IL DECLINO TEDESCO È UN SUICIDIO ASSISTITO: NON È COLPA DEGLI STATI UNITI E DELLA CINA, MA DELLA MIOPIA DELLA GERMANIA DI ANGELA MERKEL - DURANTE I 16 ANNI DI GOVERNO DI ANGELONA, IL PAESE HA RIDOTTO GLI INVESTIMENTI ALLO ZERO: DECENNI DI AUSTERITÀ HANNO RIDOTTO LA LOCOMOTIVA D’EUROPA A UN TRENINO OBSOLETO - AVER CEDUTO ALLA CINA PEZZI DI INDUSTRIA E QUOTE DI MERCATO È STATA UNA FREGATURA: ORA I CINESI SI SONO PRESI IL MONOPOLIO IN SETTORI CHIAVE (VEDI AUTO E BATTERIE) – CERTO, I RISPARMI DEGLI ULTIMI ANNI GARANTISCONO UNA LEVA MULTIMILIARDARIA DA SPENDERE ADESSO, MA POTREBBE ESSERE TROPPO TARDI PER COLMARE IL RITARDO CON USA E CINA…
I CRUCCHI HANNO REGALATO IL DOMINIO INDUSTRIALE AI CINESI E ORA FRIGNANO – IL PRESIDENTE DELLA CONFINDUSTRIA TEDESCA, PETER LEIBINGER, LANCIA L’ALLARME “E' LA CRISI ECONOMICA PIÙ GRAVE DAL 1949” E PUNTA IL DITO SULLA CINA, REA DI AVER “COPIATO IL MODELLO TEDESCO”. MA DI CHI È LA COLPA, SE NON DELLA POLITICA (LEGGI: MERKEL) E DELLE IMPRESE STESSE, CHE HANNO SPALANCATO LE PORTE A PECHINO IN NOME DEL PROFITTO E DELLA GLOBALIZZAZIONE? – IL DRAGONE HA USATO GLI ULTIMI 20 ANNI PER ASSORBIRE LA TECNOLOGIA E I PROCESSI PRODUTTIVI TEDESCHI PER POI REPLICARE QUEL MODELLO SU SCALA PIÙ GRANDE E COSTI INFERIORI - ORA CHE NON HANNO PIÙ BISOGNO DEI MACCHINARI E DEL CAPITALE UMANO TEDESCO, INVADONO IL MERCATO EUROPEO CON I LORO PRODOTTI A BASSO COSTO DISTRUGGENDO CIÒ CHE RESTA DELL'INDUSTRIA UE...
QUANDO SI AMMALA LA GERMANIA
Estratto dell’articolo di Pietro Reichlin per “la Stampa”
LA FRENATA DELL ECONOMIA TEDESCA
Dopo la pandemia l'economia tedesca si è fermata. Un Pil in caduta nel 2024 e, secondo le proiezioni, in lieve crescita nel '25 e '26, come probabile conseguenza di un forte aumento della spesa pubblica.
Alcune delle principali imprese del Paese, come Volkswagen, Thyssenkrupp e Basf, annunciano licenziamenti e chiusure di impianti.
Questi dati suscitano più di una preoccupazione. La Germania è stata a lungo la locomotiva del nostro continente, contribuendo alla crescita delle economie dei Paesi vicini (tra cui l'Italia e le economie dell'Europa orientale) mediante lo scambio di beni intermedi e allungando le catene del valore.
friedrich merz alla cop30 a belem 1
Ma la questione non è solo economica: i processi di deindustrializzazione alimentano la crescita dei partiti estremisti di estrema destra (Alternative für Deutschland, ovvero Afd, ndr) e destabilizzano gli equilibri politici europei.
La domanda che si pongono gli analisti è se si tratta di un declino strutturale o un fenomeno temporaneo. La Federazione delle imprese tedesche sembra propendere per la prima ipotesi e individua nei costi dell'energia, nella concorrenza cinese, nella regolazione e nella burocrazia le cause principali, da cui deriverebbe una progressiva deindustrializzazione di un modello di specializzazione produttiva fortemente concentrata sul manifatturiero.
angela merkel presenta il suo libro in grecia.
