
TOH, CHI SI RIVEDE: GIORGIA – DOPO UN ANNO E MEZZO, MELONI SI È DEGNATA DI PRESENTARSI IN PARLAMENTO PER IL QUESTION TIME. E SE L’È CANTATA E SE L’È SUONATA – HA GARANTITO CHE NEL 2025 L’ITALIA RAGGIUNGERÀ IL 2% DEL PIL PER LE SPESE MILITARI, SENZA SPIEGARE DOVE TROVERA’ I FONDI – HA ATTACCATO I GIUDICI PER IL FLOP DEL “PIANO ALBANIA” SUI MIGRANTI E HA ACCUSATO LE REGIONI PER I RITARDI NELLE LISTE D’ATTESA DELLA SANITÀ, CAUSANDO LA REAZIONE INCAZZATA DEI GOVERNATORI – LE OPPOSIZIONI: “HA MENTITO SU TUTTO”
Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
giorgia meloni - question time al senato - foto lapresse
La miccia che innesca la reazione veemente dei governatori viene accesa personalmente da Giorgia Meloni. «Devo fare un appello alle regioni – dice - Ogni anno stanziamo delle risorse, ma non le gestiamo per le liste d’attesa: lo fanno le regioni. Per voi però la responsabilità è tutta del governo».
Di più: «Per questo l’esecutivo ha varato un decreto proprio sulle liste d’attesa, cercando di dare una mano. Le regioni, trasversalmente, non sono d’accordo.
Almeno gli italiani sappiano che abbiamo queste difficoltà, perchè altrimenti siamo semplicemente quelli che devono stanziare i soldi ed essere responsabili di quello che non funziona». È l’atto d’accusa più aspro del premier-time, un appuntamento a cui mancava da quasi un anno e mezzo.
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giorgia meloni - question time al senato - foto lapresse
La premier si concentra in particolare sulla necessità di «rafforzare le capacità difensive» del Paese nell’ambito Nato. «Da patriota ho sempre sostenuto che la libertà ha un prezzo». Roma, aggiunge, garantirà nel 2025 il 2% del pil destinato a spese militari. Non anticipa i dettagli del dossier di cui si ragionerà oggi al Colle.
Sul tavolo finiranno le indiscrezioni diplomatiche più recenti, che riportano della volontà americana di chiedere non meno del 4% agli alleati entro il 2028, con pochi margini di mediazione.
Un incubo di bilancio, per l’Italia. E sempre al Quirinale l’esecutivo potrebbe rimettere sul tavolo il problema della rete di satelliti a cui affidarsi: Starlink, oppure l’opzione europea, francese o israeliana? All’ordine del giorno c’è solo un generico: “Infrastrutture strategiche nazionali”. Ma fonti giurano che se ne parlerà, se a volerlo sarà la premier.
giorgia meloni - question time al senato - foto lapresse
In Parlamento, intanto, le opposizioni attaccano sui dati macroeconomici. Imputando alla premier una narrazione distorta, quella di un Paese dove tutto va bene. «Non tutto va bene – replica Meloni – ma va meglio di quando governavate voi. I numeri del primo trimestre 2025 su occupazione, salari, Pil confermano l’efficacia della strategia.
Ora ci concentreremo sul ceto medio». [...]
L’altro capitolo sensibile sono le riforme. La leader promette che insisterà sul premierato – «procederemo spediti» - anche se in realtà l’intenzione resta quella di far svolgere il referendum confermativo solo dopo le prossime elezioni. Sulla legge elettorale, invece, Meloni apre a una novità: le preferenze. «Confermo di essere favorevole».
giorgia meloni - question time al senato - foto lapresse
Nessuna interrogazione è dedicata alla possibile nuova invasione di Gaza. Avs domanda comunque: perché tace sul tema? Meloni si limita a dire: «Appoggiamo il lavoro che i Paesi arabi stanno portando avanti. C’è un piano di ricostruzione di Gaza credibile, che a nostro avviso deve includere anche la prospettiva dei due Stati». Un equilibrismo che include un’implicita e prudentissima critica all’atteggiamento di Netanyahu: citare il progetto arabo significa escludere un’azione di terra.
Non arriva però a bocciare apertamente l’idea, convinta che l’isolamento esponga Israele non solo alla minaccia di Hamas, ma anche a quella iraniana. Politica estera significa pure Donald Trump. [...]
giorgia meloni - question time al senato - foto lapresse
Infine, attacca i giudici sui migranti, perché starebbero «rimandando in Italia» chi si trova nei cpr in Albania, anche avendo commesso reati. E parla della crisi dell’automotive, un settore «schiacciato dalle follie ideologiche della transizione ecologica». L’obiettivo è convincere Bruxelles a cambiare le politiche sul green.