
POTEVAMO MIGLIORARE IL CALCIO ITALIANO? SI’, C’ERA IL FAMOSO PIANO PER RILANCIARE LA FIGC CREATO DA ROBERTO BAGGIO TOTALMENTE IGNORATO DAI VERTICI FEDERALI! LE 900 PAGINE REDATTE DAL “DIVIN CODINO”, CHIAMATO PER DARE UNA SVOLTA AL SETTORE TECNICO, RIMASERO LETTERA MORTA E FURONO CESTINATE NEL 2013 DA GIANCARLO ABETE (ATTUALE PRESIDENTE DELLA LEGA DILETTANTI) – BAGGIO SE NE ANDO' SBATTENDO LA PORTA: “NON MI È STATO PERMESSO DI LAVORARE” - CENTRI FEDERALI, ALLENAMENTI, SETTORI GIOVANILI: ECCO COSA C'ERA NEL PIANO DEL "DIVIN CODINO"
1 - PROGETTO BAGGIO PER LA NAZIONALE DEL FUTURO, STORIA DEL PROGRAMMA PER RILANCIARE LA FIGC BUTTATO NEL CESTINO NEL 2013
Da https://www.unita.it del 2 Luglio 2024
Progetto Baggio per la Nazionale del futuro, storia del programma per rilanciare la FIGC buttato nel cestino nel 2013
Dopo l’ennesimo fallimento del calcio italiano, con la Nazionale di Luciano Spalletti uscita agli ottavi di finale contro la Svizzera dopo prestazioni a dir poco sottotono agli Europei di Germania, nelle “stanze dei bottoni” e sui principali quotidiani e tv è rifiorito il dibattito sulle fatidiche “riforme” necessarie per dare una svolta al mondo del pallone.
Per trovare idee non bisogna andare molto lontano: basterebbe recuperare dal cestino l’impressionante programma da 900 pagine redatto da Roberto Baggio, il “divin codino”, preparato nel lontano 2011 quando venne nominato presidente del Settore Tecnico della Federazione su proposta dell’allora presidente Giancarlo Abete in accordo col presidente dell’Aiac Renzo Ulivieri.
TOTO SCHILLACI ROBERTO BAGGIO - ITALIA 90
Un documento messo a punto dopo un altro clamoroso fallimento della Nazionale, quello del Mondiale 2010 in Sudafrica, quando gli Azzurri guidati da Marcello Lippi uscirono nel girone con Paraguay, Slovacchia e Nuova Zelanda racimolando soltanto due punti.
Un programma sostanzialmente rimasto lettera morta per l’immobilismo dei vertici della Federazione che lo avevano chiamato per dare una svolta al Settore Tecnico, come denunciato dallo stesso Baggio due anni dopo, nel 2013, quando in una intervista al Tg1 annunciò le sue dimissioni.
gabriele gravina giancarlo abete
“Non mi è stato permesso di lavorare – dichiarò Baggio – il mio programma di 900 pagine è rimasto lettera morta. Ne traggo le conseguenze, non sono più disponibile ad andare avanti”. Nel corso dell’intervista al Tg1, Baggio spiegò i motivi alla base della sua decisione, giustificando anche le sole 3 presenze in 23 riunioni del Consiglio Federale: “Non avevo diritto di voto e ho capito che era inutile stare ad assistere a riunioni che nulla avevano a che fare con il mio incarico di presidente del settore tecnico. Faccio un esempio: quando abbiamo presentato il progetto, abbiamo fatto cinque ore di anticamera e abbiamo avuto un quarto d’ora per presentarlo. È stato approvato, sono stati stanziati 10 milioni, e sono grato al presidente Abete. Ma purtroppo al momento non ho ricevuto i fondi, e tutto è rimasto sulla carta”.
Nel dire addio al suo incarico nella Federazione, Baggio ricordò che al suo programma avevano lavorato 50 persone per un anno,. L’obiettivo: “Rinnovare dalle fondamenta la formazione di chi insegna calcio ai bambini e a i ragazzi con l’obbiettivo di crescere buoni calciatori ma soprattutto buoni uomini”, perché “oggi più che mai l’etica e i valori devono diventare i punti fondamentali nell’educazione e nell’insegnamento anche nel calcio”.
In particolare il piano Baggio prevedeva una divisione dell’Italia “calcistica” in 100 distretti, con 3 allenatori federali ciascuno: l’obiettivo era quello di visionare 50mila partite all’anno e scovare così i talenti migliori.
Ma fondamentale era anche il rapporto “quotidiano” con i settori giovanili e che la filiera fosse “informatizzata”, con la creazione di un enorme database multimediale in cui fossero presenti esercitazioni, test e partite filmate e catalogate. L’obiettivo era quello di portare i ragazzini, i calciatori del domani, a giocare con un imperativo: il “rapporto con la palla”, curare dunque l’aspetto tecnico.
