
DIMISSIONI, DIMISSIONI: GRAVINA NON NE HA IMBROCCATA MEZZA! LA CRISI DELL’ITALIA DEL PALLONE VA AVANTI DA ANNI TRA CT SBAGLIATI (LA CONFERMA DI MANCINI DOPO LA MANCATA QUALIFICAZIONI AI MONDIALI 2022 E SPALLETTI), DESERTO DI TALENTI, GIOVANI AL PALO E LE RIFORME PROMESSE E MAI REALIZZATE, A PARTIRE DA QUELLA DEI CAMPIONATI - DA PRESIDENTE FIGC, GRAVINA NON HA FATTO NULLA SE NON GARANTIRSI UNO STIPENDIO DA CIRCA 400 MILA EURO, TRA FEDERAZIONE E UEFA. E C’E’ ANCHE UN’INCHIESTA PENALE CHE LO RIGUARDA…
Lorenzo Vendemiale per “il Fatto quotidiano” - Estratti
Come siamo caduti così in basso? A ritrovarci nel 2025 fuori dagli ultimi due Mondiali e con il prossimo negli Usa già compromesso. Umiliati in quello che era il nostro sport nazionale dalla Norvegia, dopo esserlo già stati da Svezia, Macedonia del Nord, Svizzera. E a pensare che tutto sommato è normale, che gli scandinavi oggi siano più forti di noi.
La crisi del calcio italiano va avanti già da qualche anno: lo spartiacque fu lo spareggio perso per Russia 2018, “apocalisse nazionale” che poi è diventata un’abitudine. Ma a ben vedere i segnali c’erano già prima.
Mentre il trionfo agli Europei 2021, tra supplementari e rigori fortunati, è stato un caso.
Certo è che questo tunnel senza luce – generazioni di bambini che non avranno mai visto l’Italia ai Mondiali – non è ascrivibile a una sola colpa o un colpevole, ma a un misto di macro-fenomeni, responsabilità individuali e – diciamolo – anche un po’ di sfiga il cui risultato però è chiaro. Il calcio italiano sta morendo, forse è già morto.
GABRIELE GRAVINA GIUSEPPE MAROTTA
CT sbagliati. Muovendo dal particolare al generale, si parte da Spalletti, che ci ha messo tanto di suo. Ottimo allenatore, ma pessimo Ct: convocazioni bislacche, moduli confusi, giocatori fuori ruolo. Non è riuscito a dare un’identità e uno spirito alla Nazionale, che anzi è sembrata non seguirlo. Percorso non dissimile dal Mancini post Europei. Perché è soprattutto nelle difficoltà che gli allenatori devono fare la differenza. “Io non l’ho fatta”, ha ammesso recuperando solo alla fine un briciolo di umiltà.
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Gravina e (non) riforme. In campo non ci va il presidente federale, però Gravina è al governo dal 2018, lasso di tempo sufficiente per essere considerato quantomeno corresponsabile. Mancini dopo la mancata qualificazione a Qatar ’22 e Spalletti dopo gli Europei li ha confermati lui, solo per proteggere se stesso. Sempre lui adesso è alla ricerca disperata di un nuovo allenatore, dopo il no del pensionato Ranieri per cui avrebbe sdoganato lo scandaloso conflitto di interessi di un consulente-Ct. E poi le riforme promesse e mai realizzate, a partire da quella dei campionati, dove le società continuano a fallire. L’inchiesta penale che lo riguarda. Da presidente non ha fatto nulla se non garantirsi uno stipendio da circa 400 mila euro, tra Federazione (da n. 1 del Club Italia) e Uefa.
GABRIELE GRAVINA aleksander ceferin
L’egoismo dei club. Poi i giocatori alla Nazionale non li dà la Figc, ma la Serie A, torneo egoista, capace di pensare solo ai propri interessi (e pure male), non al sistema. Negli anni di vacche grasse nessuno ha investito su infrastrutture, vivai.
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Giovani al palo. I giovani ci sarebbero pure, lo dimostrano i risultati: l’Under 17 ha vinto gli Europei nel 2024 e l’Under 19 nel 2023, l’Under 20 è vice campione del mondo. Gli azzurrini cominciano a perdersi quando crescono (già l’Under 21 è un disastro), e poi spariscono. Perché non giocano. Sabato il Pescara di Silvio Baldini è tornato in Serie B grazie alle prodezze del suo portiere Alessandro Plizzari, uno che qualche stagione fa veniva considerato il nuovo Donnarumma: che ci faceva a 25 anni ancora in Serie C? Oppure Pafundi, il 2006 di cui Mancini diceva “prima lui, poi tutti gli altri”, due anni dopo praticamente non ha mai visto la Serie A, nemmeno con l’Udinese già salva. E chissà se Pio Esposito, capocannoniere in B a 19 anni, avrà una chance con l’Inter o passerà di prestito in prestito.
Poco coraggio. Ogni caso fa storia a sé, problemi fisici o caratteriali possono incidere sulla mancata esplosione di fenomeni che magari non sono tali. L’attenzione mediatica e l’ipervalutazione sul mercato non aiuta, però il trend è chiaro: la Serie A è uno dei tornei europei col più basso minutaggio di giovani nazionali. Le Primavere sono imbottite di stranieri. In Serie C l’esperimento delle seconde squadre si è rivelato deludente. Non si può imporre un minimo di italiani in campo (è contrario alle norme Ue) ma le regole attuali sono una farsa: il “4+4” in rosa (quattro cresciuti nelle giovanili di club italiani, quattro nelle giovanili del club) è facilmente aggirabile (basta piazzare i due portieri di riserva e un paio di panchinari). Manca la volontà di vincolare i proventi dei diritti tv alla valorizzazione dei vivai.
In compenso l’unico provvedimento recente incisivo, il decreto Crescita, ha permesso di pagare meno tasse sugli stipendi dei calciatori stranieri, mezzi brocchi compresi.
gabriele gravina giancarlo abete
Scuole calcio. Altra croce del movimento: mancano proprio gli attaccanti e i fantasisti, quelli bravi nell’uno contro uno, che fanno le fortune di Francia e Spagna, mentre noi non abbiamo un giocatore in grado di saltare l’uomo. L’ultimo, forse, è stato Chiesa, mai valorizzato fino in fondo dal nostro campionato. Prima ancora risaliamo addirittura a Cassano e Balotelli. Chi ha frequentato le scuole calcio conosce le logiche perverse che ormai regolano gli ambienti giovanili. Dove spesso si paga per giocare. Si insiste troppo sulla tattica, si fanno andare avanti i ragazzi più sviluppati fisicamente per raggiungere subito il risultato. Mentre si soffoca il talento.
Fallimenti. Un po’ è questione anche di fortuna. Oggi il tennis ha Sinner dopo 40 anni di nulla, questo è un ciclo sfavorevole per il pallone. Ma non è solo un caso. La punta della piramide è risicata perché la base è sempre più stretta. In 10 anni sono sparite quasi 10 mila squadre. La retorica tanto abusata per cui i bambini non giocano più per strada non è poi così lontana dalla realtà. Si è lacerato il tessuto socio-economico su cui si reggeva il sistema Italia, e anche il sistema calcio italiano. In fondo, in un Paese agonizzante, dove non funziona più quasi nulla, perché il pallone dovrebbe essere diverso?
aurelio de laurentiis gabriele gravina luigi de laurentiis luca cordero di montezemolo
gravina buffon
gravina balata
gravina balata