
“LE ATROCITÀ DI ISRAELE SFIDANO OGNI DESCRIZIONE” – NEL “MANIFESTO” DI ELIAS RODRIGUEZ, L’ATTIVISTA PRO-PAL CHE HA UCCISO DUE DIPENDENTI DELL’AMBASCIATA ISRAELIANA A WASHINGTON, GLI AMERICANI VENGONO ACCUSATI DI AVER "DATO MANO LIBERA PER STERMINARE I PALESTINESI" - GLI INVESTIGATORI STANNO CERCANDO DI CAPIRE SE IL 31ENNE DI CHICAGO SI SIA RADICALIZZATO A CAUSA DI RELAZIONI PERICOLOSE CON GRUPPI TERRORISTICI...
1. LE ORIGINI A CHICAGO, LA KEFIAH E L’ATTIVISMO COSÌ ELIAS È DIVENTATO UN «TERRORISTA FAI DA TE»
Estratto dell’articolo di Guido Olimpio,Viviana Mazza per il “Corriere della Sera”
La kefiah bianca e rossa. Un doppio target inerme. Un’arma. La determinazione. Lo slogan «Palestina libera». E un presunto «manifesto» per spiegare le motivazioni di «un atto politico», la cui pubblicazione online era programmata in modo che apparisse meno di un’ora prima dell’attacco. Questo lo scenario dell’omicidio compiuto da Elias Rodriguez mercoledì sera a Washington. […]
L’assassino, 31 anni, viene da Chicago, quartiere nordoccidentale di Albany Park, zona una volta abitata da una comunità ebraica ed oggi mix di popolazione arrivata dall’Asia o dall’America Latina. […]
Le informazioni iniziali raccontano di collegamenti fino al 2017 con il «Partito socialista e della rivoluzione» (Psl), alla presenza in dimostrazioni in difesa di afroamericani uccisi dalla polizia, alla volontà di partecipare a proteste sociali. Il gruppo ha preso le distanze, affermando su X che «non ci sono stati contatti con lui per oltre 7 anni. Non abbiamo nulla a che fare con questa sparatoria e non la appoggiamo». Anche il suo datore di lavoro, un’organizzazione che si occupa di osteopatia, ha espresso choc. […]
yaron lischinsky sarah milgrim
Il secondo indizio, invece, è racchiuso in un testo, attribuito allo sparatore, dove esprime tutta la sua rabbia per le stragi a Gaza, per il menefreghismo del governo Usa, per la mancanza di reazione reale. […] Parole trasformate nell’agguato nei pressi del museo ebraico contro due israeliani, Sarah Milgrim e Yaron Lischinsky, membri dello staff dell’ambasciata.
Gli investigatori devono lavorare sul profilo del killer, sulle sue conoscenze, sui rapporti. Al fine di capire se abbia agito in modo autonomo o se invece sia stato ispirato/istigato da qualcuno. Elias potrebbe essere il protagonista del «terrorismo di influenza», molto diffuso anche in Europa. I drammi mediorientali, le guerre, la sofferenza dei civili, i profughi, la fame diventano la spinta, il movente, la «ragione» per versare altro sangue. L’ attacco di Washington ricorda alcuni gesti compiuti da simpatizzanti di tesi jihadiste ma senza alcuna preparazione o militanza specifica.
Terroristi fai-da-te che sono stati in grado di provocare vittime e si sono presentati come difensori dei musulmani perseguitati nel mondo. Non ci vuole molto per trovare una «giustificazione».
