1- NEL 2003, SUL SETTIMANALE “DIARIO”, ROBERTO SAVIANO AVEVA CROCIFISSO GIORGIO MAGLIOCCA, UN SINDACO DEL CASERTANO, CHE SI È FATTO 11 MESI DI CARCERE CON L’ACCUSA DI ESSERE UN AFFILIATO DELLA CAMORRA: BENE, MAGLIOCCA E’ RISULTATO INNOCENTE - 2- LA LETTERA DEL “CAMORROLOGO“ CHE CHIEDE PERDONO (E “CONCILIAZIONE”): “AVEVO TEMPI STRETTI NON HO POTUTO VERIFICARE LA VERIDICITÀ DI QUANTO MI ERA STATO RIFERITO” - 3- MA FELTRI, CHE PORTA SULLA TESTA IL MACIGNO “METODO BOFFO”, SI TOGLIE QUALCHE SASSOLINO: “QUANDO SI TRATTA DI CERTE MATERIE, PARTENDO DAL PREGIUDIZIO CHE I DELINQUENTI SIANO UNA FOLLA, IL RISCHIO DI CONFONDERE IL GRANO CON LA PULA È ASSAI ALTO. SE CIÒ ACCADE, SI ALIMENTA QUELLA CHE SAVIANO E I SUOI AMICI E SODALI DEFINISCONO LA MACCHINA DEL FANGO. LA STESSA MACCHINA DI CUI LORO ATTRIBUISCONO A NOI L’INVENZIONE E LA GUIDA. NO, CARO ROBERTO, NON ABBIAMO IL MONOPOLIO DEL FANGO. QUALCHE SCHIZZO È ROBA TUA, NONOSTANTE TU VADA SPESSO IN TIVÙ A DIRE IL CONTRARIO”

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1 - SAVIANO SPARA SULL'UOMO SBAGLIATO

Gian Marco Chiocci e Simone Di Meo per "il Giornale"

