
MINGHI, CHE GIRAMENTO DI PALLONI! – AMEDEO MINGHI PRESENTA RICORSO AL TAR CONTRO IL CIRCOLO SPORTIVO CHE HA COPERTO CON UN PALLONE PRESSOSTATICO I CAMPI DA TENNIS ACCANTO ALLA SUA CASA ROMANA – IL CANTAUTORE SOSTIENE CHE LA COPERTURA OSTACOLA DEL TUTTO “LA VISTA PANORAMICA DELL’IMMOBILE E CREA TROPPO TRAFFICO” - LA COSA DIVERTENTE E' CHE IL CANTANTE NON VIVE PIÙ IN QUELLA VILLA, IN ZONA CASETTA MATTEI, E SUI SOCIAL HA PUBBLICIZZATO L'ABITAZIONE COME LOCATION PER EVENTI...
Erica Dellapasqua per corriere.it - Estratti
E’ finita davanti al Tar la battaglia di Amedeo Minghi, il cantautore romano, contro il pallone pressostatico di grandi dimensioni sorto da un giorno all'altro accanto alla sua proprietà e che, sostiene lui, gli sta provocando non pochi problemi: toglierebbe «respiro e visuale» all'abitazione e poi, accusa, avrebbe portato in zona - Casetta Mattei, periferia verde della Capitale tra Portuense e Bravetta - traffico e caos visto che, con la nuova struttura, sarebbe aumentata pure la clientela del centro sportivo.
Casetta Mattei, dicevamo, in particolare l’incrocio tra via dei Cantelmo e via Sara Levi Nathan, dove hanno sede appunto la proprietà di Minghi e il circolo sportivo Kipling, di fatto vicini e confinanti.
Il cantautore, in verità, non vive più in quella villa, che sui social ha recentemente pubblicizzato come luogo convertito a location per eventi. In ogni caso ne è rimasto proprietario, con la sua società «Le Figlie srl» e così, quando sono cominciati i lavori di montaggio del mega pallone, Minghi si è subito attivato chiedendo al Comune di fornirgli tutti gli atti autorizzativi.
«Pochi mesi orsono - ha motivato la difesa di Minghi, spiegando la situazione dal suo punto di vista - hanno avuto luogo ingenti lavori edilizi di costruzione e ristrutturazione all’interno del circolo sportivo Kipling, che hanno portato all’installazione nel medesimo circolo di un pallone aerostatico (pressostatico, ndr) di rilevanti dimensioni collocato "a ridosso del muro che confina con via Sara Levi Nathan, a circa 8/10 metri di distanza dal muro di cinta dell’immobile di proprietà della società Le Figlie, che ostacola del tutto la vista panoramica da quel lato dell’immobile e che, di conseguenza, toglie respiro allo stesso, limitandone fortemente la fruibilità e causandone una rilevante diminuzione di valore"».
(...) Minghi, così, il 12 dicembre si rivolge alla polizia locale di Roma Capitale, Gruppo XI Marconi, presentando un esposto. E poi, il 30 dicembre, chiude l’anno con un seconda istanza all’amministrazione capitolina, chiedendo di poter visionare tutta la documentazione riferita a quei lavori in qualità di «confinante per motivi di lavoro impattanti».
La vicenda, alla fine, arriva davanti al Tar - a cui si rivolge Minghi con la sua società contro Roma Capitale - poiché il Comune ha negato la documentazione, sostenendo di poterlo fare in virtù di altri accertamenti di natura forse penale (abusi edilizi) che avrebbero giustificato il silenzio in quella fase istruttoria.
Il Tar, invece, nella sua pronuncia di mercoledì 28 maggio, sul punto ha dato ragione al maestro, accogliendo il principio del ricorso stabilendo «l'obbligo per l'amministrazione procedente di riesaminare la domanda di accesso della parte ricorrente, con atto espresso entro trenta giorni dalla notifica della presente sentenza». A quel punto, la battaglia potrebbe spostarsi sul merito, andando ad esaminare permessi e autorizzazioni.
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