
I 5 STELLE SONO DISARMATI E DISARMANTI: COME FANNO AD ALLEARSI CON I RIFORMISTI DEM E RENZI? CONTE NON FA CHE RIPETERE: “AUMENTARE LE SPESE PER LA DIFESA EUROPEA È UNA FOLLIA” – IL RASPUTIN DI PEPPINIELLO, MARCO TRAVAGLIO, RINCARA LA DOSE SCOMODANDO PERFINO MESSINA E PANETTA: “LE BALLE DELLA PROPAGANDA EURO-RIARMISTA SONO COSÌ INDECENTI DA FAR RIBELLARE PEZZI SEMPRE PIÙ PREGIATI DELL’ESTABLISHMENT” - MA QUANDO LA SOCIALDEMOCRATICA TEDESCA, EVA HÖGL, GRIDA IN PARLAMENTO “SIAMO INDIFESI” NON STA FACENDO PROPAGANDA GUERRAFONDAIA. RACCONTA UNA DEPRIMENTE REALTÀ…
Marco Mondini per “la Repubblica” - Estratti
«Una follia».
Sostiene l'onorevole Giuseppe Conte che aumentare le spese per la difesa sia una follia.
In tre anni, da quando l'invasione russa dell'Ucraina ha riportato la guerra tra le priorità della vita europea, l'ha proclamato un certo numero di volte.
Ultimamente alla manifestazione romana del 5 aprile. E il 13 maggio a Bruxelles, guidando una delegazione di giovani del Movimento 5 Stelle per protestare contro la «strategia bellicista» e i piani di riarmo dell'Unione europea. Conte non è certo l'unico a dirlo. Anzi.
La falange di esponenti politici e opinionisti che lo ripete nelle piazze e nei salotti tv è nutrita. Tutti insieme formano quella che gli studiosi del linguaggio chiamerebbero una "comunità discorsiva". Condividono una narrazione, alcuni assunti ideologici, parole d'ordine. E molte formule retoriche ricorrenti.
GIUSEPPE CONTE MARCO TRAVAGLIO
Alcune sono popolari, e Conte le usa spesso. «Se le armi vengono prodotte poi devono essere usate», è una. «Se la minaccia non c'è deve essere creata», è un'altra. La prima è curiosa, visto che contraddice decenni di studi sulla deterrenza e sugli equilibri che hanno reso possibile, nell'armatissimo mondo della Guerra fredda, garantire un buon mezzo secolo di pace al vecchio mondo. Una garanzia che è scomparsa quando europei e statunitensi hanno smesso di credere che fosse utile investirci.
ROCCO CASALINO CON GIUSEPPE CONTE ALLA MANIFESTAZIONE DEL M5S CONTRO IL RIARMO
Lo ha ricordato Andrés Gannon, scienziato politico alla Vanderbilt University, pubblicando un anno fa, sul Journal of Conflict Resolution, un elenco di vent'anni di aggressioni russe, convenzionali e no, dall'intervento in Georgia nel 2008 fino alla guerra ibrida a base di disinformazione e sabotaggi che ha toccato quasi ogni angolo del continente. In quanto all'ipotesi che oggi non esista una reale minaccia per l'Europa, il massimo che si possa dire è che chi lo pensa ha un'immaginazione fervida.
Quella in Ucraina è una guerra che viene da lontano, dice Serhii Plokhy ne Il ritorno della storia, forse il più bel volume sulle origini del conflitto. Perché non è certo dal febbraio 2022 che Putin promette di fare la Russia di nuovo grande a spese dei propri vicini, sottomettendoli o facendone Stati vassalli, come la Bielorussia.
ROCCO CASALINO CON GIUSEPPE CONTE ALLA MANIFESTAZIONE DEL M5S CONTRO IL RIARMO
«Ma spendiamo già troppi soldi per le armi», è un'altra formula ricorrente. Chi lo afferma ama citare un articolo uscito a febbraio a firma di Alessio Capacci, Carlo Cignarella e Carlo Cottarelli. Analizzando le cifre disponibili i tre autori sottolineano come la spesa Nato in armamenti sia già superiore a quella russa, e neanche di poco (del 19%, tenendo conto solo dei Paesi dell'Ue membri dell'Alleanza). Dunque ci vuole «cautela nel concludere che sia necessario un forte aumento della spesa militare in Europa».
