
GLI ITALIANI PREFERISCONO PASSARE LA VITA VICINO AI LORO CARI CHE VIVERE PER LAVORARE - IL 28.6% DEI NOSTRI CONNAZIONALI HA SCELTO IL POSTO IN CUI ABITARE IN BASE AI PROPRI AFFETTI. IL 16.1% È RIMASTO VICINO ALLA FAMIGLIA D'ORIGINE: SOLO IL 10.7% HA DECISO DI SPOSTARSI ADATTANDOSI ALLE ESIGENZE LAVORATIVE - NEL REGNO UNITO IL 21.3% DELLE PERSONE HA TRASLOCATO DOPO AVER OTTENUTO UN IMPIEGO DISTANTE DA CASA. NEGLI USA LA PERCENTUALE È DEL 20.4%...
Estratto dell'articolo di Pier Luigi Vercesi per il “Corriere della Sera”
ITALIA - LE DIFFERENZE NORD SUD
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro (è l’incipit della nostra Costituzione), ma anche sulla famiglia, sugli affetti, sulle abitudini (è scritto nel nostro Dna). Purtroppo, ci distinguiamo pure per la lentezza con la quale introduciamo quelle innovazioni tecnologiche che dovrebbero facilitare la vita al cittadino e avvicinarlo alla Pubblica amministrazione.
Così, alla luce di tali premesse, non possiamo meravigliarci se, dall’indagine contenuta nel report realizzato dalla multinazionale di consulenza Bip, balzano agli occhi dati che qualche singhiozzo alla locomotiva Italia lo possono causare. Alla domanda: quale motivo ti ha spinto a scegliere dove abitare?
FAMIGLIA ITALIANA DI EMIGRANTI
Il 28,6% degli intervistati italiani ha fatto appello agli affetti e alle abitudini e un altro 16,1% al rimanere vicini alla famiglia d’origine. Solo il 10,7% sostiene di aver preso la decisione per adattarsi ad esigenze di lavoro e il 7,1% per vivere in aree con miglior accesso ai servizi. Negli Stati Uniti, quel che da noi pesa, in totale, per quasi il 45%, arriva a malapena al 20% (famiglia 11,8%, affetti e abitudine 9,4%) e nel Regno Unito rispettivamente al 13% e al 14,8%.
Nei Paese anglosassoni le motivazioni legate al lavoro sono al 21,3% negli Usa e al 20,4% in Gran Bretagna e l’accesso ai servizi rispettivamente all’11,7% e al 14,8%. [...]
Per un secolo gli italiani hanno lasciato i loro affetti per andare a cercare lavoro (quasi sempre massacrante) prima all’estero e poi da un capo all’altro dello Stivale. Non passa poi giorno senza che ci si lamenti della fuga dei cervelli all’estero, dove spesso la qualità della vita è peggiore ma la possibilità di essere riconosciuti per ciò che si vale è significativamente più alta.
C’è poi la geografia italiana, che è diversa da quella della gran parte degli altri Paesi. A ogni tiro di schioppo c’è una città con una sua storia millenaria, sia culturale sia economica. E chi l’ha detto che il modello di sviluppo di una nazione debba necessariamente passare per il sacrificio degli affetti, delle proprie origini e delle bellezze di cui si è circondati?
Concentrare il lavoro in megalopoli dove i prezzi delle abitazioni sono proibitivi aliena le persone e spesso le rende inutilmente competitive a scapito del lavoro di gruppo, della socializzazione e quindi della produttività. La soluzione è un’altra: pianificare lo sviluppo dei servizi su tutto il territorio, così che i posti di lavoro siano spalmati su tutta la Penisola. [...]