizzato il taglio al cuneo con un nuovo assetto Irpef: accorpamento dei primi due scaglioni e nuove detrazioni decrescenti per i dipendenti. Una combinazione che oggi aumenta l’effetto perverso. «L’accresciuta sensibilità del sistema all’inflazione deriva direttamente dalle modifiche normative introdotte per i lavoratori dipendenti», avverte l’Upb.
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Il Rapporto fa anche i conti. Simulando un'inflazione del +2%, il drenaggio fiscale — cioè le tasse aggiuntive legate all’effetto combinato di inflazione e progressività — ammonta oggi a 3.262 milioni di euro, contro i 2.892 milioni che avrebbe prodotto il sistema Irpef del 2022. Una differenza di 370 milioni in più, pari a un incremento del 13%
E a pagare il conto sono soprattutto i lavoratori dipendenti. La tabella pubblicata dall’Upb lo documenta con numeri puntuali: per gli operai, il fiscal drag passa da 800 a 942 milioni, con un’incidenza che cresce dal 3,2% al 5,5%.Per gli impiegati, da 989 a 1.205 milioni, con un’incidenza che sale dall’1,7% al 2,3%.Per pensionati, autonomi e altri redditi, invece, l’effetto è trascurabile.
Anche il dato pro capite conferma la penalizzazione dei lavoratori dipendenti. Per ogni singolo impiegato, il drenaggio fiscale medio è passato da 116 a 141 euro, con un incremento di 25 euro a testa. Per ogni operaio, da 67 a 79 euro (+12 euro).Per pensionati, autonomi e altri redditi, l’effetto è stato pressoché nullo.
Un paradosso: proprio le categorie che avrebbero dovuto beneficiare di più del taglio al cuneo sono oggi le più penalizzate dal nuovo fiscal drag. Una “tassa invisibile” che intacca direttamente gli aumenti lordi conquistati in busta paga.
FINTE RESIDENZE ALL ESTERO PER PAGARE MENO TASSE
Più gettito, meno potere d’acquisto
Per i conti pubblici è un vantaggio. L’Upb lo riconosce: «Effetti positivi per il bilancio pubblico». Ma per i lavoratori è una perdita secca. [….]