L'analisi degli industriali tedeschi non è molto diversa da quella della Confindustria italiana e coglie elementi importanti di una transizione che sarà certamente dolorosa per le economie che hanno resistito più di altre alle grandi trasformazioni economiche avvenute negli altri paesi avanzati dell'Occidente (principalmente i Paesi anglosassoni), dove la quota di occupazione nel terziario è aumentata più rapidamente.
Ma, forse, vale la pena correggere in parte la rappresentazione degli industriali tedeschi o fornire qualche elemento aggiuntivo meno catastrofico. Per prima cosa, la perdita di occupazione nel manifatturiero in Germania non è una notizia di oggi, ma è un processo che va avanti da più di trent'anni senza impatti particolarmente negativi sull'economia.
L'occupazione nel manifatturiero è passata dal 40 al 27% dal 1990 a oggi come conseguenza dell'automazione e della delocalizzazione. Queste scelte hanno consentito di contenere i costi e rendere competitivi i prodotti esportati senza diminuire la quota di Pil che proviene dall'industria tradizionale.
In particolare, dall'inizio di questo secolo e fino al 2018, le imprese automobilistiche tedesche hanno prodotto enormi ricavi dalle esportazioni verso Usa e Cina.
Ora, la Cina ha compiuto un salto tecnologico che le consente di esportare automobili elettriche di qualità, mentre i produttori europei hanno scelto di rimandare l'abbandono del motore termico e, con ciò, la possibilità di conservare le quote di mercato nei paesi asiatici e in Sud America.
Per ragioni simili sono a forte rischio anche esportazioni di vetture verso gli Stati Uniti, dove Tesla ha fatto enormi investimenti in ricerca e sviluppo e ha offerto ai consumatori un prodotto nuovo con tecnologie molto avanzate.
La domanda naturale, di fronte a questo scenario è se, tra le cause delle difficoltà dei produttori tedeschi, non vi sia anche il fatto di non aver rischiato abbastanza e non aver visto con adeguato anticipo la necessità di investire sulle innovazioni di prodotto e su settori ad elevato contenuto tecnologico. In questo caso, gli industriali tedeschi dovrebbero fare un po' di autocritica.
Un altro fattore che contribuisce a spiegare le difficoltà della Germania e delle economie europee è la transizione demografica, cioè la perdita di forza lavoro causata dal calo delle nascite e dal pensionamento di una grande massa di lavoratori esperti. Un processo che, per la verità, colpisce molti Paesi avanzati e che può essere contenuto solo da una politica di accoglienza di lavoratori stranieri qualificati.
L'ultimo fattore da considerare è il declino del capitale infrastrutturale del Paese dovuto a decenni di austerità fiscale e, forse, alle distorsioni determinate da un sistema federale, in cui i poteri sono troppo decentralizzati. Questi problemi sono certamente seri, ma occorre ricordare che la Germania ha ancora un'economia molto solida e un sistema di relazioni industriali efficiente.
cinesi costruiscono volkswagen 2
La cooperazione tra le parti sociali aveva avuto buoni frutti con il governo Schröder nel 2005 (le riforme Hartz) e potrebbe funzionare anche nel futuro. Una visione più ottimistica rispetto a quella paventata dalla Confindustria tedesca è che la deindustrializzazione non sia altro che un'evoluzione del sistema industriale dai settori tradizionali verso settori più avanzati e meno esposti alla concorrenza internazionale, come la tecnologia farmaceutica, l'aerospazio, la difesa e i servizi avanzati. La Germania e l'Europa hanno tutte le carte per sfidare la Cina e gli Stati Uniti per il primato in questi settori senza ricorrere al protezionismo.
merkel xi jinping
cinesi costruiscono volkswagen 1
cinesi costruiscono volkswagen 3
donald trump xi jinping angela merkel mauricio macri malcolm turnbull
xi jinping merkel juncker macron
emmanuel macron friedrich merz. foto lapresse


