1- CONFINDUSTRIA? CI PENSA TREMONTI! SEMBRA CHE GIULIETTO STIA PER CONVOCARE I BOSS DELLE CINQUE AZIENDE PUBBLICHE CONTROLLATE DAL TESORO, CHE VERSANO 20 MILIONI DI EURO A CONFINDUSTRIA, PERCHÉ AVREBBE INTENZIONE DI CHIEDERE IL NOME DI UN CANDIDATO “FORTE” (NO SQUINZI) PER CONTRASTARE LO SMONTEZEMOLATO BOMBASSEI 2- GRILLI “BRUCIATO” DA UNO-DUE-ICTUS BOSSI. SACCOMANNI, MERCE DI SCAMBIO TRA BERLUSCONI E NAPOLITANO? GODE BINI SMAGHI (È LUI LA TALPA CHE HA SVELATO A DE BORTOLI DI UNA SECONDA LETTERA CHE LA BCE AVREBBE INTENZIONE DI SPEDIRE ALL’ITALIA?) 3- NELLA GALLERIA DEI COLLEZIONISTI DI POLTRONE FRANCO BASSANINI STA PRIMEGGIANDO 4- DOPO L’INCONTRO-SCONTRO CON BANCA D’ITALIA, SINDACATI E “AMICI DELLA BIPIEMME”, SI DÀ PER SCONTATO CHE PONZELLINI ABBIA CHIUSO LA SUA CARRIERA DI BANCHIERE

1 - CONFINDUSTRIA? CI PENSA TREMONTI

Luigino Abete ha ripreso a sudare. Chi ha incontrato in questi giorni l’ex-tipografo e banchiere ha notato sul volto i segni di una grande sofferenza per ciò che sta avvenendo in Confindustria.

Se c’è una carica che il 64enne romano ha ricoperto con onore, questa è stata proprio la presidenza negli anni ’92-96 quando è riuscito a stabilire con i sindacati un clima di concordia e lasciarsi alle spalle un ottimo ricordo. Adesso qualcuno pensa che Luigino soffra per le vicende di Bnp Paribas, la banca francese che controlla la BNL di cui è presidente, ma in realtà lo sforzo che trasuda è legato alla ricerca di una soluzione dopo la rottura clamorosa tra Fiat e Confindustria.

Sullo sfondo c’è la successione alla Marcegaglia che deve assistere impotente all’effetto- Marpionne e all’uscita delle imprese dall’Associazione. Due giorni fa se ne è andata la Cartiere Pigna, ieri è stata la volta del Gruppo Gallozzi, uno dei più grandi operatori nel trasporto marittimo, e nessuno ha scritto che anche HP, colosso dell’informatica, è uscito venerdì scorso. Di questo passo si può immaginare che l’emorragia continui indebolendo sempre di più la rappresentanza e le casse di viale dell’Astronomia.

A Luigino non piace immaginare che la storia centenaria di Confindustria si chiuda in questo modo, ma troppo forti sono i legami con Luchino di Montezemolo e il suo compagno di merenda Della Valle per potersi muovere in autonomia. Questi personaggi ritengono essenziale per la loro strategia mettere sulla poltrona degli industriali un loro candidato. Finora le indicazioni prevalenti portano a indicare nel debole Giorgio Squinzi e nel falco Bombassei gli unici nomi in lizza per la successione alla signora di Mantova.

L’ex-tipografo romano è realista e sa che allo stato attuale le carte migliori le ha Bombassei sostenuto da quella Fiat, che a dispetto di ciò che balbetta Yaki Elkann, sarebbe anche pronta a rientrare in Confindustria se si affermasse una linea funzionale ai suoi interessi. Luigino non ha accantonato l’idea di mediare tra il picconatore Della Valle e il temporeggiatore Montezemolo in modo da trovare lo spazio per infilarsi come terzo nome nell’alternativa tra Squinzi sostenuto dalla Marcegaglia e Bombassei appoggiato dalla Fiat. Lo statuto di Confindustria impedisce che lo stesso presidente possa esercitare più di due mandati consecutivi, ma non c’è scritto da nessuna parte che chi, come Abete, è stato presidente dopo un intervallo occupato da altri personaggi, possa rientrare al vertice dell’Associazione.

Purtroppo c’è una novità dell’ultima ora che rischia di scombinare questo progetto e di mettere in crisi anche le altre candidature. Sembra infatti che Giulietto Tremonti, già impegnato nella battaglia per la Banca d’Italia, stia puntando i riflettori anche sul futuro di Confindustria. L’idea che circolava ieri sera al ministero dell’Economia consiste in un pressing molto forte che il ministro vorrebbe fare nei confronti delle aziende pubbliche controllate dal Tesoro che a partire dal 2000 hanno aderito a Confindustria.

A questo proposito c’è chi parla di un’imminente convocazione che Giulietto starebbe per fare di Scaroni, Conti, Guarguaglini, Moretti, Sarmi e Cattaneo. A questi personaggi che con i contributi delle loro aziende contribuiscono per circa 20 milioni di euro al bilancio di Confindustria, Tremonti non intenderebbe chiedere di sbattere la porta come ha fatto Marpionne. La sua idea – a quanto si dice – è più sottile e perfida perché avrebbe intenzione di chiedere il nome di un candidato diverso da quelli in circolazione. Abete compreso.

