
“IL DOPPIO OMICIDIO DI FAUSTO E IAIO? NEL GIRO DELLA MALAVITA SI DICE CHE È STATA BRUTTA GENTE VENUTA DA ROMA. FASCISTI DEL CAZZO CHE PER CAMPARE TRAFFICANO QUALSIASI COSA, EROINA, SEQUESTRI E OMICIDI SU COMMISSIONE” – NEL LIBRO “ROMANZO ROSSO” DI PINO CORRIAS IL RACCONTO DELL’ASSASSINIO DEI DUE RAGAZZI A MILANO: “CHE MOTIVO C’ERA DI UCCIDERLI? LI HANNO CONSIDERATI UNA MINACCIA. OPPURE VOLEVANO VENDICARE I NERI MORTI AMMAZZATI A ROMA QUELLA È GENTE CHE LAVORA PER MAFIA E SERVIZI E SI SENTE LE SPALLE COPERTE…”
Da Romanzo rosso, di Pino Corrias, pagine 442 edizioni Sem-Feltrinelli
Storia di quella cometa, fine Anni Settanta a Milano, protagonista della “Rivoluzione delle aspettative crescente” che dilagò nelle piazze e nella immaginazione di una intera generazione. Storia di furori e di piombo. Di battaglie e scontri della sinistra extraparlamentare contro lo Stato delle stragi, i partiti dei compromessi, la strategia della tensione, la violenza dei fascisti.
Al centro Piero Villa, nome di battaglia Biondo, e del suo Mucchio Selvaggio, pioggia di sassi, lacrimogeni, barricate. Anni cruciali della nostra Storia. Segnati dalla violenza diffusa e insieme dall’escalation del partito armato che il 16 marzo 1978 sequestra Aldo Moro e l’intero Movimento, avviandolo alla sconfitta nelle piazze e nei cuori.
Con il Biondo inseguito e in fuga. Prima a Parigi, poi nei Caraibi, in Nicaragua. Fino al rendiconto finale, quarant’anni dopo, con il figlio mai conosciuto prima, provando a spiegare le ragioni e i torti di quel tempo che da allora non è mai passato del tutto.
Un estratto, siamo nelle ore e nei giorni che seguono l’omicidio di Fausto e Iaio.
Più svelti di noi agiscono i fascisti: in via Mancinelli, dietro al centro sociale di via Leoncavallo, ci sono i corpi stesi di due ragazzi, Fausto e Iaio. La polizia sostiene che è un regolamento di conti per lo spaccio di droga in quartiere, il Casoretto.
Ma i compagni di Fausto e Iaio dicono che lo spaccio in quartiere è organizzato dai fascisti, non dai compagni. E Fausto e Iaio facevano politica proprio contro gli spacciatori di morte. Stavano andando al Leoncavallo a un concerto di musica blues. L’agguato è avvenuto all’angolo, nell’ombra. Li aspettavano per fucilarli con otto colpi di pistola.
Radio popolare interrompe le trasmissioni alle nove di sera per dare la notizia.
fausto e iaio manifestazione milano
Alle dieci siamo in marcia verso via Mancinelli, dentro un corteo che si ingrossa a ogni incrocio. Siamo cinquemila, diecimila, ventimila. Tutti con la faccia e gli slogan pieni di rabbia: “Pagherete caro, pagherete tutto!”. Blocchiamo il traffico sulle circonvallazioni. Il centro di Milano è un unico grande ingorgo di automobili incastrate, un fiume di luci, un concerto di clacson. Vorrei ci fosse Francesca, almeno stasera.
Per tenere il punto è tornata da Varigotti il giorno dopo in treno.
Io ne ho fatto passare un altro per non mangiamela al telefono. L’ho chiamata in negozio stamattina: tutto a posto? No, non è a posto niente, ma va bene così, mi ha detto che non ha voglia di litigare e neanche di fare pace.
“Ma di che cazzo di pace parli? Non vedi che c’è la guerra?”
Mi ha detto: “Fai il rivoluzionario, ma sei rammollito come mia madre che al telefono si è messa a piangere”.
“Cosa stai dicendo?”
