
REFERENDUM DELENDO EST – AFFLUENZA FLOP ALLE URNE PER I QUESITI SU LAVORO E CITTADINANZA: ALLE 23 DI IERI SERA AVEVA VOTATO SOLO IL 22% DEGLI AVENTI DIRITTO. URNE APERTE FINO ALLE 15 - NEL 2011, ALLA CONSULTAZIONE SULL’ACQUA PUBBLICA (CHE SUPERÒ IL QUORUM), ERA STATA DEL 41% A QUELL’ORA – I RIFORMISTI DEL PD AFFILANO LE ARMI PER CHIEDERE CONTO A ELLY SCHLEIN DELLA LANDINIZZAZIONE DEL PARTITO. LA STRATEGIA DELLA SEGRETARIA: DAL 30% IN SU SARÀ CONSIDERATO UN SUCCESSO (MA NON LO È)
REFERENDUM, URNE RIAPERTE IN TUTTA ITALIA FINO ALLE 15
(ANSA) - Urne riaperte in tutta Italia fino alle 15 per la seconda giornata di voto sui 5 referendum su lavoro e cittadinanza. Si vota fino alla stessa ora anche per i ballottaggi nei 13 Comuni sopra i 15mila abitanti, tra cui Taranto e Matera, e nei 7 Comuni in Sardegna al primo turno, tra cui Nuoro.
REFERENDUM, L’AFFLUENZA ALLE 23 È AL 22%: I DATI PIÙ ALTI AL CENTRO-NORD. PIÙ BASSI AL SUD E IN ALTO ADIGE
Estratto da www.ilfattoquotidiano.it
giuseppe conte vota per i referendum
L’affluenza per il voto ai referendum, alle 23, si è fermata al 22% per cento degli aventi diritto. Alle 19 era del 16,1%. Nel 2011, quando ci si esprimeva per l’acqua pubblica e il quorum venne superato di sette punti, il dato comunicato alla fine del primo giorno di voto era stato del 41%.
In questa occasione sono cinque i quesiti su cui gli elettori sono chiamati a esprimersi e, stando ai primi dati, lo scarto tra le schede è molto contenuto: ovvero chi è andato a votare ha scelto di esprimersi su tutte e cinque le domande.
Per quanto riguarda le amministrative, l’affluenza ai ballottaggi è del 39% per cento: in calo rispetto al 46% del primo turno. Le città più grandi chiamate al voto sono Taranto, Lamezia Terme (Catanzaro), Saronno (Varese).
elly schlein vota al referendum - foto lapresse
Referendum, i dati della partecipazione per Regione – Secondo i dati di Eligendo, i dati più alti si registrano in Toscana (27,5%), Emilia Romagna (26,2), Piemonte (24), Liguria (24), Lombardia (21). Quelli più bassi in Calabria (17%), Sicilia (16,3) e Trentino Alto Adige (12,4%).
Per area geografica, secondo l’elaborazione di Youtrend: Nord Ovest 21,9%, Nord Est 19,6%, Centro 24,7%, Sud 18,8%, Isole 16,6% (+5,4). Sempre secondo Youtrend i cittadini che fino alle 19 di domenica hanno partecipato di più al voto sono quelli di Ciminna, in provincia di Palermo: ai seggi è andato il 42,7%. Dati minimi di partecipazione a Cavargna, in provincia di Como, dove hanno votato solo in due.
giuseppe conte vota per i referendum
[…] I precedenti: 78 referendum e quorum superato 39 volte – Da quello istituzionale del 1946, per scegliere tra monarchia e Repubblica, a quelli che hanno riguardato la scelta su aborto e divorzio: gli italiani sono stati chiamati a votare per un referendum 78 volte. In particolare, dal dopoguerra a oggi, sono stati 67 quelli abrogativi, 4 quelli costituzionali e uno consultivo.
Per quanto riguarda gli abrogativi, il quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto, dal 1974 al 2022, è stato raggiunto in 39 occasioni, mentre in 28 non è stata superata la soglia. Il primo referendum fu quello del 2 giugno di 79 anni fa: 24.946.878 cittadini (89,1%) si recarono alle urne.
elly schlein vota al referendum - foto lapresse
I Sì alla Repubblica furono 12.718.641 (54,3%), i No 10.718.502 (47,73%). Il 12 maggio 1974 è la data del referendum abrogativo della legge sul divorzio. I No all’abrogazione furono 19.138.300 (59,3%) e si imposero sui 13.157.558 (40,7%) Sì.
L’11 giugno 1978 è la prima volta in cui si vota su due quesiti referendari insieme: uno per l’abrogazione della legge sul finanziamento dei partiti e l’altro sull’ordine pubblico; la percentuale dei votanti fu 81,1%. Nel maggio del 1981 gli italiani furono chiamati a esprimersi su 5 quesiti.
Uno di questi proponeva di abrogare quasi completamente la legge n.194 sull’interruzione di gravidanza: il 68% dei votanti bocciò la proposta. Negli anni l’istituto della democrazia diretta è stato utilizzato per i temi più disparati: dal nucleare alle sostanze stupefacenti, dalle interruzioni pubblicitarie all’ordinamento giudiziario, fino alla caccia. Nel 1989, il primo e finora unico referendum consultivo, fu relativo al conferimento o meno di un ipotetico mandato costituente al Parlamento europeo, i cui rappresentanti italiani venivano eletti contestualmente. Il Sì vinse con l’88,3%.