2 - GRILLI “BRUCIATO” DA UNO-DUE-ICTUS BOSSI. SACCOMANNI, MERCE DI SCAMBIO TRA BERLUSCONI E NAPOLITANO? GODE BINI SMAGHI

Gli uscieri della Banca d’Italia dicono che ai piani alti di Palazzo Koch l’aria si taglia con un coltello.

L’irritazione nei confronti del Presidente Patonza che proprio stamane ha rimandato al 1° novembre la designazione del nuovo Governatore, fa venire pensieri nerissimi. I fedeli collaboratori di Saccomanni cominciano a dubitare che il loro direttore possa indossare la casacca di Governatore al prossimo G20 che si terrà a Cannes il 3-4 novembre dove oltre ai capi di Stato sono attesi i ministri dell’Economia e i responsabili della banche centrali.

La sensazione prevalente è che i due uomini in pole position, Saccomanni e Grilli, stiano uscendo dal gioco. Il pallido Grilli è segato dal francobollo padano e milanese che gli viene appiccicato ogni volta che Bossi apre bocca. Per Saccomanni il discorso è più complesso e non del tutto archiviato, ma si sta facendo strada l’idea che Berlusconi voglia usarlo come merce di scambio per le sue trame politiche. In questo caso il mercanteggiamento avverrebbe sull’asse Palazzo Chigi-Quirinale dove il Cavaliere vorrebbe negoziare la sua strategia dei prossimi mesi tagliando corto ad ogni governo di transizione e puntando tutte le carte sulle elezioni nel 2012.

Dove porti questo eventuale scambio nessuno è in grado di dirlo, nemmeno i sondaggisti di fiducia di Berlusconi che gli hanno consegnato un volume di 240 pagine sulle intenzioni degli italiani. Resta il fatto che il tandem Saccomanni-Grilli rischia di essere archiviato e a godere più di tutti per questa situazione è certamente Lorenzo Bini Smaghi, che vuole vendere cara la pelle prima di staccarsi dalla poltrona della BCE. Qualcuno gli attribuisce un attivismo frenetico, e addirittura la paternità della notizia rivelata ieri da Flebuccio De Bortoli sul “Corriere della Sera” in cui si leggeva di una seconda lettera che la BCE avrebbe avuto intenzione di spedire all’Italia per metterla in riga dopo la prima reprimenda (pubblicata integralmente proprio dal giornale di via Solferino).

Gli uscieri di via Nazionale pensano che queste notizie sulle lettere, scritte e inedite in partenza da Francoforte, siano state infilate nelle orecchie di De Bortoli dal banchiere fiorentino che nel corso dei suoi incontri internazionali avrebbe raccolto la voce di una seconda missiva all’Italia da Olin Rehn, il Commissario europeo per gli Affari Economici e Monetari.

3 - COME SIAMO CADUTI IN BASSANINI

Nella galleria dei collezionisti di poltrone Franco Bassanini, il 71enne costituzionalista milanese, sta primeggiando.

Per quest’uomo che è stato ministro della Funzione Pubblica, ha pubblicato 18 libri e 300 articoli e si porta alle spalle un’esperienza nel Partito Socialista conclusa con l’espulsione nel 1981, gli incarichi si stanno accumulando in maniera vertiginosa.

Ieri mattina si è tenuto il Consiglio direttivo di Assonime e alla presenza di personaggi come Gilberto Benetton, Guarguaglini, Nicastro, Perissirotto, Romiti e Bernabè, è stato deciso di affidare a Bassanini il coordinamento di un gruppo di lavoro sulle modifiche costituzionali alle regole di bilancio.

Va detto tra parentesi che questa carica gli arriva per la sua esperienza e cultura in materia di semplificazione burocratica, un tema che non sembra di casa ad Assonime dove, sempre ieri, sono stati nominati ben tre vicepresidenti nelle persone di Cipolletta, Catania e Maurizio Sella.

Dopo aver portato a casa il nuovo incarico  Bassanini si è tenuto in contatto con Milano dove è in ballo per lui la presidenza di Metroweb, la società che si occupa della fibra ottica e che nello scorso giugno è passata nelle mani di IntesaSanPaolo e del Fondo2i di Don Vito Gamberale. Fino a ieri si sapeva che in casa Bassanini ad occuparsi di fibra ottica e di nuove tecnologie era la moglie Linda Belinda Lanzillotta, e che tutte le attenzioni del marito erano rivolte a gestire la presidenza della Cassa Depositi e Prestiti.

Evidentemente il budget della famiglia Bassanini ha bisogno di nuova linfa e il frenetico costituzionalista non disdegna gli incarichi da qualsiasi parte provengano.

4 - PONZELLINI GIOCHI FATTI

Avviso ai naviganti: “Si avvisano i signori naviganti che dopo l’incontro-scontro con la Banca d’Italia, con i sindacati e con la compagine “Amici della Bipiemme”, si dà per scontato che Massimo Ponzellini abbia chiuso la sua carriera di banchiere.

