
NON ABBIAMO IMPARATO NULLA DALLA PANDEMIA - SE AI TEMPI DEL COVID TUTTI CONCORDAVANO SUL NUOVO MODELLO DELLA SANITÀ TERRITORIALE, INCENTRATO SU CASE E OSPEDALI DI COMUNITÀ, OGGI SIAMO ANCORA LONTANISSIMI DALL’OBIETTIVO MINIMO: SONO PIENAMENTE OPERATIVE, OVVERO DISPONGONO DEI MEDICI E DEGLI INFERMIERI PREVISTI, SOLO IL 2,7 PER CENTO DELLE 1.717 CASE DI COMUNITÀ PROGRAMMATE E NESSUNO DEI 568 OSPEDALI DI COMUNITÀ. E OVVIAMENTE A SOFFRIRE È SEMPRE IL SUD...
Estratto dell’articolo di Alessandro Mantovani per il "Fatto quotidiano"
Se ai tempi del Covid tutti concordavano sul nuovo modello della sanità territoriale, incentrato su Case e Ospedali di Comunità quali strutture intermedie tra l’abbandono e l’affollamento al pronto soccorso, oggi siamo indietro.
Come era prevedibile. La Fondazione Gimbe ieri ha diffuso un articolato rapporto che parte dai dati sconfortanti del 31 marzo scorso: sono pienamente operative, ovvero dispongono dei medici e degli infermieri previsti, solo il 2,7 per cento delle 1.717 Case di comunità programmate e nessuno dei 568 Ospedali di Comunità.
“A poco più di un anno dalla rendicontazione finale, la riforma dell’assistenza territoriale e l’attuazione del Fascicolo sanitario elettronico procedono decisamente a rilento, con marcate diseguaglianze regionali”, sintetizza Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe. Si rischia di “portare i soldi a casa, senza produrre benefici reali per cittadini e pazienti, lasciando in eredità solo scatole vuote”.
Il problema è il personale.
Infatti si ragiona sul prolungamento fino a 73 anni dell’attività dei medici di famiglia, altrimenti i pensionamenti da qui a tre anni rischiano di lasciare scoperta una parte significativa di una popolazione sempre più anziana. D’altro canto è in alto mare anche la riforma della medicina di famiglia […] la carenza di infermieri, come è noto, nel nostro Paese è ancora più grave.
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Solo quattro Regioni dichiarano di aver attivato almeno un servizio in oltre metà delle strutture: sono Emilia-Romagna (70,6%), Lombardia (66,7%), Veneto (62,6%) e Marche (55,2%); sei sono tra il 25% e il 50%: Molise (38,5%), Liguria (33,3%), Piemonte (29,5%), Umbria (27,3%), Toscana (26,9%), Lazio (26,5%); le altre sono sotto e tra le Regioni a zero c’è la Campania.
Per gli Ospedali di comunità, strutture destinate a ricoveri brevi per lo più di anziani a bassa intensità clinica, va peggio: c’è almeno un servizio dichiarato attivo in 124 strutture, il 21,8% delle 586 previste per un totale di 2.100 posti letto a regime, circa l’1 per cento di quelli degli ospedali pubblici e privati accreditati.
Vanno bene Veneto (43 strutture), Lombardia (25) ed Emilia-Romagna (21), benino Lombardia e Toscana. Ma anche Regioni come Lazio, Campania e Piemonte sono a zero. E comunque, “nessuna Regione ha attivato tutti i servizi previsti”. Per essere pienamente operativi gli Ospedali di comunità devono garantire 4,5 ore almeno di presenza medica al giorno sei giorni su sette e gli infermieri h24 sette giorni su sette.