
"DIMETTERMI? NON CI PENSO PROPRIO” – MAURIZIO LANDINI, LO ZAR DELLA CGIL, DOPO LA BATOSTA REFERENDARIA NON DICE DI AVER PERSO (AMMETTERE LA SCONFITTA NON SI USA PIU’) E ESCLUDE UN EVENTUALE PASSO INDIETRO: “NON MI SENTO PIU’ DEBOLE. PENSARE CHE CHI NON È ANDATO A VOTARE SOSTIENE IL GOVERNO MELONI È PURA FOLLIA”. POI SI ATTACCA AL FUMO DELLA PIPA: “QUANDO QUASI 15 MILIONI DI PERSONE, UN TERZO DEL PAESE, VANNO A VOTARE E 14 MILIONI TI DICONO CHE SONO D'ACCORDO, ALLORA DA LÌ SI RIPARTE” - E NELLA CGIL C’E’ CHI ACCUSA IL PD: “AGGIUNGERE IL QUESITO SULLA CITTADINANZA, MOLTO DIVISIVO, FORSE NON CI HA AIUTATO”
Valentina Conte per “la Repubblica” - Estratti
Non dice mai di aver perso.
Non pronuncia mai la parola sconfitta. Dimissioni?
«Non ci penso proprio. Non mi sento più debole». Perché la lettura che dà Maurizio Landini del referendum fallito è un'altra. «Non si può chiamare vittoria perché il nostro obiettivo era il quorum per cancellare le leggi sbagliate sul lavoro fatte sia dalla destra che dalla sinistra. E non l'abbiamo raggiunto.
Ma quando quasi 15 milioni di persone, contando anche gli italiani all'estero, un terzo del Paese, vanno a votare e 14 milioni ti dicono che sono d'accordo, allora da lì si riparte». Il segretario generale della Cgil, cravatta blu anziché la rossa dei comizi, parla della sua Cgil che «da domani cambia, più sindacato di strada, più movimento, più rete, più ascolto dei giovani». Ma è chiaro a tutti che si rivolge anche al Palazzo.
(...) Gli iscritti al sindacato rosso sono cinque milioni. Aver triplicato quel consenso, per il leader Cgil vale molto. Specie su una battaglia che ha lacerato persino la sinistra, con i riformisti del Pd a remare contro i cinque sì. «Nei prossimi giorni ci concentreremo sull'analisi del voto per capire cosa non ha funzionato, senza processi. Ma oggi possiamo dire che abbiamo fatto una cosa straordinaria. Abbiamo riportato il lavoro al centro del dibattito».
Landini non accetta il calcolo della destra: «Pensare che chi non è andato a votare sostiene il governo Meloni è pura follia». E neppure quello che fa la sinistra, sui voti espressi superiori a quelli che hanno mandato la destra al governo nel 2022: «I nostri referendum non erano contro, ma per qualcosa: più diritti e meno precarietà». Per Landini, lo dice chiaro alla sua segreteria nella prima valutazione, «dobbiamo rappresentare questa base di quasi 15 milioni di voti di cui 14 milioni favorevoli ai nostri quesiti: e non è una base solo di sinistra, ma di lavoratori». In pubblico però affonda: «La politicizzazione fatta dal governo sul non voto è stata gravissima. Ha oscurato i contenuti.
Anche i ministri che invitavano ad astenersi non sapevano neanche su cosa si votava. Abbiamo fatto fatica ad avere spazi pubblici per parlare del referendum».
Ecco il cuore del ragionamento, lo ripete più volte: «Paghiamo una crisi della democrazia e della partecipazione senza precedenti. Una crisi cavalcata dalla destra. Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata. Anzi, persino un rischio. Ma faccio notare che anche alle Europee dello scorso anno hanno votato meno della metà: e nessuno spingeva per il non voto come ha fatto ora il governo senza mai entrare nel merito dei temi».
Per Landini «discutere su chi ha vinto o perso tra i partiti non ha senso». Come pure insensato è affacciare le sue dimissioni: «Non ci penso proprio», ripete a ogni intervista. «Anzi, posso dire che non mi sento più debole.
La Cgil non è più debole». La sua forza arriva «da questa base nuova da cui ripartire». I milioni di persone intercettate, motivate, «incontrate in parrocchia e in fabbrica, nelle associazioni laiche e cattoliche, nei comitati elettorali». Non è il momento di disperdere «questo patrimonio». Da domani, invita i suoi, «torniamo a fare rete».
(...)
Landini questo lo sa. E già guarda avanti: «Nei prossimi giorni su questi temi incontreremo il governo e le imprese. Porteremo con noi milioni di voti in più di cittadini che chiedono di cambiare perché così non va». Quando parla non ha ancora sentito né Schlein né Conte. Scorre il telefono: «Per ora non ci sono messaggi», sorride. Anche qui, un punto politico prima o poi ci sarà.
Ma Landini rifiuta la gabbia del campo largo o stretto: «Non possiamo lasciare ai nostri giovani un Paese da cui preferiscono scappare. Questo il mio obiettivo». Forse non solo quello.
maurizio landini - manifestazione per l europa in piazza del popolo a roma 15 marzo 2025
Troppi indizi: la base, la rete, il movimento. Sottovoce, molti in Cgil ammettono che al quorum ci credevano in pochi: «E poi dare una soglia minima di successo come ha fatto il Pd e aggiungere il quesito sulla cittadinanza, molto divisivo, forse non ci ha aiutato». La "non vittoria" non portò bene neanche a Bersani nel 2013. Ma Landini, che ora la invoca, non è scaramantico.
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