
“L’OZEMPIC DOVREBBE IN TEORIA CURARE IL DIABETE DI TIPO 2. MA LA SUA VERA VOCAZIONE È CULTURALE, NON CLINICA” – MASNERI SULLA PUNTURINA CHE FA SPARIRARE LA PANZA: “ALCUNI TESTIMONIANO CHE FA PASSARE PROPRIO LA VOGLIA DELLE SCHIFEZZE, PIÙ IL CIBO È GODURIOSO, PIÙ SBOCCHI: IL TIRAMISÙ, BLEAH, IL CAVIALE, CHE ORRORE, IL PACCHERO, VOMITO. SMETTERE DI AVERE FAME DIVENTA LO STATUS DEFINITIVO. NON SERVE PIÙ IL PERSONAL TRAINER. BASTA LA PUNTURA. E POI GIÙ CON I SELFIE: PALLIDI, SMUNTI, EFFICIENTI. CON UNA SOLA INIEZIONE A SETTIMANA, SPARISCONO I CHILI, LA FAME, SOPRATTUTTO LE VOGLIE. IL CORPO SMETTE DI DESIDERARE…”
Estratto dell'articolo di Michele Masneri per “il Foglio – Terrazzo”
Per secoli il grasso è stato un mistero. Religioso, psicanalitico, sociale. Botticelli lo celebrava, Freud lo interpretava, Wanna Marchi lo scioglieva, vabbè. Era status, poi stigma, poi trauma.
Oggi, finalmente, è diventato qualcosa di molto più semplice: un errore di sistema da risolvere con una pratica iniezione. Sì, ovviamente il riferimento è all’Ozempic, l’anti-diabetico danese che ha trasformato il metabolismo in algoritmo. E’ il farmaco della felicità dei giorni nostri, il Prozac degli anni Duemilaventi, il santo graal della magrezza senza sforzo.
[…] l’Ozempic dovrebbe in teoria curare il diabete di tipo 2. Ma la sua vera vocazione è culturale, non clinica. Non guarisce il diabete: corregge la fame. Alcuni testimoniano che fa passare proprio la voglia delle schifezze: più il cibo è godurioso, più sbocchi: il tiramisù, bleah, il caviale, che orrore, il pacchero di Da Vittorio, vomito (certo la vita è già orrenda, se ci togliete pure il pacchero...). Ma non tutti.
Il mistero glorioso dell’Ozempic è anche questo, che nessun paziente ha una versione identica all’altra. Chi racconta della nausea, chi invece non ha effetti collaterali.
[…] Un effetto però universale è quella specie di svuotamento della faccia, improvvisamente per le città si vedono infatti queste facce sgonfiate come un saccottino del Mulino Bianco scaduto o le pubblicità del bagaglio sottovuoto per Ryanair.
Improvvisamente, fateci caso, sono tutti magri, di questa magrezza peculiare, che prosciuga, e senza fare palestra. Proprio mentre Papa Leone stabilisce il primato del primo pontefice a fare workout […]
Ma intanto sappiamo tutti che la palestra […] è ormai un luogo di produzione video più che di allenamento, ormai non devi più stare attento, come ai tempi nostri, di inciampare tra i bilancieri, col bruto che poi ti mena; no, devi stare attento a non entrare nel campo visivo dei telefoni con cui il bruto si riprende […]
Ma ora si può essere “più sani più belli”, come prometteva Rosanna Lambertucci, senza andarci, in palestra, senza impallare nessun video. E non si tratta solo di dimagrire: si tratta proprio di non pensare proprio più al cibo. Smettere di avere fame diventa lo status definitivo.
Non serve più il personal trainer, il digital detox, il menù vegano-gluten free.
Basta la puntura. E poi giù con i selfie: pallidi, smunti, efficienti. Con una sola iniezione a settimana, spariscono i chili, la fame, soprattutto le voglie. Il corpo smette di desiderare. Il desiderio è un problema, e Ozempic è la sua soluzione.
Novo Nordisk, l’azienda produttrice, danese, è ormai la LVMH del metabolismo, la Moncler dello scioglipancia. Le sue azioni per un po’ valevano più del pil dell’intera Danimarca (che è salito nel 2023 del 2,5 per cento grazie alla siringa miracolosa). Ma l’Ozempic è come il Vaticano, piccolo stato con influenza globale: secondo il Washington Post, un americano su otto ha provato il farmaco o gli equivalenti.
E negli Stati Uniti la spesa per questi medicinali è di 40 miliardi di dollari, e dovrebbe triplicare entro il 2030. Si dirà: facile che il paese col 40 per cento di obesi diventi l’eldorado per queste medicine. […] Però tremano allo stesso tempo i produttori di schifezze: cosa ne sarà di merendine, caramelle, dolci cancerogeni, se tutti invece di un leggero languorino siamo colti dal conato di vomito? Dunque il saldo finale sull’economia sarà positivo, negativo o neutro?
Ma intanto il povero amministratore delegato perché è stato licenziato proprio mentre il mondo intero chiede Ozempic? Gli Stati Uniti infatti ne esauriscono le scorte, le farmacie italiane ti guardano storto quando provi a chiederlo. La domanda globale è così fuori controllo che l’Oms ha dovuto inserire “usare Ozempic solo se necessario” nei suoi consigli pubblici.
In Russia Putin ha dato ordine alle case farmaceutiche di farne una versione pezzotta, violando il copyright; il pezzotto si chiama Semavic.
Globale anche l’impatto sul gusto: negli Stati Uniti Ozempic è adottato da star, manager e bilionari vari, e ha cambiato radicalmente l’estetica del potere. Un tempo c’erano le mascelle scolpite dei manager e i muscoli tossici delle star.
Oggi si preferisce il corpo prosciugato, etereo, da guru tech — o da ex socialite in fase di contrizione pubblica, insomma il saccottino Barilla. In Italia il fenomeno è più soft, ma altrettanto penetrante.
E’ sussurrato, se ne parla poco ma lo si fa, come gli anoressizzanti negli anni ‘80.
C’è chi dice: ho riscoperto la corsa, ma l’esperto riconosce il saccottino Barilla.
Intanto uno che è stato proprio prosciugato e non in senso positivo è il ceo di Novo Nordisk, l’azienda produttrice.
Lars Fruergaard Jørgensen è stato defenestrato venerdì con motivazioni “strategiche” cioè misteriose. Sì, c’è una casa concorrente, la Eli Lilly, che ha messo in commercio un farmaco simile che pare più efficace. E recentemente Novo Nordisk è molto scesa in borsa, ha emesso un “profit warning”, un allarme sugli utili, che saranno più bassi del previsto anche a causa dei pezzotti ormai in circolazione ovunque (da Lvmh a Kering, dunque?).
Ma forse la verità è che l’Ozempic è diventato un prodotto talmente “estetico” e “igonigo” che il pòro ceo non aveva abbastanza carisma o non era abbastanza ganzo per gestire un marchio che si muove ormai tra la biotecnologia e il prêt-àporter. Forse serve anche una nuova definizione, ceo non va più bene, meglio direttore creativo del farmaco (quindi ricordarsi, sempre “visionario” negli articoli di moda, mi raccomando, vabbè).