WASHINGTON SPARATORIA Capital Jewish Museum
C’è poi un aspetto che va oltre i confini americani. Dopo l’assalto di Hamas del 7 ottobre e le ripetute operazioni di Tel Aviv, si sono moltiplicati i tentativi di attacchi contro obiettivi israeliani ed ebraici all’estero. Li hanno pianificati piccole cellule, lupi solitari ma anche gruppi criminali reclutati dall’Iran. Si è creata una bolla in grado di accogliere chiunque sia disposto ad agire, non importa con quali mezzi. Non servono parole d’ordine, direttive, network. È sufficiente l’azione. Per questo Elias Rodriguez ha scritto il documento, un invito indiretto ad emularlo e, in qualche modo, un suggerimento tattico su come sia possibile trovare un bersaglio. […]
2. DALLA LOTTA A AMAZON ALLE PROTESTE PRO-PAL I MISTERI DEL KILLER
Estratto dell’articolo di Paolo Mastrolilli per “la Repubblica”
Le motivazioni di Elias Rodriguez sono chiare, perché ha detto di aver sparato per Gaza. Ora si scava nel suo passato per capire se questa radicalizzazione è stata frutto di un suo percorso personale, dell’impegno politico come attivista, oppure di relazioni pericolose con gruppi terroristici.
Rodriguez ha 30 anni ed è nato e cresciuto a Chicago. Secondo il suo profilo sul sito The History Makers, ora cancellato, si è laureato in Inglese alla University of Illinois e aveva lavorato come «scrittore di contenuti per compagnie commerciali e non, nello spazio tecnologico ». Quindi era passato con The History Makers, dove aveva fatto il «ricercatore di storia orale». Preparava biografie di leader della comunità afro americana. […]
WASHINGTON SPARATORIA Capital Jewish Museum
Da qualche tempo aveva cambiato lavoro, assunto dall’American Osteopathic Information Association. L’Fbi ha perquisito la sua casa nel quartiere di Albany Park, trovando due poster alla finestra. Uno con la scritta “Giustizia per Wadea”, bambino palestinese americano di 6 anni ucciso a Chicago; l’altro “Tikkun Olam significa Palestina libera”, citazione di un’espressione ebraica che vuol dire “curare il mondo”.
Gli inquirenti indagano sul suo attivismo politico con il Party for Socialism and Liberation (Psl). Aveva partecipato a una protesta davanti alla casa dell’allora sindaco di Chicago Rahm Emanuel, contro la polizia che aveva ucciso il diciassettenne nero Laquan McDonald, e contro Amazon che voleva spostare nella città il suo quartier generale. […]
Il blogger Ken Klippenstein ha pubblicato quello che sostiene essere il manifesto scritto da Rodriguez prima dell’attacco. «Le atrocità commesse dagli israeliani contro la Palestina – si legge nel testo – sfidano ogni descrizione e ogni quantificazione. Invece di leggere le descrizioni, le osserviamo in video, a volte in diretta. Dopo alcuni mesi di rapido aumento del numero delle vittime, Israele ha perso la capacità di contare i morti, che ha giovato al suo genocidio. Il ministero della Salute di Gaza registra 53.000 morti, con migliaia di persone a rischio di carestia imminente a causa del blocco israeliano, il tutto favorito dalla complicità dei governi occidentali e a rabi».
Quindi prosegue: «Le proteste non violente nelle prime settimane del genocidio sembravano segnare una sorta di punto di svolta. Mai prima d’ora così tante migliaia di persone si erano unite ai palestinesi nelle strade dell’Occidente. Mai prima d’ora così tanti politici americani erano stati costretti ad ammettere che, almeno retoricamente, anche i palestinesi erano esseri umani. Ma finora la retorica non ha prodotto grandi risultati. Gli stessi israeliani si stupiscono per la mano libera che gli americani hanno dato loro per sterminare i palestinesi».
La conclusione considera l’uso della forza: «Una parola sulla moralità delle manifestazioni armate. Chi di noi è contrario al genocidio si compiace di sostenere che autori e complici abbiano perso la loro umanità. Condivido questo punto di vista e ne comprendo il valore nel lenire la psiche che non sopporta le atrocità a cui assiste. Ma la disumanità si è dimostrata da tempo scandalosamente comune, banale, prosaicamente umana». […]
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WASHINGTON SPARATORIA Capital Jewish Museum
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