
“LAVORARE 24 ORE AL GIORNO NON MI SEMBRAVA UNA SCELTA GIUSTA” – LO CHEF FRANCO ALIBERTI SPIEGA PERCHÉ HA LASCIATO IL SUO RISTORANTE STELLATO PER FARE IL PAPÀ A TEMPO PIENO: “NON VOLEVO CHE MIO FIGLIO CRESCESSE SENZA AVERMI ATTORNO. GIA' LA CHIUSURA DEL COVID MI AVEVA FATTO CAPIRE CHE OLTRE AL LAVORO C'E' UNA VITA CHE NON RIUSCIVO A VIVERE. MI DISPIACE CHE NON SI RIESCA A TROVARE UN EQUILIBRIO TRA VITA PRIVATA E PROFESSIONALE. C’È UNA SORTA DI TIMORE NEL DIRE, DA UOMO, 'STO A CASA, LAVORO, STIRO, CUCINO'. IO ME LO SONO POTUTO PERMETTERE MA..."
Estratto dell’articolo di Viola Giannoli per "La Repubblica"
Ha lavorato come chef nelle cucine di Massimo Bottura, Gualtiero Marchesi, Alain Ducasse, Enrico Bartolini. Ma da due anni e mezzo Franco Aliberti cucina solo per la moglie e i loro due bambini. «Volevo prendermi cura della famiglia, non è scontato né facile e non tutti possono permetterselo, ma mi stavo perdendo troppe cose e non credo sia giusto che quasi sempre le donne rinuncino alle passioni».
Davvero ha lasciato la cucina stellata per fare il papà a tempo pieno?
«Lavorare 24 ore al giorno non mi sembrava una scelta e non volevo che mio figlio crescesse senza avermi attorno o che io lo vedessi diventare grande solo perché occupava più spazio nel letto[…].
Non sarà stato facile.
«È stata una rinuncia. Ma già la clausura del Covid mi aveva fatto capire che oltre al lavoro c’è una vita che non riuscivo a vivere. Mia moglie gestisce un team ed è impegnata ogni giorno con orari d’ufficio così ho iniziato io a prendermi cura stabilmente di Filippo e poi della seconda nata».
Si è mai pentito?
«Mai. Ma devo ringraziare quel che avevo costruito sino ad allora: senza quella gavetta avrei fatto fatica a sopravvivere. Una cosa però mi rende triste».
Quale?
«Che non si riesca a trovare un equilibrio tra vita privata e professionale, che figli e lavoro siano a volte alternative non conciliabili. […] Ho messo da parte la passione, è vero, ma se avessi solo lavorato mi sarebbe mancata tanta vita».
[…] Sono in aumento ma molti meno delle donne gli uomini che si dimettono volontariamente.
«Purtroppo. C’è ancora troppa disparità tra padri e madri e c’è una sorta di timore nel dire, da uomo, “sto a casa, lavoro, stiro, cucino”. Lo vedo fuori scuola, al parco: sono circondato da mamme, oltretutto stanche. Io, ripeto, me lo sono potuto permettere. In Italia mancano le condizioni affinché lo possano fare più papà oppure nessuno, ma per ottenere congedi, sussidi, servizi dobbiamo farci sentire anche noi uomini». […]
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