
TEHERAN UNA BRUTTA ARIA - SALE LA TENSIONE CON L’IRAN E GLI USA RIDUCONO IL PERSONALE DELL’AMBASCIATA A BAGHDAD – LO STALLO SUI NEGOZIATI PER IL NUCLEARE, CON TEHERAN CHE RISCHIA DI SUBIRE UNA MOZIONE DI CENSURA PER IL SUO PROGRAMMA ATOMICO, EVOCA NUOVI PERICOLI IN MEDIORIENTE - GLI AMERICANI VOGLIONO CHE L’IRAN RINUNCI ALL’ARRICCHIMENTO DELL’URANIO, PER LA REPUBBLICA ISLAMICA È UNA LINEA ROSSA CHE NON PUÒ ESSERE VARCATA – NETANYHAU PREME SU TRUMP PER COLPIRE I SITI NUCLEARI IRANIANI...
Gabriella Colarusso per repubblica.it - Estratti
Lo stallo nei negoziati tra Stati Uniti e Iran con il rischio che la crisi nucleare si avviti senza una soluzione diplomatica, fa alzare la tensione in tutto il Medioriente. Per accresciuti «rischi di sicurezza», il dipartimento di Stato ieri ha autorizzato l’evacuazione del personale non essenziale dell’ambasciata a Baghdad e consentirà alle famiglie dei militari in diverse basi della regione – tra cui Kuwait e Bahrein - di lasciare le loro sedi. La decisione è stata presa a «seguito di una recente revisione», ha dichiarato la portavoce della Casa Bianca Anna Kelly, senza dare ulteriori spiegazioni.
La mossa Usa arriva in un momento di forte tensione con l’Iran, che rischia di subire una mozione di censura dal consiglio dell’agenzia atomica internazionale per il suo programma nucleare.
Da due mesi, Teheran e Washington trattano per evitare una escalation militare ma i negoziati sul nucleare non hanno ridotto le distanze: gli americani vogliono che l’Iran rinunci all’arricchimento dell’uranio, per la Repubblica islamica è una linea rossa che non può essere varcata. L’evacuazione delle ambasciate è «un chiaro segnale all’Iran che Washington è seriamente intenzionata a colpire se non si fa l’accordo», commenta l’analista Michael Horowitz.
Netanyahu preme da tempo sulla Casa Bianca per uno strike sui siti nucleari iraniani, Trump finora ha frenato. Se dovesse succedere, gli iraniani risponderanno anche colpendo le basi americane nella regione.
Nel frattempo il premier israeliano deve affrontare la prova politica più insidiosa dall’inizio della guerra a Gaza. Dopo mesi di mediazioni fallite, i leader dei partiti ultraortodossi minacciano di far cadere il governo perché non ha approvato una legge che esentasse i religiosi dal servizio militare obbligatorio, dopo che un anno fa la corte suprema ha stabilito che l’antico privilegio non può più essere sostenuto dalla società israeliana.
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