Al massiccio bolognese potrebbe restare la presidenza di Impregilo, ma anche qui dopo l’operazione con la quale il costruttore romano Pietro Salini ha comprato l’8% della società di costruzioni, la sorte di ParaponziPonzellini sembra segnata”. 

LUIGI ABETE Della ValleSERGIO MARCHIONNE EMMA MARCEGAGLIA Bombassei LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO GIORGIO SQUINZI GIULIO TREMONTI CON BODYGUARD PIERFRANCESCO GUARGUAGLINI scaroni FRANCO BASSANINI - Copyright PizziMauro Moretti MASSIMO SARMI FLAVIO CATTANEO

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...

diletta leotta ilary blasi stefano sala pier silvio berlusconi

FLASH – IL BRUTALE AFFONDO DI PIER SILVIO BERLUSCONI SU ILARY BLASI E DILETTA LEOTTA (“I LORO REALITY TRA I PIÙ BRUTTI MAI VISTI”), COSÌ COME IL SILURAMENTO DI MYRTA MERLINO, NASCE DAI DATI HORROR SULLA PUBBLICITÀ MOSTRATI A “PIER DUDI” DA STEFANO SALA, AD DI PUBLITALIA (LA CONCESSIONARIA DI MEDIASET): UNA DISAMINA SPIETATA CHE HA PORTATO ALLA “DISBOSCATA” DI TRASMISSIONI DEBOLI. UN METODO DA TAGLIATORE DI TESTE BEN DIVERSO DA QUELLO DI BABBO SILVIO, PIÙ INDULGENTE VERSO I SUOI DIPENDENTI – A DARE UNA MANO A MEDIASET NON È LA SCURE DI BERLUSCONI JR, MA LA RAI: NON SI ERA MAI VISTA UNA CONTROPROGRAMMAZIONE PIÙ SCARSA DI QUELLA CHE VIALE MAZZINI, IN VERSIONE TELE-MELONI, HA OFFERTO IN QUESTI TRE ANNI…

giorgia meloni elly schlein luca zaia vincenzo de luca eugenio giani elly schlein elezioni regionali

PER UNA VOLTA, VA ASCOLTATA GIORGIA MELONI, CHE DA MESI RIPETE AI SUOI: LE REGIONALI NON VANNO PRESE SOTTOGAMBA PERCHÉ SARANNO UN TEST STRADECISIVO PER LA MAGGIORANZA – UNA SPIA CHE IL VENTO NON SPIRI A FAVORE DELLE MAGNIFICHE SORTI DELL’ARMATA BRANCA-MELONI È IL TENTATIVO DI ANTICIPARE AL 20 SETTEMBRE IL VOTO NELLE MARCHE, DOVE IL DESTRORSO ACQUAROLI RISCHIA DI TORNARE A PASCOLARE (IL PIDDINO MATTEO RICCI È IN LEGGERO VANTAGGIO) – IL FANTASMA DI LUCA ZAIA IN VENETO E LE ROGNE DI ELLY SCHLEIN: JE RODE AMMETTERE CHE I CANDIDATI DEL PD VINCENTI SIANO TUTTI DOTATI DI UN SANO PEDIGREE RIFORMISTA E CATTO-DEM. E IN CAMPANIA RISCHIA LO SCHIAFFONE: SI È IMPUNTATA SU ROBERTO FICO, IMPIPANDOSENE DI VINCENZO DE LUCA, E SOLO UNA CHIAMATA DEL SAGGIO GAETANO MANFREDI LE HA FATTO CAPIRE CHE SENZA LO “SCERIFFO” DI SALERNO NON SI VINCE…

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni

NULLA SARÀ COME PRIMA: PIER SILVIO BERLUSCONI, VESTITO DI NUOVO, CASSA IL SUO PASSATO DI RAMPOLLO BALBETTANTE E LANCIA IL SUO PREDELLINO – IN UN COLPO SOLO, CON IL COMIZIO DURANTE LA PRESENTAZIONE DEI PALINSESTI, HA DEMOLITO LA TIMIDA SORELLA MARINA, E MANDATO IN TILT GLI OTOLITI DI GIORGIA MELONI, MINACCIANDO LA DISCESA IN CAMPO. SE SCENDE IN CAMPO LUI, ALTRO CHE 8%: FORZA ITALIA POTREBBE RISALIRE (E MOLTO) NEI SONDAGGI (IL BRAND BERLUSCONI TIRA SEMPRE) – NELLA MILANO CHE CONTA IN MOLTI ORA SCOMMETTONO SUL PASSO INDIETRO DI MARINA DALLA GESTIONE “IN REMOTO” DI FORZA ITALIA: D'ALTRONDE, LA PRIMOGENITA SI È MOSTRATA SEMPRE PIÙ SPESSO INDECISA SULLE DECISIONI DA PRENDERE: DA QUANTO TEMPO STA COGITANDO SUL NOME DI UN SOSTITUTO DI TAJANI?