
ALTRO CHE UCRAINA, L’UNICA GUERRA CHE INTERESSA A TRUMP È QUELLA DEI DAZI – NELLA TELEFONATA CON PUTIN, IL TYCOON HA SCARICATO L'UCRAINA, DANDOLA VINTA AL LEADER RUSSO SULLE PRECONDIZIONI CHE RINVIANO NEGOZIATI E TREGUA – L’AMBASCIATORE STEFANINI: “IL PRESIDENTE AMERICANO RIVOLGE ALTROVE GLI SFORZI. METTENDOSI SUL PIEDE DI GUERRA CON L'UE, CON APPLE E CON HARVARD. SONO LE GUERRE PREFERITE DI TRUMP: NON MILITARI, MA CULTURALI, COMMERCIALI. NON RADONO AL SUOLO EDIFICI, MA SOVVERTONO L'ORDINE INTERNAZIONALE. A DANNO DELL'OCCIDENTE CHE DIVIDONO, MENTRE CINA E RUSSIA STANNO BEATAMENTE A GUARDARE…”
Estratto dell’articolo di Stefano Stefanini per “La Stampa”
Donald Trump si dichiara Presidente di pace. Quattro mesi dopo l'inaugurazione, la guerra infuria a Gaza e in Ucraina. Mosca non vuole negoziare con Kiev. I palestinesi della Striscia hanno abbandonato la speranza che da Washington venga un veto ai Carri di Gedeone di Benjamin Netanyahu.
L'Ucraina si attendeva qualche spiraglio di tregua dal carosello diplomatico avviato dal Presidente americano con Mosca, e direttamente con Vladimir Putin in tre lunghe telefonate. Dopo l'ultima si è sentita praticamente dire: vedetevela voi con i russi, cosa che Kiev sta cercando di fare da 40 mesi, con le armi, ma anche chiedendo di negoziare e scontrandosi con il costante rifiuto di Mosca, ora a malapena mascherato come rinvio per compiacere Trump.
COLLOQUI BY PUTIN - VIGNETTA BY ROLLI - IL GIORNALONE - LA STAMPA
Del colloquio telefonico il Presidente americano ha informato sommariamente, e immediatamente, Volodymyr Zelensky e i leader europei. Mai fatto prima. Quasi a volersene togliere il pensiero e scaricare su altri i seguiti della diplomazia insabbiata nelle secche della Moscova. Dopo, dalla Casa Bianca è sceso un fatale silenzio.
[…] il Presidente americano lascia tutti nell'incertezza. Tranne forse Putin, col quale si sarà detto molte cose, e non sappiamo quali.
Doppia incertezza. Prima, continua o meno l'iniziativa diplomatica americana sull'Ucraina? Seconda, se Trump conclude di tirarsi indietro dal negoziato a causa «dell'odio tremendo» fra le due parti, che fine fa il sostegno americano all'Ucraina? Anche di quello ha parlato con Putin?
DONALD TRUMP MOSTRA LA TABELLA CON I NUOVI DAZI
Gli interrogativi aleggiano pesantemente fra Kiev e le capitali europee, in particolare Berlino. È stato infatti Friedrich Merz ad avvertire che nella telefonata di lunedì scorso Trump avrebbe desistito dalla richiesta di cessate il fuoco, centrale alla proposta concordata da americani, ucraini ed europei.
I mezzi d'informazione Usa danno la stessa lettura, senza alcuna smentita della Casa Bianca. Il Presidente americano l'avrebbe di fatto data vinta a Putin su quasi tutte le precondizioni russe che rinviano alle calende greche negoziati e tregua.
cyril ramaphosa donald trump foto lapresse.
Pur vedendosi respinte le proposte fatte negli ultimi due mesi, Trump si rimette ad un'inesistente buona volontà negoziale di Mosca e accantona qualsiasi accenno di sanzioni – linea che probabilmente manterrà negli appuntamenti multilaterali di giugno: vertici G7 di Kananaskis (15-17) e Nato dell'Aja (24-25).
[…]
Per ora la telefonata si risolve in un ennesimo assist di Donald a Vladimir. Sergej Lavrov non ci ha messo molto a rigettare la mediazione del Vaticano in quanto i russi sono ortodossi, rincarato dal patriarca Kirill.
A una settimana dalla telefonata che doveva dimostrare che «solo Donald Trump può fare la pace in Ucraina», di pace nemmeno l'ombra, la guerra continua imperterrita con intensificati attacchi russi contro le città, l'Ucraina avverte il rischio di abbandono americano – Zelensky fa appello a Trump per continuare nell'ingaggio diplomatico con Mosca – e di rimanere in compagnia dei soli europei che non hanno le risorse per equalizzare la massa di pressione russa.
Come nel vecchio adagio sulla Nato, la partita che Zelensky e gli europei stanno giocando sta tutta nel «tenere l'America dentro e la Russia fuori».
ZELENSKY E DONALD TRUMP PARLANO PRIMA DEL FUNERALE DI PAPA FRANCESCO
Le paci promesse da Donald Trump stentano molto ad arrivare. Con altri effetti deleteri. Impaziente sull'Ucraina – ma non con Putin – e disinteressato su Gaza, il Presidente americano rivolge altrove gli sforzi.
Diplomatici, per prevenire una guerra con l'Iran. Altrimenti, incapace di portare pace dove ce n'è bisogno, mettendosi sul piede di guerra in rapida successione con il Sud Africa, con Harvard, con l'Unione europea e con Apple.
Sono le guerre preferite di Trump: non militari, ma politiche, culturali, commerciali. Con le quali intende definire la sua seconda presidenza. Non fanno vittime, non radono al suolo edifici, ma sovvertono l'ordine internazionale. A danno dell'Occidente che dividono, mentre Cina e Russia stanno beatamente a guardare.
DONALD TRUMP VS URSULA VON DER LEYEN - IMMAGINE CREATA CON L INTELLIGENZA ARTIFICIALE DI GROK
L'eccezione, importante, è il negoziato con Teheran. Che ha discrete possibilità di andare a buon fine come accordo politico di massima con negoziati tecnici a seguire, senza fissare per il punto chiave del limite dell'arricchimento dell'uranio al 3.67%, ma che dia a Trump il grande successo diplomatico cui anela. Teheran non chiede di meglio che continuare a negoziare.
Netanyahu non sarà felice, ma dovrà incassare. Non può mandare all'aria un "deal" di Donald. Non subito. Se poi l'Iran si avvicina lo stesso alla soglia, Israele lo colpirà senza chiedere niente a nessuno, come ha sempre fatto. Intanto Bibi ha le mani libere per proseguire quello che sta facendo a Gaza e in Cisgiordania – l'annessione di fatto.
Un accordo nucleare con Teheran, per quanto imperfetto, sarebbe un risultato della diplomazia transattiva di Trump – affidata al solito Steve Witkoff – di cui rallegraci. Salvo sorprese in Ucraina, anche l'unico in vista.
Poco per il Presidente della pace che, nel frattempo, continua nella crociata commerciale contro l'Ue – contro di noi. Finché sono solo minacce a ruota libera meglio ignorarle e far continuare il negoziato alla Commissione.