
“A SCUOLA PRENDEVAMO IN GIRO ACHILLE OCCHETTO SUL GIORNALE DELLA SCUOLA DICENDO CHE SI INCHINAVA A BACIARE LA BANDIERA ROSSA DEL TRAFFICO” - LA NOSTRA PIU' EMINENTE GRECISTA, EVA CANTARELLA, SI RACCONTA: DAGLI ANNI A BERKELEY (“SI RESPIRAVA UNA GRAN LIBERTÀ. COL CALDO CAMMINAVAMO TUTTI SCALZI IN STRADA”) AL DIVORZIO SIMBOLICO CON IL SOCIOLOGO GUIDO MARTINOTTI (“LA FEDELTÀ NON È MAI STATA OBBLIGATORIA: SE INCONTRI QUALCUNO CHE TI INTERESSA, MICA ROMPI UN LEGAME COSÌ FORTE CHE DURA DA DECENNI”) – I CONSIGLI DI INGE FELTRINELLI (“ERA VANITOSA COME ME”) - "IL PATRIARCATO? COLPA ANCHE DELLE DONNE, SIAMO NOI A EDUCARE I FIGLI"
FILIPPO MARIA BATTAGLIA per "La Stampa"
A sorvegliare l'appartamento di Eva Cantarella, al piano alto di un elegante palazzo umbertino del centro di Milano, c'è Xanto. È un gatto, e si chiama come uno dei cavalli immortali di Achille.
Storie e miti come quelli, Cantarella, li ha sentiti sin da quando era piccolissima. A casa - spiega la giurista - suo padre Raffaele, uno dei più autorevoli grecisti del '900, «aveva un unico compito: addormentare me e mia sorella. Spesso ci raccontava del Ciclope. Mia madre si arrabbiava: "Così le spaventi!". Ma lui, poveretto, raccontava le favole che conosceva».
(...) «Sì, anche se in classe nessuno di noi era politicizzato. Nella nostra scuola, c'era pure quello che sarebbe stato l'ultimo segretario del Pci, Achille Occhetto: lo si prendeva in giro sul giornale della scuola dicendo che ogni mattina si inchinava a baciare la bandiera rossa del traffico».
Tra quei banchi conobbe anche suo marito, il sociologo Guido Martinotti. Fu amore a prima vista?
«Nient'affatto: fummo amici per molti anni, solo all'università scattò la scintilla».
A proposito di università: amava il greco e il latino, perché scelse Legge e non Lettere?
«Papà insegnava Letteratura greca alla Statale di Milano, l'ultima cosa che avrei desiderato era fare la figlia del professore. E poi vedevo le amiche di mamma: signore carine, simpatiche, che passavano il pomeriggio a prendere il tè, incoraggiandomi a insegnare. Ma io non volevo fare un mestiere da donna. Così, una volta laureata, superai anche l'esame da avvocato».
A insegnare ci sarebbe però finita davvero.
«Divenni assistente di un grande storico del diritto, Giovanni Pugliese, prima di andare a Berkeley, con Guido, dopo che aveva ottenuto una borsa di studio».
libro eva cantarella ettore miraglia cover donne sport
Eravate già sposati?
«Certo, altrimenti mica mi ci avrebbero mandato».
Era il 1963, l'anno in cui fu ucciso Kennedy.
«Ricordo ancora il clima di disperazione generale: quando, la mattina dopo, andai a fare la spesa, le commesse del supermercato piangevano».
Com'era la California di quegli anni?
«Un posto dove si respirava una gran libertà. Col caldo camminavamo tutti scalzi in strada».
(...)
Faceva politica?
«No, ma ero iscritta alla sezione cittadina del Pci».
Partecipò alle campagne referendarie di quegli anni?
«A quella del divorzio sì. Dopo l'approvazione della legge, cancellare quel diritto mi sembrava inaudito. Così proposi a Guido di divorziare: "Dobbiamo dare un segno, non voglio stare in un Paese così incivile". Lui era perplesso, alla fine lo convinsi».
Fu un divorzio simbolico, dunque?
«Tra noi non cambiò nulla. Molti anni dopo gli dissi: "Però se ci accade qualcosa, per la legge noi siamo due estranei". Mi rispose sorridendo: "Colpa tua". E io: "Beh, adesso potremmo risposarci". Accettò».
Siete stati insieme per più di 50 anni, fino alla sua scomparsa.
«E sempre con la massima libertà. La fedeltà era una scelta, non è mai stata obbligatoria: in un rapporto così lungo, le persone cambiano. Se incontri qualcuno che ti interessa, mica rompi un legame così forte che dura da decenni».
Oltre ai saggi accademici, ha scritto molti libri di divulgazione. Uno dei primi, «L'ambiguo malanno», racconta le discriminazioni millenarie subite dalle donne. Come fu accolto in università?
«I colleghi fecero finta che non l'avessi scritto. E quando mi presentai al concorso da ordinario, il mio maestro mi suggerì di non inserirlo tra le pubblicazioni presentate: temeva che venisse strumentalizzato».
Vinse quel concorso, ma non insegnò subito a Milano.
EVA CANTARELLA - SPARTA E ATENE, AUTORITARISMO E DEMOCRAZIA
«Si figuri se mi chiamavano, la facoltà di allora non le dico cos'era. Un giorno mi guardai attorno: gli ordinari erano tutti uomini, le donne solo assistenti. Ottenni l'incarico a Camerino e per nove anni feci avanti e indietro, continuando a vivere a Milano».
(...)
In quegli anni conobbe anche Inge Feltrinelli.
«Altra donna straordinaria.
La incontrai dopo aver scritto un libro per lei, diventammo amiche. Quando mi chiamava, l'ultima cosa che mi diceva era: "Mi raccomando, Eva, fa' bella"».
«Fa' bella»?
«"Fatti bella": era tanto bella quanto intelligente, e anche un po' vanitosa, come me».
Cos'è per lei il femminismo?
«L'unica rivoluzione che sia mai stata realizzata: ha cambiato i rapporti fra uomini e donne. O quantomeno li ha cambiati in gran parte».
Esiste ancora il patriarcato?
«Dal punto di vista giuridico no, grazie alla riforma del diritto di famiglia. Per il resto, c'è molto da fare: la cura e la crescita dei figli, per ragioni ancestrali e culturali, restano in gran parte in carico a noi donne. E questo continua a condizionarci».
Colpa degli uomini?
«Soprattutto, ma non solo, visto che siamo ancora noi donne ad educare i nostri figli. Poco tempo fa, in spiaggia, accanto a me, c'era una madre coi suoi due bimbi. Quando la figlia stava per entrare in acqua, lei l'ha bloccata. La piccola le ha chiesto: "Perché? Mio fratello c'è appena andato". E la madre: "Ma lui è un maschio". Questo mi è capitato al mare adesso, non mezzo secolo fa».
(...)
Eva Cantarella
eva cantarella
Eva Cantarella
EVA CANTARELLA
EVA CANTARELLA
Eva Cantarella