
“L’AMMONIMENTO DI GROSSMAN È GIUSTO, MA MI OPPONGO ALL’USO DEL TERMINE GENOCIDIO” – LILIANA SEGRE RISPONDE ALLO SCRITTORE ISRAELIANO CHE, DAVANTI IL MASSACRO QUOTIDIANO A GAZA, AVEVA USATO IL TERMINE DELLA DISCORDIA: “QUANDO SI ARRIVA AD AFFAMARE UNA POPOLAZIONE IL RISCHIO DI ARRIVARE ALL'INDICIBILE ESISTE. È STRAZIANTE PER ME VEDERE ISRAELE SPROFONDATO IN UN SIMILE ABOMINIO, CON ALCUNI MINISTRI FANATICI CHE, CON GLI OCCHI FUORI DALLE ORBITE, GRIDANO PROPOSITI DI VIRULENTA DISUMANITÀ, OPPURE CON GRUPPI DI COLONI CHE COMPIONO VERGOGNOSE AZIONI SQUADRISTICHE AI DANNI DI PALESTINESI INERMI IN CISGIORDANIA. MA NON DOBBIAMO PERMETTERE CHE CHI HA SENTIMENTI ANTISEMITI USI E MANIPOLI LA PAROLA GENOCIDIO…”
Estratto dell'articolo di www.rainews.it
“Quello di Grossman è un ammonimento giusto perché, quando si arriva ad affamare una popolazione - per quanto le responsabilità siano condivise con Hamas (e anche questo Grossman lo dice) - il rischio di arrivare all'indicibile esiste. Ed è veramente straziante per me vedere Israele sprofondato in un simile abominio, con alcuni ministri fanatici che, con gli occhi fuori dalle orbite, gridano propositi di virulenta disumanità, oppure con gruppi di coloni che compiono vergognose azioni squadristiche ai danni di palestinesi inermi in Cisgiordania”. Così la senatrice a vita Liliana Segre, in un'intervista a ‘La Repubblica’, commenta le parole dello scrittore israeliano David Grossman.
“Anche Grossman, con la sua eccezionale sensibilità, avverte il pericolo dell'uso strumentale e parossistico dell'anatema ‘genocidio’ che fin dal giorno successivo al 7 ottobre viene fatto qui in occidente. E infatti dice “Dobbiamo trovare il modo per uscire da questa associazione fra Israele e il genocidio.
Prima di tutto, non dobbiamo permettere che chi ha sentimenti antisemiti usi e manipoli la parola genocidio” - aggiunge - Se in Israele il problema è quello di arrestarsi sull'orlo dell'abisso, qui in Europa il problema è duplice: aiutare israeliani e palestinesi che in quell'abisso rischiano di sprofondare, ma al tempo stesso non far dilagare qui la barbarie culturale che un acritico arruolamento su uno o sull'altro dei due fronti più estremi sta producendo. Per questo mi sono sempre opposta e continuo a oppormi a un uso del termine genocidio che non ha nulla di analitico, ma ha molto di vendicativo.
È uno scrollarsi di dosso la responsabilità storica dell’Europa, inventando una sorta di contrappasso senza senso, un ribaltare sulle vittime del nazismo le colpe dell'Israele di oggi dipinto come nuovo nazismo”.
“Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: ‘genocidio’. Ma adesso non posso trattenermi dall'usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì” aveva dichiarato in un'intervista a ‘La Repubblica’ lo scrittore israeliano David Grossman. “Anche solo pronunciare questa parola, ‘genocidio’, in riferimento a Israele, al popolo ebraico: basterebbe questo, il fatto che ci sia questo accostamento, per dire che ci sta succedendo qualcosa di molto brutto. Voglio parlare - prosegue Grossman - come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno stato genocida”.
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“E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. Genocidio. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza”, dice l'autore di romanzi di successo come ‘A un cerbiatto somiglia il mio amore’, ‘La vita gioca con me’, ‘Qualcuno con cui correre’, nonché di libri per bambini come ‘Le avventure di Itamar’ e di saggi, come ‘Un popolo invisibile. I Palestinesi d'Israele’.
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