
GOLDEN CAZZATA, GOVERNO CAOS: “A RISCHIO 250 AZIENDE ITALIANE IN RUSSIA” - C’È UNA RAGIONE SE TAJANI È RITORNATO A CONTESTARE IL GOLDEN POWER CHE IMPONE A UNICREDIT, SE VUOLE ACQUISIRE BANCO BPM, CARISSIMO ALLA LEGA, DI DISFARSI DELLA SUA BANCA IN RUSSIA - IL MOTIVO È CONTENUTO IN UN DOCUMENTO FIRMATO DA CECILIA PICCIONI, L’AMBASCIATRICE ITALIANA A MOSCA, CHE AVVERTE SUI RISCHI LEGATI ALL’USCITA DI UNICREDIT DALLA RUSSIA – COME MAI I GIORNALONI NON HANNO SBATTUTO IN PRIMA PAGINA LA GRAVE MINACCIA DI GIORGETTI DI DIMETTERSI DA MINISTRO DELL’ECONOMIA SE MELONI E TAJANI ALLENTANO LA MORSA DEL GOLDEN POWER SU UNICREDIT? AH, SAPERLO…
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI E ANTONIO TAJANI A GENOVA
L’AMBASCIATA A MOSCA AVVERTE “A RISCHIO LE NOSTRE AZIENDE”
Giuseppe Colombo e Giovanni Pons per “la Repubblica”
C’è una ragione se Antonio Tajani è ritornato a contestare il golden power contro Unicredit. Il motivo è contenuto in un documento che il ministro degli Esteri ha ricevuto il 12 aprile. Il titolo dice già molto: “Ruolo sistemico di Unicredit a sostegno delle imprese e del sistema Italia nella Federazione russa e conseguenze di un’eventuale uscita da questo mercato”.
A firmare la relazione è Cecilia Piccioni, l’ambasciatrice italiana a Mosca. Quando scrive alla Farnesina mancano sei giorni al Consiglio dei ministri chiamato a esaminare il Dpcm che fissa i paletti all’Ops lanciata da Unicredit per l’acquisizione di Banco Bpm. Alla fine, il provvedimento passerà in Cdm, ma solo dopo che Tajani, a nome della delegazione di Forza Italia, avrà messo a verbale la sua contrarietà.
cecilia piccioni vladimir putin
E qui rispunta la relazione. L’ambasciatrice avverte sui rischi legati all’uscita della banca dalla Russia. «Ove la presenza di Unicredit nel Paese venisse meno - si legge in un passaggio gravi sarebbero le conseguenze per l’operatività del Sistema Italia nelle sue dimensioni pubblica e privata in primis e degli operatori di Paesi terzi che si avvalgono di questo istituto di credito».
A pagare il conto delle prescrizioni sarebbero le 250 imprese italiane che operano nel territorio della Federazione russa e che già devono fare i conti con le sanzioni internazionali.
Andrea Orcel giuseppe castagna
«Il messaggio» dell’obbligo a lasciare il Paese -spiega l’ambasciatrice -sarebbe percepito come un inatteso e incomprensibile abbandono non solo nei confronti della collettività italiana in generale (4.992 italiani), ma soprattutto di chi, operando nel rispetto dei regimi sanzionatori Ue, ha affrontato sensibili difficoltà e gestito le crescenti limitazioni imposte dalla congiuntura internazionale».
VORTICE DI MAGGIORANZA - IL GIORNALONE - LA STAMPA
L’inopportunità di procedere con i poteri speciali, e quindi evitare contraccolpi economici, emerge da un’altra considerazione di Piccioni. Lì dove mette nero su bianco che «un’eventuale uscita dal mercato russo di Unicredit si configurerebbe come provvedimento anticiclico assunto in una fase che vede moltiplicarsi le aspettative di apertura di una finestra di opportunità connessa agli sviluppi del dialogo russo-statunitense che lasciano intravedere possibilità, con tempi e modi tutti da definire, di rientro nella Federazione di investimenti occidentali».
sergio mattarella cecilia piccioni.
Altre ragioni, in questo caso di natura politico-diplomatica. «Un ritiro di Unicredit» dal mercato russo «incrinerebbe la credibilità dell’azione delle istituzioni italiane in Russia, soprattutto alla luce dell’apprezzatissimo impegno del vertice politico nazionale in un articolato e produttivo ingaggio con questa comunità d’affari».
Nel documento si fa anche riferimento al rischio di compromettere «seriamente» la funzionalità degli uffici dell’ambasciata, oltre a quelli del Consolato a Mosca e dell’Ice (Istituto per il commercio estero) insieme all’Istituto italiano per la cultura. Un incremento «massiccio» delle richieste di assistenza agli italiani - recita il documento - si tradurrebbe in un aumento dei carichi di lavoro e impatterebbe negativamente sulla qualità dei servizi offerti.
GIORGETTI: «ALLINEATI SUL GOLDEN POWER». TAJANI CHIEDE PRUDENZA SULLA RUSSIA
Francesco Bechis per “il Messaggero” - Estratto
Ieri sul golden power è tornato Giorgetti parlando al Senato a margine di un evento sulla riforma della legge di contabilità. Il governo andrà avanti sul monitoraggio delle prescrizioni, nessuna esclusa, il monito del titolare dei conti.
luigi lovaglio giancarlo giorgetti andrea orcel
Che nega frizioni sulla linea da tenere tra via Venti Settembre e la presidenza del Consiglio. Le risposte nell’ambito del monitoraggio saranno date «in assoluto coordinamento tra Mef e Palazzo Chigi, assoluto». «Dall’inizio del primo giorno c’è coordinamento tra Giorgetti e Meloni» ha rincarato il ministro. «Se ci fosse un minimo disallineamento non troverete l’annuncio delle dimissioni, troverete le dimissioni perché le dimissioni non si annunciano ma si fanno, è chiaro?».
Poche ore dopo la replica netta di Tajani che sulle prescrizioni del golden power ha già manifestato dubbi esprimendo la contrarietà - sua e dei ministri di Forza Italia - in Consiglio dei ministri lo scorso 18 aprile.
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Per ora la linea del governo non cambia. Giorgetti promette: il monitoraggio sulle prescrizioni andrà avanti. Senza eccezioni.