È un'affermazione usata come l'arma-fine-di-mondo nei contraddittori, quando l'interlocutore contrario a ogni euro in più per soldati e cannoni sfodera lo "studio" e zittisce ogni obiezione: si spende già abbastanza, si deve solo spendere meglio, bisogna dire no a ogni riarmo. Sarebbe bello, se fosse vero. Peccato che i Paesi dell'Ue vengano da un quarto di secolo di tagli drastici alla difesa che hanno azzoppato le capacità di reazione della Francia, disarmato l'Italia e trasformato la Germania in uno Stato pressoché inerme.
Quando Eva Högl, la commissaria alla Bundeswehr dei socialdemocratici, grida disperata in Parlamento «abbiamo troppo poco di tutto, siamo indifesi», non sta facendo propaganda guerrafondaia. Racconta una deprimente realtà. Alla fine del 2024 la Germania disponeva di trecento carri armati da battaglia, non tutti operativi. L'Italia (teoricamente) ne aveva duecento, lo stesso numero di quelli rimodernati o prodotti di fresco dal solo complesso industriale russo di Uralvagonzavod.
Non bastano due o tre esercizi finanziari generosi per recuperare il tempo perduto e rendere credibile la capacità europea di difendersi, soprattutto in assenza di un sostegno, quello americano, sempre più incerto (a essere ottimisti). Servono investimenti massicci (e stabili) in nuove linee industriali, ricerca e sviluppo tecnologico.
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ANCHE L’ÉLITE S’INCAZZA
Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano” - Estratti
Le balle della propaganda euro-riarmista sono così indecenti da far ribellare pezzi sempre più pregiati dell’establishment. Carlo Messina, Ceo di Intesa San Paolo, dice alla Stampa: “Davvero dobbiamo temere che 150 milioni di russi possano invadere l’Europa, dove vivono 450 milioni di persone? Vedo altre emergenze: i giovani, la povertà... che dovrebbero essere centrali per governi europei e grandi aziende... Non possiamo avere come unico tema di dibattito pubblico l’incremento degli investimenti nella Difesa...
Cerchiamo di guardare le cose con un po’ di buonsenso”. Il primo a rompere il fronte fu tre mesi fa Carlo Cottarelli con la forza dei dati: nel 2024 la spesa militare europea a parità di potere d’acquisto ha toccato i 730 miliardi$, il 58% in più dei 462 russi; escludendo i Paesi europei extra-Ue e limitandosi ai 27, si arriva a 574,5 miliardi, il 18,6% più della Russia. Dunque “il 3% del Pil voluto dalla Nato (che intanto è passata al 5%, ndr) equivale a un aumento del 50%”.
Poi ha parlato Fabio Panetta, governatore di Bankitalia: il Rearm Eu da 800 miliardi “si basa su fondi nazionali e prestiti, anziché su spese europee e trasferimenti finanziati con risorse comuni. Questo approccio rischia di accrescere le disuguaglianze tra Paesi e ridurre l’efficacia della spesa”. Serve invece “un programma unitario, sostenuto da debito europeo”, perché “a livello nazionale gli investimenti per crescita e spesa sociale non vanno penalizzati dallo sforzo per la sicurezza esterna”.
E comunque “la promozione della cooperazione internazionale e della pace deve restare il cardine dell’azione europea”.
Parole che fanno a pugni con la filosofia di Ursula&C. e dei retrostanti Fmi e Bce. Infatti, a parte il Fatto, nessun giornale, nemmeno quelli che di Bankitalia raccolgono pure i sospiri e gli starnuti, le ha ritenute degne di uno straccio di titolo.
E ora ecco Messina: riconosce l’esigenza di un “sistema di difesa integrato” (l’opposto del riarmo dei singoli Stati, ’ndo cojo cojo), ma chiede anzitutto “un grande piano di investimenti comuni in tecnologia, energia e infrastrutture”: quello sì garantirebbe all’Ue “un ruolo nelle sfide del mondo globale”.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
Non certo “riconvertire vecchie fabbriche per costruire armi convenzionali”: “In Italia ci sono 6 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta e 10 milioni che non possono permettersi un imprevisto in famiglia da 500 euro... Come spiegare a persone che non arrivano alla fine del mese che la priorità è investire in Difesa?”.
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Ora aspettiamo con ansia che qualche imbecille iscriva anche il primo banchiere italiano nella lista dei trumputiniani.
MARCO TRAVAGLIO E GIUSEPPE CONTE
FABIO PANETTA