
“PER RISOLVERE I PROBLEMI DELLA NAZIONALE CI VOGLIONO ALMENO 10 ITALIANI NELLE ROSE DEI CLUB, DI CUI 7 SOTTO I 23 ANNI” – POTEVA MANCARE L’OPINIONE DI QUEL PREZZEMOLONE DI MAURIZIO DE GIOVANNI SUL CALCIO TRICOLORE? LO SCRITTORE ATTACCA: “LE SQUADRE DEVONO INVESTIRE SUI GIOVANI ITALIANI, MA NON SUCCEDE PERCHÉ AVREBBE COSTI ALTISSIMI E FAVORIREBBE CHI GIÀ LAVORA COSÌ, L'ATALANTA, LA FIORENTINA SOCIETÀ FUORI DAI POTENTATI - E’ MOLTO PIÙ COMODO COMPRARE UN VENTENNE STRANIERO FISICAMENTE FORMATO CHE INVESTIRE SU CINQUE 16ENNI ITALIANI. GLI INTERESSI DELLE SOCIETÀ SONO IN CONTRAPPOSIZIONE CON QUELLI DELLA NAZIONALE…”
Estratto dell’articolo di Giulia Zonca per “la Stampa”
La situazione della nazionale è talmente complicata […] Maurizio De Giovanni […] «Quando mai era successo che non si trovasse un allenatore? Quando è capitato che i convocati rifiutassero di giocare? Quando si è visto questo numero di infortunati? E voglio vedere se non ci sarebbero invece stati per una finale di Champions... Ci hanno rotto il calcio».
Dietro la crisi di campo c'è il fallimento di un sistema?
«Certamente. Il calcio dovrebbe dotarsi immediatamente di questa regola: nella lista dei giocatori delle società ci devono essere 10 italiani e tra loro 7 sotto i 23 anni».
Gli stranieri ci sono anche in Spagna o in Germania e senza bisogno di protezionismo crescono talenti.
«Li allenano. Noi no, il Napoli campione d'Italia non ha giovanili all'altezza, per fare un esempio. Con le Under 19 e 17 ci facciamo anche notare, solo che restiamo lì».
[…] «Molto più comodo comprare un ventenne straniero fisicamente formato che investire su cinque sedicenni italiani o in attesa di esserlo. In più gli interessi della società sono in contrapposizione con quelli della nazionale».
[…] «[…] la federazione è l'espressione di quelle dei club che non hanno ripercussioni negative dai mancati mondiali […] La nazionale non produce, è un valore, è come la bandiera, l'inno: una casa discografica non ha interesse alla diffusione dell'inno. Prima con la nazionale c'era un legame: la gente ci andava zoppa pur di esserci».
Quando è cambiato il rapporto?
«Con la crisi economica. Il calcio nostrano è stato cicala per decenni e all'improvviso è dovuto diventare formica. Ci vuole un piano di emergenza e ce l'ho pronto: nella rosa dei 25, 10 italiani e 7 Under 23. Una terapia d'urto. Le squadre sarebbero costrette a investire, ma non succede perché questa soluzione avrebbe costi altissimi e ovviamente favorirebbe chi già lavora così, l'Atalanta, la Fiorentina società fuori dai potentati».
Ma perché per un giocatore non è più un valore indossare l'azzurro?
«Guadagnano moltissimo e solo con il club. Perché dovrebbero sacrificarsi?» .
Per la bandiera, per l'orgoglio di rappresentare il Paese.
«Andiamoci a vedere i dati di affluenza dei diciottenni all'ultimo voto… A 18 anni volevo fare due cose: guidare e votare e invece la metà dei diciottenni non va alle urne. Come possono avere il valore della nazionale se non ne trovano nel mondo che li circonda? Le cose cambiano. I ragazzi sono abituati alla precarietà e sono cittadini del mondo».
In quanto tali non si sentono rappresentati dall'azzurro?
«Le nuove generazione vanno studiate: non vedono le partite intere, cercano forme alternative di calcio, concentrati di gioco spettacolare, lì il concetto di rappresentanza si perde un po'. La mia generazione si sente tradita dal degrado di questa squadra, quelle dopo meno».
gabriele gravina luciano spalletti
Tanti non l'hanno mai vista vincere, però si riconoscono in Sinner o in Tamberi.
«È Sinner che porta la gente al tennis, non è la gente che guarda il tennis a creare Sinner. Si segue il leader».
[…] Questa dirigenza ha ancora credibilità?
«Ci vorrebbe dignità per dimettersi, merce che non vedo disponibile. Io di fronte a un tale fallimento me ne andrei a casa, ma non me lo aspetto. In Italia non lo fa nessuno». […]