
"QUANDO PARLAVANO I NOSTRI AVVOCATI, I GIUDICI (DI CUI DUE DONNE) SI SCAMBIAVANO RISATINE E BATTUTE ALL’ORECCHIO" - LA DENUNCIA DI UNA DELLE SETTE RAGAZZE CHE HA ACCUSATO DI VIOLENZA SESSUALE UN PROFESSORE DEL POLICLINICO DI CATANIA. IL DOCENTE È STATO ASSOLTO DAL TRIBUNALE - LA GIOVANE CONTRO I GIUDICI: "IL PROCESSO È STATO LA CONTINUA GIUSTIFICAZIONE DI UN REATO. HANNO SCRITTO CHE NON CI SONO STATE PROVE SCHIACCIANTI. SETTE DONNE, PIÙ ALTRE DUE TESTIMONI, HANNO OFFERTO VERSIONI CONVERGENTI: NON È UNA PROVA SCHIACCIANTE?" - LE INTERCETTAZIONI CHE PROVEREBBERO CHE LE SETTE RAGAZZE SI MISERO D'ACCORDO...
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NON USO LE DITA PER PALPARE'-7STUDENTESSE LO ACCUSANO DI VIOLENZA SESSUALE MA I GIUDICI LO ASSOLVONO
Estratto dell'articolo di Corrado Zunino per “la Repubblica”
Micol, lei e altre sei ex studentesse del Policlinico di Catania non siete state credute. Per la quarta sezione del Tribunale di Catania non avete subito violenza.
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«Avevo seri problemi di salute, ma la mattina di martedì 25 febbraio ero lì. Ho ascoltato la sentenza, parola per parola, e ad ogni passaggio la cicatrice si allargava. Oggi, però, sono grande e il dolore per quello che ho subito da un professore quando ero una ragazza, so portarlo con me. Come fosse una borsetta. Quella mattina ho messo nella pochette l’ultima sofferenza, non avere giustizia».
Ha raccontato in aula come il docente di Tecniche di Fisiopatologia circolatoria, Santo T., la convocasse in ufficio, la toccasse, le chiedesse notti di sesso, promettesse lavoro e promozioni. I giudici hanno smontato i cinque episodi che aveva denunciato.
«Mi è bastato seguire le udienze per capire che sarebbe finita così. Quando parlavano gli avvocati dell’imputato, i tre giudici, due erano donne, li guardavano negli occhi, prendevano appunti. Quando toccava ai nostri, allo stesso pubblico ministero, risatine, battute sussurrate all’orecchio».
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“Non si può condannare al di là di ogni ragionevole dubbio”.
«I giudici hanno scritto che non ci sono state prove schiaccianti. Sette donne, più altre due nel ruolo di testimoni, hanno offerto versioni convergenti: non è una prova schiacciante? L’ ha riconosciuto la sentenza: il professor Santo T. è stato un predatore. Poi, però, l’hanno assolto. Chi sceglie di denunciare tardi, dopo aver patito in silenzio, non porta foto, non ha video. Solo la sua parola».
Cosa ricorda della sua deposizione?
«Quando ho raccontato l’episodio del libretto universitario che mi era caduto e del professore che, quando mi chino per raccoglierlo, si strofina su di me eccitato, il suo difensore mi ha interrotto. Disse che mi ero messa di proposito in quella posizione. Nessuno della corte lo ha fermato. Per raggiungere il libretto avrei dovuto genuflettere le ginocchia, ha detto.
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Il processo è stato la continua giustificazione di un reato, più reati. Le versioni dei difensori erano subito credibili. I nostri racconti, dieci anni dopo, dovevano essere dettagliati, spiegati, motivati. I giudici cercavano una ragione per assolvere l’imputato. Le motivazioni della sentenza sembrano il riassunto dell’arringa finale della difesa, compreso quel passaggio: se il seno viene toccato con i palmi e non le con le dita non c’è violenza».
Ha fatto la tesi di laurea con quello che avrebbe indicato come carnefice. Questo è stato un motivo che ha incrinato la sua credibilità.
«Era l’unico modo per scappare da lui. Andare in Venezuela tre mesi con il mio fidanzato, costruire la tesi con l’aiuto di chi mi era vicino ed evitare di trascorrere l’estate al lavoro con il professore. Il relatore Santo T. ha firmato la tesi, ma non c’è nulla di suo nel testo».
Un’altra accusa nei vostri confronti: le interecettazioni rivelano che vi siete messe d’accordo, lei e Alessandra suggerivate alle altre.
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«Eravamo sette ragazze spaventate, a cui stavano portando via la giovinezza. Certo, ci telefonavamo, volevamo sapere com’era andato l’interrogatorio. Avevamo paura di parlare con le famiglie, volevamo finire gli studi. Con quale finalità, poi, avremmo inscenato un teatrino? Cinque studentesse sono fuggite dal policlinico». [...]
Tornerebbe a denunciare le violenze dopo questa sentenza?
«No, e sono convinta che oggi molte donne subiscono in silenzio per esempi come questo».
Il procuratore generale ha detto che proporrà appello.
«La cicatrice fa male, ma voglio metterci ancora il cuore sopra. Chi ci ha fatto violenza si presentava in aula con le figlie e la moglie e quel 25 febbraio, dopo la sentenza, ha chiamato in reparto per urlare la sua innocenza. Noi, invece, siamo di nuovo in discussione».