
“IN QUESTI ANNI MOLTI SONO SCAPPATI DA QUEL REPARTO” – IL RACCONTO DI UN’EX INFERMIERA DEL REPARTO DI RADIOLOGIA DELL’OSPEDALE DI PIACENZA CHE EMANUELE MICHIELETTI, PRIMARIO AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER VIOLENZA SESSUALE AGGRAVATA, GESTIVA COME UN PADRE-PADRONE: OLTRE AGLI ABORDAGGI, ALLE MANI IN CACIARA E AGLI APPROCCI SESSUALI, È EMERSO CHE IL MEDICO SPADRONEGGIAVA – MA SOLO ORA IL MURO DI OMERTÀ STA CROLLANDO: UN’ALTRA DOTTORESSA HA DENUNCIATO LE MOLESTIE…
Estratto dell’articolo di Alfio Sciacca e Stefano Pancini per il "Corriere della Sera"
Alla prima si è aggiunta una seconda denuncia. Un’altra donna che ha preso coraggio e ha deciso di raccontare cosa avveniva nel reparto di radiologia dell’ospedale di Piacenza, fino a dieci giorni fa guidato dal professor Emanuele Michieletti, ora ai domiciliari per violenza sessuale aggravata e atti persecutori nei confronti di colleghe e infermiere. Sembra quindi iniziare a sgretolarsi il «muro di omertà» denunciato dagli inquirenti.
La donna si è presentata negli uffici della Squadra mobile, guidata da Michele Saglio, raccontando di molestie e abusi, dei quali sarebbe stata testimone e forse anche vittima. Un altro tassello per far venire meno l’isolamento di fatto dell’unica donna che aveva denunciato e per ricostruire il «sistema Michieletti». Una gestione del reparto, «in cui le persone erano beni privati», che andava avanti da 15 anni, ma che nessuno aveva mai osato mettere in discussione, nonostante fosse a conoscenza di molti.
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L’arresto di Michieletti si basa su ore di intercettazioni ambientali e video che hanno documentato cosa avveniva nella sua stanza, quando entrava una donna e lui chiudeva a chiave la porta. Al di là del dato dei 32 casi di abusi e molestie in 45 giorni il materiale video è talmente esplicito da creare sconcerto e incredulità negli stessi inquirenti: approcci sessuali, abbordaggi, mani poggiate su alcune parti del corpo.
E anche se diversi rapporti erano consensuali, tutto avveniva comunque in un contesto di oggettiva sudditanza delle donne rispetto al capo del reparto. C’è poi il capitolo di qualche collega di Michieletti che sapeva, ne parlava con lui e a volte lo «consigliava» su come proseguire nella sua condotta. Altri insospettabili per i quali non si può escludere l’iscrizione nel registro degli indagati per favoreggiamento.
Ma oltre all’aspetto penale il «sistema Michieletti» sta svelando anche altro. Se è vero che andava avanti da così tanto tempo ci si chiede perché si è dovuta attendere la denuncia di una donna e l’intervento della magistratura. «In questi anni molti sono scappati da quel reparto — racconta al Corriere un ex infermiere di Radiologia —. C’è stato chi si è dimesso e chi ha chiesto il trasferimento. Oltre alle molestie c’era una gestione da padre-padrone e il malessere era palpabile, ma nessuno ha mai fatto nulla».
[…] «Michieletti e i suoi fedelissimi gestivano turni e ferie in una logica premiale o di punizione». […]