“La verità. Si è messa a piangere, aiuto Francesca, c’è la guerra! E ho dovuto prometterle che non sarei mai andata alle manifestazioni.”
“C’è una differenza, tua madre ha paura della guerra, noi non vediamo l’ora. Ma tu, da brava, ubbidisci alla mamma. Ciao.”
I blocchi dei carabinieri, infilati nel nero della notte, si allontanano nelle vie laterali, mentre passiamo con tutto il corteo dietro.
Non vogliono gli scontri, noi sì.
Hanno paura, noi no.
Noi vendichiamo i morti, i compagni che ci hanno ammazzato. E lo spavento, la rabbia, la commozione sono le nostre armi, accanto a quelle vere, e cariche.
Preme la guerra di guerriglia.
Si aggira il fantasma di Aldo Moro.
Aleggiano i morti di via Fani e lo sbandamento del potere.
Tensione elettrica si scarica lungo i cordoni.
Pci e sindacati fanno i pompieri, come sempre.
Noi gli incendiari.
Qualcuno ha sparato sulle vetrine della Lufthansa in via Larga. Un altro gruppo ha sparato contro il portone dove abita un consigliere del Movimento sociale.
Una bomba carta è esplosa davanti alla sede della Confindustria.
Noi del Mucchio rastrelliamo un paio di bar sul percorso, facciamo il pieno di bottiglie vuote e un po’ di tovaglie da stracciare a strisce per fare gli inneschi. Sui Bastioni di porta Venezia, al distributore automatico, riempiamo le bottiglie di benzina.
In viale Tunisia intercettiamo una gazzella dei Vigili urbani coi lampeggianti accesi. Io Nuvola e Lampo ci stacchiamo coperti da Lisetta, Gallo, Robertino.
Lanciamo una molotov a testa, il messaggio è: non venite a romperci i coglioni, non azzardatevi ad avvicinarvi.
Le nostre due fiammate accendono la notte. La gazzella inchioda e poi sgomma in retromarcia, sbatte contro il palo del semaforo, accende la sirena, scappa. Il corteo esulta. Il messaggio corre dentro il corteo di cordone in cordone: non fatevi vedere. Non questa sera.
In via Mancinelli dove c’erano le macchie di sangue di Fausto e Iaio ci sono dei fiori.
Il corteo si ferma in silenzio.
E il silenzio fa più paura del rumore.
(…)
Lotus arriva come sempre puntuale all’appuntamento stavolta al volante di una Bmw metallizzata nuova di pacca. Ci vediamo in zona neutra, piazzale Baracca, davanti a un bar con le tovaglie ricamate, Le Tre Marie, adatto al tè delle signore, dove io e Nuvola ci siamo seduti da due minuti.
Il suo giro di malavita ha una versione sul doppio omicidio di Fausto e Iaio al Casoretto: è stata gente venuta da Roma. “Brutta gente” ci dice. “Fascisti del cazzo che per campare trafficano qualsiasi cosa, eroina, sequestri e omicidi su commissione. I ragazzi gli sono andati a sbattere contro, mentre facevano la loro inchiesta sugli spacciatori in quartiere.”
“Che motivo c’era di ucciderli?”
“Li hanno considerati una minaccia. Oppure volevano vendicare i due neri morti ammazzati a Roma.”
“Quelli davanti alla sede missina di Acca Larenzia erano tre.”
“Uccisi a sangue freddo, giusto?”
Gli racconto: “Si, i primi due sparati in corsa da un commando. Il terzo fascista ammazzato dai carabinieri durane gli scontri scoppiati subito dopo.”
“Voi ne sapete più di me.”
“E vengono fino a Milano per vendicarli?”
Lotus si stringe nelle spalle: “Magari gli è capitata quell’occasione e si sono tolti lo sfizio”.
“Uno sfizio da ergastolo.”
“No, se ti senti abbastanza protetto da fregartene.”
“Protetti da chi?”
“Da tutti i lati della barricata: mafia da una parte e servizi segreti dall’altra. Quella è gente che lavora per entrambi, e si sente le spalle coperte.”
Restiamo in silenzio quando arrivano i caffè.
Lotus promette altre informazioni, ma i tempi sono duri. Tempi senza luce. Tempi ruggenti.