All’epoca Abete nel commentare le dimissioni di Baggio sottolineò il fatto che il progetto presentato dal “divin codino” fosse rimasto ‘sulla carta non per volere della Figc: “Il progetto elaborato con l’ausilio di consulenti esterni – aveva raccontato il numero uno della Federcalcio – era stato discusso in Consiglio federale e modificato: in principio era finalizzato allo scouting di calciatori, ma quello spetta al Club Italia e ad Arrigo Sacchi. A Baggio spettava la formazione dei tecnici.
Il Consiglio federale ha concordato le modifiche e stanziato i soldi, che ci sono e non sono un problema. Ma poi era il settore tecnico a dover dare seguito, con la Lega Dilettanti, per la nascita di centri federali in tutte le regioni. E invece si è fermato lì, non ha fatto il secondo passo. Evidentemente per una scelta di Baggio”.
2 - IL PIANO SEGRETO DI ROBERTO BAGGIO PER RILANCIARE LA FIGC
GianMarco Marchini per https://www.quotidiano.net del 25 novembre 2017
Il genio vede la giocata prima degli altri. «La missione è ridare centralità alla formazione tecnica, ma anche morale, dei giovani calciatori» con lo scopo di arrivare «a un nuovo sistema di scouting sul territorio e alla rivisitazione dell’attività formativa dei settori giovanili».
Firmato Roberto Baggio. Il documento redatto dall’ex Divin Codino - ‘Nuove attività del settore tecnico di Coverciano’- porta una data che fa strabuzzare gli occhi: 10 dicembre 2010. Sette anni fa - sette - lui, il Roby nazionale, aveva proposto una cura per un movimento calcistico uscito pochi mesi prima con le ossa rotte dal mondiale sudafricano: il 24 giugno, irriso dalla Slovacchia, il Lippi-bis finiva con l’onta dell’ultimo posto nel girone; il 2 agosto l’allora n.1 della Figc Abete nominava Baggio a capo del Settore Tecnico. Neanche tre anni dopo, quel rapporto vedeva già i titoli di coda.
«Non mi è stato permesso di lavorare – spiegava l’ex Pallone d’Oro –. Il mio programma di 900 pagine è rimasto lettera morta. Non amo occupare le poltrone, ma fare le cose, quindi a malincuore lascio». Pazienza, dissero dai palazzi del potere, sollevati dall’essersi liberati di un personaggio scomodo, convinti di poter mangiare ancora sui resti del banchetto 2006.
E, invece, pochi mesi dopo, l’Italia di Prandelli si arrendeva all’Uruguay: ancora fuori ai gironi. Toccato il fondo? Macchè, abbiamo scavato fino alla Svezia. Sarebbe servito «mettersi in discussione» quand’era l’ora, conditio sine qua non posta da Baggio in quella prima pagina. Nel suo piano, il ruolo del Settore Tecnico doveva prevedere una supervisione capillare di tutto il territorio: aveva diviso l’Italia in 100 distretti, con 3 allenatori federali ciascuno: obiettivo «visionare 50mila partite l’anno». Fondamentali l’interazione «quotidiana» con i settori giovanili e la creazione di un grande database multimediale: esercitazioni, test e partite filmate e catalogate. Dissero che Baggio aveva pestato i piedi agli altri perché sconfinava troppo dalla sua zona. E’ quello che fanno i geni, ma in Italia i giardini privati hanno staccionate molto alte.
Al punto 1 del documento bistrattato («quando lo presentammo ci fecero fare 5 ore di anticamera per poi lasciarci parlare 15’»), si evidenziava subito l’esigenza di dotarsi di «strutture sportive adeguate»: «un centinaio» di centri federali, suggeriva. Tavecchio ne ha messi in piedi appena 30, al costo di 9 milioni e per essere sfruttati 3 giorni al mese.
Roby aveva studiato un sistema articolatissimo, quasi pignolo: costante raccolta dati, monitoraggio a livello periferico, formazione di istruttori federali che avessero una laurea, un passato professionistico e buone qualità educative.
E ancora: creazione di un gruppo di studio permanente (ricercatori federali e stagisti universitari) in costante contatto con gli uomini di campo. Per i ragazzini - manco a dirlo - l’imperativo era il «rapporto con la palla»: e tutti i giovani andavano sottoposti a «test misti», fisici e tecnici, perché «quelli solo fisici sono totalmente avulsi dal contesto di gioco». Il concetto chiave è l’individuazione e la crescita del talento»: indispensabile, visti i tempo, che tutta la filiera fosse «informatizzata». Pagine piene di innovazione. Era il 2010. E già eravamo indietro secoli con la concorrenza.
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