
IL SOSTEGNO ALL’UCRAINA NON VALE LO SCONTENTO DEGLI AGRICOLTORI EUROPEI – L’UE HA REINTRODOTTO IL SISTEMA DI QUOTE E DAZI PER I PRODOTTI AGRICOLI UCRAINI, CHE COSTERANNO A KIEV 3,5 MILIARDI DI EURO – LA QUESTIONE È DELICATA: IN QUESTI ANNI DALL’UCRAINA SONO ARRIVATE MONTAGNE DI GRANO A BASSO COSTO, CHE HANNO FATTO INFURIARE I PRODUTTORI EUROPEI (SOPRATTUTTO I POLACCHI, CHE PURE SONO TRA I PAESI PIÙ SOLIDALI CON I VICINI UCRAINI) - RISULTATO? L’ESTREMA DESTRA HA SOFFIATO SUL FUOCO E LE PROTESTE SONO AUMENTATE. E ORA IL PASSO INDIETRO – IL FRENO TIRATO SULLE SANZIONI E LE POSSIBILI SOLUZIONI…
Quanto è disposta a soffrire l'Ue per fermare la Russia?
Da “il Mattinale europeo”, la newsletter di David Carretta e Christian Spillmann
Giovedì 22 maggio, nell'indifferenza quasi generale, l'Unione europea ha approvato una decisione che potrebbe costare 3,5 miliardi di euro all'Ucraina. Su proposta della Commissione di Ursula von der Leyen, gli Stati membri hanno approvato la reintroduzione dal 6 giugno del sistema delle quote e dei dazi per i prodotti agricoli ucraini, che era stato abbandonato nel giugno del 2022 per sostenere l'economia del paese di fronte alla devastante aggressione della Russia.
ursula von der leyen volodymyr zelensky
A Bruxelles, a mezza voce, viene spiegato che la Commissione ha scelto di prendere in conto delle proteste degli agricoltori e di diversi governi di fronte al regime preferenziale riservato all'Ucraina in guerra.
“Il tradimento è completo”, ha commentato l'economista ed ex europarlamentare spagnolo, Luis Garicano: all'Ucraina verrà inflitto un “danno economico massiccio” per “paura degli agricoltori”.
Nel momento dell'abbandono da parte degli Stati Uniti, mentre l'Ue minaccia nuove sanzioni contro la Russia, la decisione sui prodotti agricoli ucraini pone il tema di quanto gli europei siano disposti a soffrire per realizzare i loro obiettivi strategici e garantire la sicurezza del continente.
La sospensione del sistema di quote e dazi per i prodotti agricoli ucraini è diventata scottante dalla primavera del 2023. Tra marzo e giugno di quell'anno sono scoppiate le prime proteste degli agricoltori in Polonia con blocchi alle frontiere e grandi manifestazioni a Varsavia.
Le sue vere origini vanno ricercate nelle decisioni prese dal governo del partito nazionalista Legge e Giustizia che, promuovendo un'operazione di speculazione, aveva consigliato agli agricoltori polacchi di non vendere il grano perché il prezzo sarebbe tornato a salire dopo la discesa del picco del 2022.
Si è prodotto l'opposto. La Polonia, insieme a Slovacchia, Ungheria, Bulgaria e (in misura minore) Romania, ha dato la colpa all'Ue e alla decisione di liberalizzare le importazioni di prodotti agricoli ucraini.
GRANO UCRAINO CARICATO NELLA NAVE MEZHDURECHENSK PRIMA DI PARTIRE PER LA RUSSIA
La Commissione ha reagito con due pacchetti di aiuti straordinari consecutivi. Il primo di 56 milioni di euro per Polonia, Bulgaria e Romania sulla base dei calcoli dei danni subiti dagli agricoltori. Il secondo con un calcolo più politico, da 100 milioni di euro per tutti e cinque i paesi. Non è bastato. Dal 2024 è stato reintrodotto il sistema delle quote e dei dazi per sette prodotti considerati sensibili.
La decisione di giovedì sulla fine della liberalizzazione non si limiterà ai prodotti sensibili (pollame, uova, zucchero, avena, mais, semole e miele). Tutti i prodotti agricoli, anche quelli che non fanno concorrenza agli agricoltori europei, sono presi di mira: una volta raggiunta la quota prevista nell'accordo di libero scambio con Ucraina (la Deep and Comprehensive Free Trade Area conclusa nel 2014 e in vigore dal 2016), l'Ue reintrodurrà i dazi.
Il colpo è duro. Secondo le stime del governo di Kyiv, la perdita ammonta a 3-3,5 miliardi di euro l'anno. A Bruxelles vengono fatti calcoli diversi. Una fonte ci ha indicato un danno di 1,5 miliardi di euro per l'Ucraina.
Ma i portavoce della Commissione non sono stati in grado di fornirci una cifra. Facendo buon viso a cattivo gioco, la vice premier ucraina, Olha Stefanishyna, ha spiegato che si tratta di “una soluzione ad interim che ci permetterà di evitare lo scenario peggiore”.
Il rischio per l'Ucraina era ricadere nel regime pre 2016 con dazi molto più alti. Kyiv e la Commissione cercheranno di negoziare condizioni migliori nell'ambito di una revisione della Deep and Comprehensive Free Trade Area. Ma molti dubitano che ci saranno progressi.
