
AVEVA RAGIONE LUTTWAK: IN ITALIA I LEADER PERDONO E NON SI DIMETTONO – GIAN ANTONIO STELLA: “PERCHÉ MAI STUPIRSI SE MAURIZIO LANDINI, A CHI GLI CHIEDEVA SE AVESSE IPOTIZZATO DI DARE LE DIMISSIONI DOPO LA BOTTA REFERENDARIA, HA RISPOSTO TESTUALE “NON CI PENSO PROPRIO” SEGUITO A RUOTA, AHI AHI, DA ELLY SCHLEIN, GIUSEPPE CONTE, NICOLA FRATOIANNI E ANGELO BONELLI SODDISFATTI DI QUEL 30% PRESO INSIEME 20 PUNTI SOTTO IL QUORUM. MA UN PO’ DI AUTOCRITICA? È TROPPO?”
Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera” - Estratti
«Di più non potevano fare», disse il mitico Tony Langkilde, il commissario tecnico della nazionale delle Samoa Americane sperdute nel Pacifico a 4.180 chilometri dalle isole Hawaii a loro volta sperdute a 3.900 chilometri dalla California. Certo, aveva perso 31-0 (record di tutti i tempi) nella partita di qualificazione ai Mondiali del 2002 contro l’Australia, il cui bomber Archie Thompson era riuscito a segnare 13 gol (uno ogni 7 minuti scarsi) destinati a restare nella storia del football.
Ma come poteva quel povero allenatore reggere l’urto degli australiani con una squadra di ragazzini raccattata tra quelli che quel giorno potevano assentarsi da scuola? Va da sé che non pensò neppure alle dimissioni.
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Perché mai stupirsi dunque se Luciano Spalletti ha spiegato che no, se proprio non gli fossero state imposte, lui non avrebbe dato le dimissioni per la disastrosa sconfitta per 3-0 in Norvegia dopo una serie di gare mediocri o pessime? O se Maurizio Landini, a chi gli chiedeva se avesse ipotizzato di dare le dimissioni dopo la botta referendaria, ha risposto testuale «non ci penso proprio»?
Seguito a ruota, ahi ahi, da Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli soddisfatti di quel 30% preso insieme 20 punti sotto il quorum, sventolando battaglie criticate non da muscolari manganellatori fascisti ma da uomini di salda storia progressista come Pietro Ichino e Tito Boeri?
Grazie a Dio son passati i tempi in cui a sinistra qualcuno era chiamato, come alla scuola di partito delle Frattocchie, a fare la «kista» («maieutica dell’autocritica non socratica» centrata «nell’autoconfessione spietata, nel narrare la propria vita al negativo, attraverso uno schermo autocritico scatenato per cui si scovavano, nella mente e nel cuore, le deviazioni più balorde... ») descritta da Maria Antonietta Macciocchi che ci era passata. Né alcuno chiede umiliazioni tipo quella pretesa nel 1920 da certi operai d’una fabbrica sovietica a Tula: «Io sottoscritto, cane puzzolente e criminale, mi pento...». Ma un po’ di autocritica? È troppo?
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maurizio landini angelo bonelli elly schlein assemblea europa verde foto lapresse
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