
TU VUO’ FA’ L’AMERICANO: QUANDO GLI ITALIANI EMIGRATI IN AMERICA CAMBIAVANO IL LORO COGNOME PER SFUGGIRE AL RAZZISMO – GIAN ANTONIO STELLA: “ANCHE IL NONNO DEL FUTURO PAPA LEONE XIV, NATO A MILAZZO NEL 1826 E SBARCATO NEL 1903 A NEW YORK COME SALVATORE GIOVANNI RIGGITANO, SI DICHIARÒ UFFICIALMENTE JOHN RIGGITANO PREVOST” – “I NOSTRI NONNI CAMBIARONO NOME PER ARGINARE PESANTI PREGIUDIZI ANTI-ITALIANI. BASTI RICORDARE IL CASO DI EDITH LABUE CHE NEL 1922 FU AL CENTRO D’UN PROCESSO IN ALABAMA CON UN NERO DI NOME JIM ROLLINS, ACCUSATO DEL REATO DI “MESCOLANZA DI RAZZE”: “NON ERA BIANCA: ERA ITALIANA”, DISSE LA DIFESA. E LA CORTE GLI DIEDE RAGIONE..."
Estratto dell’articolo di Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”
«Molti italiani hanno un certo pudore direi quasi vergogna a confessare la loro nazionalità; traducono perfino il cognome (ad esempio: Verdi diventa Green, Bianchi diventa White) e questo sentimento, per quanto poco lodevole, è l’indice non dubbio di un desiderio di entrare a far parte della massa locale dei cittadini, come hanno fatto gli olandesi o gli svedesi e soprattutto i tedeschi». Lo scrive un secolo fa l’economista Torquato Carlo Giannini sul «Corriere delle assicurazioni marittimo e di emigrazione», ripreso dall’editrice MnM in Italiani agli Stati Uniti .
È il 1925. E anche il nonno del futuro papa Leone XIV, nato a Milazzo nel 1826 come Salvatore Giovanni Riggitano, sta lasciando il vecchio nome per il nuovo. Sbarcato nel 1903 a New York e raggiunta la cittadina di Quincy, Illinois, […] iscritto subito al St. Francis Solanus College, molto intraprendente, nel 1917 è già così noto come docente di lingue da finire sul giornale locale, il «Quincy Daily Herald», col titolo Riggitano in triangle (il triangolo di Riggitano) perché Daisy Hughes, la moglie sposata nel 1914, l’ha denunciato per adulterio con una certa Suzanne Louise Marie Fontaine.
[…] Il figlio della nuova coppia, che sarà padre del futuro Papa, è registrato all’anagrafe come Louis Marius Prevost (cognome della famiglia materna di Suzanne, pare). Cognome che verrà usato poi per cambiare intestazione nel 1934 alla scuola privata di lingue aperta a Chicago (Riggitano Prevost School of Languages) e infine nell’Alien Registration Form del 1940 dove il nostro messinese si dichiara ufficialmente «John Riggitano Prevost, entrato negli Usa come Salvatore Giovanni Riggitano Alioto», cognome della madre.
Un caso tra decine o forse centinaia di migliaia. […] La trascrizione dei dati anagrafici in troppe lingue diverse nella bolgia di Ellis Island […] era così disastrosa che, raccontano in Italiani d’America Mario Avagliano e Marco Palmieri, i tre figli del calabrese Rocco Muzzopapa, che da analfabeta «non può confermare l’esatta trascrizione», diventano americani con tre cognomi diversi: Frank Monsipapa, Joseph Munzipapa e Rosario Muzzipapa. Figurarsi se le autorità americane potevano badare a dettagli tipo la storpiatura di Paolo «Scozzese» (il nonno di Martin «Scorsese») o tantissimi casi simili. Il caos. […]
vignetta del 1903 sugli immigrati italiani in america
In larga maggioranza però i nostri nonni cambiarono nome per arginare pesanti pregiudizi anti-italiani. Basti ricordare il caso di Edith Labue (chissà qual era il vero cognome: Lo Bue? ) che nel 1922 fu al centro d’un processo in Alabama con un nero di nome Jim Rollins, accusato di miscegenation (mescolanza di razze), un reato cancellato in più Stati solo nel ’67 […] «Non era bianca: era italiana», disse la difesa. E la Corte, spiega un saggio di Bénédicte Deschamps, gli diede ragione: essendo la donna siciliana, «non si poteva dedurre assolutamente che ella fosse bianca, né che fosse lei stessa negra o discendente da un negro».
Un caso limite? Forse. Ma rende l’idea dell’aria che tirava quando il settimanale «Judge» sparava vignette con lo Zio Sam corrucciato in riva al mare alla vista di topi di fogna in arrivo «dai bassifondi dell’Europa» (testuale) coi berrettini che dicevano: «anarchist», «socialist», «mafia». […]
ellis island immigrati italiani 1
C’è poi da stupirsi se, come dice il dossier Please call me John (per favore chiamami John) di Pedro Carneiro, Sokbae Lee e Hugo Reis, «tra il 1900 e il 1930 circa il 77% degli immigrati maschi negli Stati Uniti si era dato un nome americano» contro il bassissimo «1%» di italiani al loro arrivo a Ellis Island? Se tutti ma proprio tutti erano convinti che un nome «americano» (tre su tutti: John, William e George) aiutava sul posto di lavoro?
Se Concetta Franconero scelse il nome di Connie Francis col quale avrebbe venduto oltre 100 milioni di dischi? Se Ermes Borgnino si presentò a Hollywood come Ernest Borgnine? Se Francesco Borzaga vinse il primissimo Oscar alla regia con il nome di Frank Borzage? Se l’immensa Anna Maria Italiano, che portava come marchio quell’identità nostrana, sfondò nel cinema ribattezzandosi Anne Bancroft? E così decine di altri divi dal comico Don Ameche (Dominic Amici) al cantante Dean Martin, pseudonimo di Dino Crocetti?
Certo, c’era chi poteva prendersi il lusso di tenersi il nome originale. Come Lorenzo Da Ponte: perché americanizzarsi se sei il librettista di Wolfgang Amadeus Mozart? O se sei un conte eroe di guerra sia italico sia statunitense e primo direttore del Metropolitan Museum come Luigi Palma di Cesnola? O il più ricco banchiere americano come Amadeo Giannini? Ma darsi un american name, prima che Fiorello La Guardia e Angelo Rossi diventassero sindaci a New York e San Francisco, era una formidabile scorciatoia di integrazione.
[…] Lo spiegò meglio di tutti proprio una grande italo-americana, Amy Bernardy: «L’italiano emigra in America. Lo volete italiano? Sarà infelice. Lo volete felice? Sarà americano. Cioè l’Italia dovrebbe donare all’America il suo cittadino, il suo lavoratore, il suo emigrante, in dono assoluto e senza restrizione, tutto intero, qualità e difetti, energie e problemi, attività e speranze, in modo che non si volti più indietro a guardare l’Italia». […]
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Anne Bancroft
Anne Bancroft
mel brooks anne bancroft
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ernest borgnine
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