Le considerazioni di politica interna agli Stati membri e all'Ue hanno il sopravvento sulla volontà di sostenere l'Ucraina quando si tratta di agricoltura. Il sostegno a Kyiv non può essere “a spese dei produttori polacchi, in particolare gli agricoltori”, ha detto il primo ministro, Donald Tusk, il cui paese ha la presidenza di turno dell'Ue.
La Polonia è nel pieno della campagna elettorale per le elezioni presidenziali che determineranno il corso del paese nei prossimi anni. Tusk è costretto a rispondere all'estrema destra che sfrutta lo scontento rurale per conquistare più voti.
camion bloccati al confine tra polonia e ucraina 6
La Polonia non è il solo paese dove i partiti di estrema destra sfruttano la rabbia rurale e i timori legati alla concorrenza ucraina. Quando nel 2024 la Commissione ha introdotto il “freno d'emergenza” con quote e dazi per pollame, uova, zucchero, avena, mais, semole e miele, la Francia lo ha sostenuto per calmare i suoi agricoltori, allarmati dalla concorrenza del pollo e dello zucchero ucraini.
Ora anche Ursula von der Leyen è giunta alla conclusione che mantenere la liberalizzazione aiuterebbe populisti ed estrema destra, che sfruttano la solidarietà europea con Kyiv per alimentare lo scontento delle opinioni pubbliche.
La presidente della Commissione si è convinta che è troppo alto il rischio di perdere il sostegno all'Ucraina di paesi fondamentali come la Polonia o di alienare la simpatia dei cittadini europei. Prova generale dell'ingresso nell'Ue, la retromarcia sulla liberalizzazione mostra anche quante e quali saranno le difficoltà da superare per permettere l'adesione dell'Ucraina con il suo enorme settore agricolo.
Ma la decisione di giovedì sui prodotti agricoli ha implicazioni che vanno ben oltre gli interessi degli agricoltori. Oltre a segnalare un cedimento alla stanchezza sul sostegno all'Ucraina, dimostra che sarà sempre più difficile nell'Ue adottare misure dolorose per sostenere Kyiv e danneggiare la Russia. Vale per il grano ucraino, come per le sanzioni contro Mosca.
PUTIN E LA DENAZIFICAZIONE DELL EUROPA - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Gli europei avevano posto un ultimatum a Vladimir Putin: accettare il cessate il fuoco oppure subire sanzioni devastanti. L'ultimatum è scaduto due volte e ora la Commissione prepara il diciottesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Ma alcune delle misure appaiono come simboliche: vietare il consorzio Nord Stream (il gasdotto che non è più operativo) o abbassare il tetto al prezzo del petrolio (serve il via libera di Donald Trump).
Altre misure sono più serie (come l'esclusione di una serie di banche dal sistema SWIFT), ma il principio che regola l'approccio dell'Ue alle sanzioni non è cambiato: le sanzioni devono fare più male alla Russia che agli Stati membri dell'Ue. Questo principio ha portato a una situazione di stallo. “L'accumulo di linee rosse degli Stati membri rende i pacchetti di sanzioni sempre meno efficaci”, ci ha detto un diplomatico.
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All'Ue non mancano opzioni per far cambiare i calcoli di Putin o danneggiare la sua economia di guerra. Ma quelle che restano sono tutte rischiose o dolorose. La confisca degli oltre 200 miliardi di euro di attivi russi immobilizzati potrebbe creare problemi di stabilità finanziaria.
Un embargo immediato contro le importazioni di gas, petrolio e uranio farebbe aumentare le bollette energetiche. Vietare le esportazioni di prodotti e tecnologie sensibili verso i paesi che aiutano la Russia a eludere le sanzioni – Cina, Turchia, Asia centrale, Emirati Arabi Uniti – potrebbe compromettere le relazioni commerciali e ridurre le esportazioni europee.
ursula von der leyen e volodymyr zelensky summit per la pace svizzera
Che sia sulle nuove sanzioni o sulla proroga di quelle vecchie ci sono strumenti giuridici per superare i veti minacciati dall'Ungheria. Basterebbe usare la politica commerciale per le nuove sanzioni e passare alla maggioranza per rinnovare i vecchi pacchetti. Ma, per gli altri Stati membri, rinunciare all'unanimità significherebbe rinunciare alla possibilità di fissare le proprie linee rosse.
La Germania di Friedrich Merz ha segnalato la possibilità di cambiare il principio dell'Ue sulle sanzioni per adottare misure più dure contro la Russia. […]
Oltre alla Germania, altri Stati membri sono pronti a rinunciare al principio secondo cui le sanzioni non devono avere conseguenze economiche maggiori per l'Ue. “Penso che possiamo ancora fare male a Putin e alla Russia. Ma dobbiamo andare giù duro”, ci ha spiegato un secondo diplomatico. Ma i governi di alcuni grandi Stati membri sono contrari.
Al Parlamento europeo la delegazione di Fratelli d'Italia, il partito di Giorgia Meloni, la scorsa settimana si è astenuta sull'imposizione di dazi proibitivi sui fertilizzanti importati dalla Russia. […]
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