
“NON SIAMO ANIMALI INVISIBILI DIETRO LE SBARRE” – DIETRO IL FUGONE DELLE 5 MONACHE DI CLAUSURA, SCAPPATE DAL MONASTERO CISTERCENSE DI SAN GIACOMO DI VEGLIA, IN PROVINCIA DI TREVISO, C’È UNO SCONTRO GENERAZIONALE: LE RIBELLI LAMENTANO DI “SENTIRSI SOFFOCARE” DA QUANDO LA LORO GIOVANE BADESSA, CHE VOLEVA APRIRE IL MONASTERO AL MONDO, È STATA MANDATA VIA – DA DUE ANNI LA COMUNITÀ È STATA COMMISSARIATA, SCATENANDO IL MALCONTENTO DELLE RIBELLI CHE HANNO DENUNCIATO PRESSIONI PSICOLOGICHE: “LE CONSORELLE ANZIANE NON CI PERDONANO LE FOTO DENTRO IL MONASTERO, I WHATSAPP E…”
Estratto dell'articolo di Giampaolo Visetti per "la Repubblica"
Solo un occhio si sporge dalla fessura della duecentesca ruota lignea, nella portineria del monastero cistercense di San Giacomo di Veglia, dedicato ai santi Gervasio e Protasio. «Vada in curia — intima la voce di una sorella — qui notizie non ne abbiamo. Preghiamo perché tra noi possano tornare pace e armonia». Urgono suppliche: cinque monache di clausura da mercoledì sono in fuga dal convento, rifugiate ora in un alloggio gentilmente offerto da un’associazione di volontariato «in una località segreta del Coneglianese».
Prima di «mettersi al sicuro», come ha detto al Gazzettino la più giovane delle suore ribelli, sosta dagli increduli carabinieri di Vittorio Veneto: tanto per «evitare che le consorelle denuncino la nostra scomparsa e vi mandino a riprenderci, scatenando l’allarme». Inesperte del mondo, come vuole la regola di Benedetto: invece di silenziare il pio scontro, hanno fatto esplodere il mondano scandalo e la fuga per la libertà delle monache trevigiane minaccia ora di turbare perfino la divina serenità dell’imminente
Conclave vaticano.
L’ultima goccia di uno tsunami che monta dal 2023, proprio il lunedì di Pasquetta, poche ore dopo la morte di Papa Francesco. Al portone del monastero bussa la commissione pontificia inviata dal Dicastero per gli istituti della vita consacrata. Nelle mani, il decreto di commissariamento della comunità, 23 monache di clausura e quattro postulanti ospitate nella foresteria. Poche righe per congedare la badessa Aline Pereira Ghammachi, economista arrivata dal Brasile: nel 2018, a 34 anni, fece rumore nella Chiesa per essere diventata la più giovane reggente di un convento italiano.
«Dopo una visita apostolica — spiega la nota vaticana — avendo verificato la permanenza di alcune situazioni di criticità relative al servizio dell’autorità e ai rapporti interni, è stata disposta la nomina di una commissaria pontificia e di due consigliere». A normalizzare il monastero, sopravvissuto a Napoleone, agli Asburgo e alle occupazioni militari delle due Guerre mondiali, ci sta provando invano la nuova madre superiora Martha Driscoll, 81 anni, richiamata dall’Indonesia e già a capo del convento romano delle Acque Salvie: con lei madre Luciana Pellegatta, prelevata dall’abbazia di Cortona, e la psicologa Donatella Forlani, dell’ateneo pontificio Antonianum. «Dal loro arrivo — denuncia una delle suore scappate — il clima è diventato insopportabile. Sono due anni che ci sottopongono a forti pressioni morali e psicologiche. Ci sentiamo soffocate, hanno distrutto una pace durata mezzo secolo».
aline pereira ghammachi papa francesco
Scintilla dello scontro, la lettera di quattro consorelle inviata a Papa Francesco. Due anni fa denunciava madre Aline, accusandola di «autoritarismo, percosse, violazioni della clausura, atteggiamenti manipolatori, incapacità decisionale» e di una spiccata attrazione per gli affari. «Si è messa subito a vendere e a comprare — dice chi le è stato vicino — a voler ristrutturare la vecchia barchessa per affittarla come centro congressi, a piantare vigne e a vendere vino alle feste del Prosecco, a dire che il monastero non è una gabbia e che va aperto. La rotta di collisione con la Curia è stata inevitabile».
La sentenza di due ispezioni papali, disposte da Francesco, è stata chiara: «Accuse false e infondate». Conseguenze: le quattro accusatrici della badessa sono state trasferite in altri conventi e l’ex vescovo Corrado Pizziol, che pure aveva aperto un centro per convegni, ha accettato di diventare missionario proprio in Brasile. Il nuovo pastore, Riccardo Battocchio, sarà consacrato a fine maggio e tutto avrebbe desiderato fuorché cominciare dalla grana delle suore ribelli […]
papa francesco con le suore nel 2024
A tentare la mediazione tocca nel frattempo a Mauro Giuseppe Lepore, abate generale dell’ordine cistercense. Obbiettivo: impedire che le monache fuggite riescano ad ottenere, come richiesto, la dispensa dai voti e il permesso di rompere per sempre la clausura. Proprio la rivendicazione di “maggiore libertà” e di “un’apertura del convento al mondo esterno” — filtra dalle celle monastiche — è all’origine di uno scontro anche generazionale.
«Le consorelle anziane — aveva confidato la giovane badessa cacciata — non ci perdonano le foto dentro il monastero, i whatsapp settimanali ai famigliari, un’interpretazione comprensiva delle uscite individuali, la voglia di finanziarci con i prodotti del nostro lavoro».
Creme, tisane, estratti di aloe, miele, ricami, olio, ma soprattutto vino. Per le suore più anziane, in silenzio causa improvvisi «esercizi spirituali» anche l’ora et labora ha un limite: si chiama prosecco e nel trevigiano si trasecola all’idea che promuoverlo, velo o non velo, possa essere considerato un «peccato da espiare». «La nostra missione — dice la badessa destituita, a Milano per cure successive al tumore che l’ha colpita due anni fa — resta pregare e lavorare. Ma siamo suore “cor-orans”, non animali invisibili dietro le sbarre».
A difenderla le cinque in fuga, tra le quali alcune in clausura da un quarto di secolo. «Costrette ad andarcene — dicono — in uno stato di necessità determinato da gravi vicissitudini».
Dopo il commissariamento del monastero, annunciato il Venerdì Santo, una prima definizione della commissione pontificia c’è già: «Le suore fuggite sono state plagiate». […]