AVEVA RAGIONE PAOLO BORSELLINO: IL TRIBUNALE DI PALERMO ERA UN COVO DI VIPERE - IL PROCURATORE DI CALTANISSETTA SALVATORE DE LUCA, DAVANTI ALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE ANTIMAFIA, NON HA SOLO TUMULATO LA "PISTA NERA" NELLE STRAGI DEL 1992: PER IL PM, IL FAMOSO “DOSSIER MAFIA-APPALTI” SAREBBE UNA DELLE CONCAUSE DELLA MORTE DI BORSELLINO E FALCONE - MA PRIMA DELLE STRAGI, SI SONO VERIFICATE DUE “PRECONDIZIONI” ALL’INTERNO DEL PALAZZO DI GIUSTIZIA DI PALERMO: L’ISOLAMENTO DEI DUE MAGISTRATI E LA LORO SOVRAESPOSIZIONE AD OPERA DI ALTRI COLLEGHI. IN PRIMIS IL PROCURATORE PIETRO GIAMMANCO E…
Estratto dell’articolo di Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"
Tre ore per riassumere tre anni d’indagini, e non sono bastate. Il primo capitolo dell’audizione del procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca davanti alla commissione parlamentare Antimafia, a consuntivo dei diversi filoni d’inchiesta riavviati sulle stragi del 1992, s’è chiuso aprendo nuovi interrogativi e nuovi sospetti sull’isolamento subito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino alla Procura di Palermo nei mesi che precedettero le bombe di Capaci e via D’Amelio. E dunque sul palazzo dei «veleni» tante volte raccontati negli ultimi trent’anni, e che ora tornano a scorrere nella ricostruzione dei nuovi inquirenti.
giovanni falcone paolo borsellino
In sintesi De Luca, che in quel palazzo lavorò da giovane pm proprio nel periodo a cavallo delle stragi, ha spiegato che il famoso «dossier mafia-appalti» (redatto dai carabinieri del Ros e archiviato dalla Procura, che solo in seguito riaprì le indagini sulla base di nuovi elementi) sarebbe una delle concause della morte di Borsellino. Anzi, è quella su cui sono stati raccolti «molteplici e più concreti indizi», anche per quanto riguarda l’uccisione di Falcone.
PAOLO BORSELLINO - PIETRO GIAMMANCO
Ma prima si sono verificate due «precondizioni» delle stragi, all’interno del Palazzo di giustizia di Palermo: l’isolamento dei due magistrati e la loro sovraesposizione. Ad opera di altri colleghi. In primo luogo il procuratore dell’epoca, Pietro Giammanco, morto nel 2018, e al suo fianco altri protagonisti dell’Antimafia di allora e dei decenni successivi.
Chiamati in causa a vario titolo da De Luca: Giuseppe Pignatone e Gioacchino Natoli (entrambi indagati per il presunto insabbiamento di una costola di «mafia-appalti», dunque un ipotetico favoreggiamento commesso 33 anni fa), Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato (oggi senatore dei Cinque Stelle e componente della commissione) che indagati non sono ma ebbero un ruolo nella gestione di quel fascicolo.
giovanni falcone paolo borsellino
Tutto (o quasi) ciò che la maggioranza di centrodestra voleva sentirsi dire è stato detto, e non è un caso che a fine seduta i commissari di Fratelli d’Italia e Forza Italia esultino per la versione di De Luca, il quale ha pure annunciato che la «pista nera» con cui s’immaginava il coinvolgimento nelle stragi dell’ex leader di Avanguardia nazionale Stefano Delle Chiaie sul piano giudiziario «vale zero spaccato».
Ne resta un’altra, sempre in ambito neofascista, ma non se ne può parlare perché i pm la stanno ancora battendo.
Per il resto, è tutto un atto d’accusa contro la Procura guidata da Giammanco, che aveva persino parentele mafiose ed era amico dell’ex presidente della Regione democristiano Mario D’Acquisto, a sua volta vicinissimo a Salvo Lima […]
E il fatto che nel 1993 (dopo l’addio di Giammanco all’indomani di via D’Amelio, a seguito della rivolta dei pm capeggiati proprio da Scarpinato) l’indagine riprese vigore «è la dimostrazione che nel ’92 non si fece quello che andava fatto». A quel fascicolo, accusa De Luca, Pignatone «non si sarebbe dovuto nemmeno avvicinare», dal momento che alcuni imprenditori coinvolti (Bonura, Buscemi e Piazza) erano i titolari dell’immobiliare che aveva venduto quasi un intero palazzo alla famiglia del magistrato, a prezzi di favore.
giovanni falcone paolo borsellino
Il procuratore cita le tesi difensive di Pignatone, ma sottolinea che le ombre restano. E denuncia che Natoli «mentì al Csm» nel ’92, quando disse di non avere conoscenza «diretta né indiretta» delle frizioni tra Giammanco e Falcone.
Inoltre, con i loro comportamenti «inopportuni» Giammanco e Pignatone avrebbero contribuito alla sovraesposizione dei due magistrati uccisi da Cosa Nostra. Come? Il «chiacchiericcio» interno a Cosa Nostra che fossero «malleabili» o avvicinabili sul piano giudiziario era irrilevante, ma li contrapponeva a Falcone e Borsellino che invece erano «inflessibili e incorruttibili». Dunque — sostiene De Luca — i mafiosi possono avere pensato «eliminiamo questi e con gli altri non avremo problemi».
Dopodiché, il principale indizio che Borsellino non si fidava di Natoli e Lo Forte sta nel fatto che quando il pentito Gaspare Mutolo gli parlò, fuori verbale, delle collusioni con la mafia dell’allora pm Domenico Signorino e del super poliziotto Bruno Contrada, lui non lo riferì a loro che erano co-titolari dell’indagine, bensì ad altri due magistrati. «Questo è il massimo atto di sfiducia che Borsellino […]», scandisce il procuratore.
PAOLO BORSELLINO - PIETRO GIAMMANCO
Pietro Giammanco paolo borsellino
Salvatore De Luca
Stefano Delle Chiaie
gioacchino natoli 8
giuseppe pignatone 8
Salvatore De Luca