Il primo referendum costituzionale si svolse il 7 ottobre 2001 e riguardava la riforma del Titolo V della Carta. Dei 49,4 milioni di aventi diritto, votarono solo 16.843.420, cioè il 34,05%. Il Sì si impose con il 64,21% contro il 35,79% dei No. Nel 2006 il referendum riguardava la riforma federalista. Il 25 giugno di quell’anno votarono in tutto 26.110.925 italiani, pari al 52,46%.
Questa volta furono i No ad avere la meglio, con il 61,29% contro il 38,71% dei Sì. Il 4 dicembre 2016 gli elettori vennero chiamati a pronunciarsi sulla riforma Renzi-Boschi, che a sua volta rivedeva la riforma del Titolo V e introduceva il Senato federale. Si recarono alle urne 33.244.258, pari al 65,48%.
La vittoria del No sul Sì fu netta: 59,12% a 40,88%. Per quanto riguarda il sistema elettorale, dal 1991 a oggi sono stati indetti 7 referendum. Di questi, 2 hanno avuto successo, mentre gli altri sono stati dichiarati non validi per mancato raggiungimento del quorum o sono stati bocciati dalla Corte costituzionale. L’ultima tornata referendaria è del giugno 2022, in tema di giustizia. Il quorum non è stato raggiunto: l’affluenza si è fermata al 20,9%.
IL TORMENTO DEI PROMOTORI ORA SCHLEIN PUNTA A UN ESITO TRA IL 30 E IL 35% PER CONTENERE I DANNI
Estratto dell’articolo di Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
Al quorum Elly Schlein non ha mai creduto. Lo stesso dicasi per Nicola Fratoianni e Giuseppe Conte (che infatti, soprattutto all’inizio, si è tenuto più defilato rispetto alla segretaria del Pd). I tre leader del «Campo stretto» hanno votato in mattinata. Alle due e mezzo del pomeriggio i sondaggisti e gli esperti hanno confermato: missione quorum fallita.
Ora Schlein dovrà tenere a bada i riformisti dem, che sollecitano un confronto in direzione e i leader del «Campo stretto» dovranno prendere atto di un dato di fatto che il 7 giugno a San Giovanni avevano trascurato: Pd, M5S e Avs da soli non bastano se si vuole la rivincita alle prossime politiche.
Ma Schlein, ancor prima di parlare ieri con i sondaggisti, aveva già impostato la strategia per contenere i danni.
Strategia che non può utilizzare Maurizio Landini, perché per il segretario della Cgil era tutta questione di quorum. È lui il grande sconfitto di questi referendum. E forse archiviare per sempre le possibili future velleità politiche del leader sindacale non risulta troppo sgradito alla segretaria dem.
Dunque la strategia del Nazareno. Quella preventiva, ufficializzata da Francesco Boccia: sopra i 12 milioni e 300 mila voti (ossia il numero di consensi ottenuto dal centrodestra nelle elezioni che hanno portato Giorgia Meloni a palazzo Chigi) il referendum è un avviso di sfratto al governo.
Praticamente, un risultato che era stato ottenuto ancor prima di andare alle urne perché, dal 1997, gli elettori, nei referendum in cui non si è raggiunto il quorum, sono andati sotto la soglia dei 12 milioni solo una volta, nel 2022, per i quesiti sulla giustizia.
[…]
.
Strategia numero due: dal 35% di votanti in su è un successo, solo intorno al 25 è un flop. E in mezzo? Al Nazareno in questi ultimi giorni sostenevano che attestarsi sul 30 tutto sommato non era male. E ieri sera era proprio il 30-32% che i sondaggisti prevedevano come risultato finale dei referendum.
Ma i riformisti del Pd non la pensano come la segretaria.
Se non altro perché uno schieramento che ottiene il 30% al referendum (dando per scontato, cosa che non è, che siano tutti voti delle opposizioni) non è in grado di battere il centrodestra. Oggi, a urne chiuse, i dirigenti della minoranza dem inizieranno a ragionare, in una serie di colloqui, su come impostare il confronto con la segretaria.
PIER LUIGI BERSANI ALLA MANIFESTAZIONE PER GAZA CON IL CAPPELLO PER IL REFERENDUM
Ma già ieri i riformisti Pd affermavano di ritenere necessaria a questo punto «una riunione di direzione in cui il risultato venga analizzato politicamente». […]
Naufraga anche il sogno di Conte, che sperava di arrivare con il «Campo stretto» alle elezioni, costringendo i centristi a imbarcarsi solo alla fine senza poter porre nessuna condizione. Era un’idea che stava prendendo piede proprio tra i leader del «Campo stretto», come dimostra la manifestazione di piazza San Giovanni che non è stata allargata a Italia viva e Azione […]. E di certo non è sfuggito all’ex premier il fatto che lì dove il Movimento 5 Stelle è forte, cioè al Sud, l’affluenza alle urne è stata assai più bassa della media nazionale. Come non è sfuggito a Schlein che il Pd comunque c’è: nelle regioni cosiddette rosse si è registrata infatti la partecipazione al voto più alta.