ORCEL NON RUSSA – UNICREDIT CEDE 34 MILIONI DI EURO DI CREDITI IN LEASING IMPIEGATI NEL PAESE DI PUTIN: È UN ULTERIORE PASSO IN AVANTI NEL PERCORSO DI USCITA PROGRESSIVA DA MOSCA. LA BANCA ITALIANA STA CERCANDO DI METTERSI AL RIPARO DALLE PERDITE FINANZIARIE E DAI RISCHI DI UNA VENDITA IN BLOCCO DELLA CONTROLLATA RUSSA (CHE POTREBBE PORTARE A UNA NAZIONALIZZAZIONE) – ALLO STESSO TEMPO, L’USCITA DAL MERCATO MOSCOVITA È CRUCIALE: È STATA UNA DELLE SCUSE CON CUI IL GOVERNO HA GIUSTIFICATO IL GOLDEN POWER SULL’OPERAZIONE BPM…
Estratto dell’articolo di Elena Dal Maso e Luca Gualtieri per “Mf – Milano Finanza”
andrea orcel commissione banche foto lapresse
Unicredit accelera sull’uscita dalla Russia attraverso cessioni mirate di asset. Il gruppo guidato da Andrea Orcel ha venduto alla società russa Pr-Leasing quasi tutto il credito in leasing impiegato nel Paese per un controvalore di 3 miliardi di rubli, pari a 34 milioni di euro. La parte rimanente dello stock verrà rimborsata a breve.
L’operazione si incardina nel percorso di progressiva exit del gruppo dalla Russia, dal settore retail nello specifico entro il primo semestre 2026.
Da quando è iniziata la guerra con l’Ucraina, ha ricordato lo stesso Orcel nella recente audizione alla Commissione Banche, «avevamo circa il 6% dei nostri prestiti e dei nostri depositi in Russia.
Se si passa rapidamente a oggi, abbiamo lo 0,2% dei nostri prestiti e lo 0,2% dei nostri depositi. […] Abbiamo circa 700 milioni in prestiti, di cui 4.500 sono mutui. Altri 200 milioni probabilmente diminuiranno e poi si fermeranno lì e non li rinnoviamo».
Unicredit insomma sta procedendo con un deciso deleveraging, seguendo l’esempio del competitor Intesa Sanpaolo, come ieri evidenziava il quotidiano Kommersant.
[…] La strategia di Unicredit potrebbe mettere il gruppo al riparo dalle perdite finanziarie e soprattutto dai rischi legali derivanti dalla vendita in blocco della controllata. In questo secondo caso infatti il venditore deve accettare uno sconto di almeno il 60% rispetto al prezzo di mercato dell’asset e versare in aggiunta un contributo al bilancio russo pari al 35% del valore dell’asset venduto, la cosiddetta exit-tax.
Lo scopo è duplice: rimpinguare le casse dello Stato e penalizzare ulteriormente i Paesi della Nato in risposta alle sanzioni. Gli accordi da un valore superiore a 50 miliardi di rubli hanno poi bisogno dell’approvazione personale del presidente Vladimir Putin.
Oltre ai costi, il processo di vendita non è esente da rischi di natura legale. In certi casi il Cremlino può equiparare la exit di una grande banca a una liquidazione non ordinata e, con la scusa di scongiurare contraccolpi sistemici, nazionalizzare preventivamente l’istituto in questione.
Ciò nonostante negli ultimi anni la banca italiana ha più volte sondato la vendita in blocco della controllata. Come ricostruito da MF-Milano Finanza, dopo le discussioni con il fondo Mubadala, prima dell’estate tre società degli Emirati Arabi (Asas Capital, Mada Capital e Inweasta) hanno presentato un’offerta per l’acquisizione di Unicredit Bank, ma le discussioni non hanno poi portato a concretizzare la compravendita dell’asset.
L’intenzione di Orcel rimane di «eliminare completamente» la controllata entro fine 2026.
Prosegue nel frattempo il deflusso dei manager da Unicredit Bank. Ultimo in ordine di tempo a lasciare l’istituto è stato il presidente del consiglio di gestione Kirill Zhukov-Emelyanov, che lavorava nella banca da oltre 20 anni e la guidava da cinque. Al suo posto è stato nominato ad interim Alexey Oborin, consigliere e responsabile delle attività finanziarie.
ANDREA ORCEL UNICREDIT
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pierantonio zanettin andrea orcel senato, commissione parlamentare sulle banche foto lapresse



