
ITALIA, UN PAESE DI EVASORI, CHE SI REGGE SU POCHI TAR-TASSATI CHE PAGANO PER TUTTI - IL 75,8% DEI CONTRIBUENTI ITALIANI DICHIARA UN REDDITO INFERIORE A 29MILA EURO LORDI (OVVERO 15MILA EURO NETTI, AL LIMITE DELLA SOGLIA DI POVERTÀ). NON ESSENDOCI MILIONI DI MENDICANTI IN GIRO, SIGNIFICA CHE È SOLO UN RAGGIRO FISCALE - IL RESTANTE 24,4% DEI CITTADINI, COLORO CHE DICHIARANO DA 29MILA EURO IN SU, PAGANO IL 75,6% DELL’IRPEF: È IL FAMOSO CETO MEDIO, TROPPO RICCO PER RICEVERE AIUTI, MA TROPPO POVERO PER COSTRUIRSI UN FUTURO. E L’HA PRESO NEL CUNEO ANCHE CON IL GOVERNO MELONI (+13% DI TRIBUTI)
Estratto dell’articolo di Paolo Baroni per “la Stampa”
CETO MEDIO E IRPEF - CHI PAGA LE TASSE IN ITALIA (POCHI, MA TANTE)
Posto che sotto la soglia dei 29 mila euro lordi troviamo ben il 75,8% dei contribuenti italiani, e che questi però versano appena il 24,4% delle tasse, mentre il restante 24,2% che dichiara da 29.001 euro in su si carica sulle spalle il restante 75,6% dell'Irpef, ha ragione il ceto medio a sentirsi tartassato.
Tartassato a livelli record, visto che le ultime statistiche dell'Ocse hanno certificato che tra i paesi più sviluppati l'Italia col 42,8% occupa il terzo posto assoluto sul fronte della pressione fiscale alle spalle di Francia e Danimarca.
E poco importa se quest'anno il governo ha deciso di stabilizzare il taglio del cuneo fiscale e contributivo, che peraltro avvantaggia solamente chi sta sotto la soglia dei 35 mila euro lordi all'anno, perché sempre l'Ocse a fine aprile ha reso noto che nel 2024 la quota di tasse e contributi che grava su stipendi e pensioni degli italiani è cresciuto ancora arrivando al 47,1%, 1,61 punti in più del 2023 e ben 12,2 punti in più della media Ocse.
Questo perché, come ha segnalato ieri anche l'Ufficio parlamentare di bilancio, questo intervento alzando i redditi ha prodotto un aumento del drenaggio fiscale che ha visto soprattutto i lavoratori versare l'anno passato 370 milioni di tasse in più (+13%).
Sul fronte dell'Irpef, a partire da quest'anno è entrato in vigore l'accorpamento ed una prima riduzione delle aliquote, intervento che avvia ma non risolve ancora il problema del carico fiscale che grava sui redditi medi, peraltro taglieggiati in questi anni da una inflazione galoppante che ha ridotto in maniera considerevole il loro poter d'acquisto. Per questo ora, «risorse permettendo», si ragiona (e nella maggioranza si litiga pure), sulla possibilità di ridurre dal 35 al 33% l'aliquota Irpef intermedia e di alzarne da 50 a 60 mila euro la soglia di applicazione.
Un altro piccolo ritocco che peraltro resta ben lontano a quella grande riforma dell'Irpef promessa dal centrodestra e di fatto rinviata a fine legislatura.
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Stando ad una recente indagine realizzata dal Censis per la Cida, la Confederazione italiana dirigenti ed alte professionalità, due italiani su tre si sentono ceto medio e di questi uno su due teme il declassamento sociale e lamenta una pressione fiscale eccessiva.
«È troppo ricco per ricevere aiuti, ma anche troppo povero per costruire il futuro: è questo il paradosso che vive oggi il ceto medio, ovvero la classe sociale che regge il Paese. Il rischio - avverte il presidente del Cida Stefano Cuzzilla - è che questo paradosso si trasformi in una frattura sociale irreversibile».
giorgia meloni e giancarlo giorgetti - question time alla camera
Come ha spiegato il segretario generale del Censis, Giorgio De Rita, presentando la ricerca «il ceto medio da troppo tempo è costretto a non facili adattamenti di fronte alla persistenza di un fisco penalizzante, di un senso di sicurezza in erosione e di un'attenzione ridotta al valore delle competenze».
Negli ultimi anni, oltre la metà degli italiani ha visto il proprio reddito fermo, mentre più di uno su quattro lo ha visto calare. «Ma più che arretrare, il ceto medio oggi galleggia senza prospettiva» rileva il Censis segnalando che sul fronte delle tasse ben il 70% degli italiani, senza grandi distinzioni di fasce, chiede meno imposte sui redditi lordi mentre per l'80% c'è un grave squilibrio tra ciò che si versa e ciò che si riceve in termini di servizi pubblici.
Secondo Cuzzilla «è qui che si gioca la vera partita politica. Il tempo delle analisi è finito: servono scelte nette». […]