FELTRIFELTRI SAVIANOSAVIANO

E adesso fate come Roberto Saviano: chiedetegli scusa. E vergognatevi. Undici mesi inchiodato all'infamante croce di sindaco amico dei boss, quando in realtà la camorra sosteneva altri politici. Marchiato a fuoco dalle invettive giustizialiste dello scrittore di «Gomorra» che, però, di fronte all'evidente inconsistenza dei fatti da lui stesso raccontati, ha dovuto fare marcia indietro e ammettere l'errore. Arrestato e trattato come un appestato, con una carriera politica ridotta a brandelli e un'Amministrazione comunale sciolta per un'infiltrazione mafiosa che non esiste. Sottoposto a indagini condotte da un poliziotto, tale Di Lauro, che si è candidato, nel loro stesso paese, sotto le insegne comuniste e che mette in bella mostra su Facebook le foto di Che Guevara, gli appelli del fondatore delle Br Renato Curcio e le frasi contro il centrodestra, da Cosentino a Berlusconi. Tutto questo, e tanto di più, è capitato a Giorgio Magliocca, primo cittadino Pdl di Pignataro Maggiore, un Comune del Casertano. Le carte giudiziarie e i verbali dei pentiti lo descrivevano come un delinquente matricolato dalla faccia pulita, almeno fino a un minuto prima che il gup De Gregorio demolisse con una assoluzione piena il castello di congetture della Procura antimafia di Napoli. Il pm aveva chiesto sette anni e mezzo di carcere, ma per il giudice l'ex primo cittadino Magliocca è innocente. Sono parole campate in aria quelle contenute nell'ordinanza di custodia cautelare che lo vogliono «asservito ai desiderata del clan camorristico locale, un sodalizio criminale agguerritissimo, protagonista di delitti efferati, la cui pericolosità resiste agli interventi giudiziari e grazie al quale il Magliocca ha potuto vincere ripetute competizioni elettorali». Anzi, tutta l'inchiesta è campata in aria. E allora, uno dopo l'altro cadono i tasselli dell'accusa: non è vero che l'ex sindaco favorì i «picciotti» della cosca Ligato-Lubrano (collegata a Cosa Nostra) dandogli campo­libero per devastare i beni confiscati che dovevano essere destinati a fini sociali. Non è vero che era in rapporti con il boss Raffaele Ligato che, addirittura, denunciò il sindaco alla stazione dei carabinieri perché si sentiva diffamato dai controlli dei vigili sul racket delle luminarie. E non è vero che Magliocca promise appalti e finanziamenti pubblici ai tagliagole casertani in occasione delle elezioni del 2002 e del 2006. È vero, invece, che chi lo accusava - tra cui il suo principale antagonista politico - ha mentito, denunciando di averlo visto a fantomatiche cene con padrini che, invece, marcivano in carcere, e indicandolo come candidato di un clan che, al contrario, appoggiava l'uomo del centrosinistra. «Chi combatte la criminalità può essere ucciso in due modi: con le pallottole o con il fango», commenta oggi Magliocca. «Ho denunciato appalti assegnati ai parenti del boss stragista del clan dei casalesi, Giuseppe Setola, ho sempre agito per il rispetto delle regole e della legalità, soprattutto sul fronte del riutilizzo dei beni confiscati,e me l'hanno fatta pagare così, con la calunnia. Sono intristito che la mia vicenda giudiziaria sia stata strumentalizzata dal Pd per colpire l'onorevole Mario Landolfi e il sindaco di Roma Gianni Alemanno, con cui ho collaborato e che mi sono sempre stati vicini». L'ex sindaco era stato assolto, nel novembre scorso, anche dall'accusa di corruzione e voto di scambio e solo da qualche settimana aveva lasciato il carcere, dov'era entrato nel marzo 2011, per i domiciliari. Nel 2003, l'eroe dell'antimafia di carta Saviano aveva dedicato a Magliocca, sul settimanale «Diario», uno sprezzante articolo in cui gli contestava gli stessi inesistenti reati che gli sono costati la galera, scrivendo addirittura che il padrino di Pignataro lo aveva redarguito, davanti a tutti, perché era venuto meno agli impegni presi. Messo alle strette dalla querela per diffamazione e dalle testimonianze degli investigatori, che smentivano la ricostruzione dello scrittore, nel 2009 la star di «Gomorra» aveva ripreso carta e penna per scrivergli una lettera di scuse (pubblicata a fianco) che si concludeva così: «A riprova della mancanza di qualsivoglia volontà offensiva nei Suoi confronti - aveva scritto Saviano - Le esprimo sin d'ora la mia disponibilità a prendere parte a un incontro sulla criminalità organizzata in Campania, da Lei organizzato, con la sola irretrattabile condizione che sul palco ci siano soltanto giornalisti». Ora che Magliocca è stato assolto, Roberto Saviano ci

AVVOCATO MAGLIOCCAAVVOCATO MAGLIOCCA

2- «AVEVO TEMPI STRETTI NON HO POTUTO VERIFICARE»
Lettera di Roberto Saviano pubblicata da "il Giornale"

Gentile avvocato Magliocca, in relazione all'articolo dal titolo «La Svizzera dei clan», pubblicato sul settimanale Diario, nel settembre 2003, ritengo doveroso precisare quanto segue, con specifico ed esclusivo riferimento all'episodio da me narrato nell'articolo e che l'ha vista involontariamente protagonista.

MARIO LANDOLFI - copyright PizziMARIO LANDOLFI - copyright Pizzi

Le informazioni che ho poi pubblicato mi erano state fornite da fonti locali attendibili, quando il periodico mi aveva incaricato di raccontare ai lettori la realtà locale,in particolare,per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul delicato tema dei rapporti tra camorra e poteri pubblici.

Non ho avuto modo, per i tempi stretti imposti dalle esigenze editoriali e per l'impossibilità di accedere ad altre fonti, di verificare la veridicità di quanto mi era stato riferito e non avevo ragione per dubitare della buona fede di chi mi aveva fornito quella informazione.

GIANNI ALEMANNOGIANNI ALEMANNO

Alla luce dei successivi accertamenti e di quanto emerso, nel corso della vicenda giudiziaria che ci vede contrapposti ho, infatti, verificato la sua assenza dal luogo in cui le Forze dell'ordine hanno proceduto allo sgombero della villa confiscata al Ligato,del fatto che lo stesso boss non ha mai proferito la frase riportata nell'articolo e, conseguentemente, dell'errore in cui sono stato indotto.

A riprova della mancanza di qualsivoglia volontà offensiva nei Suoi confronti, Le esprimo sin d'ora la mia disponibilità a prendere parte a un incontro sulla criminalità organizzata in Campania, da Lei organizzato, con la sola irretrattabile condizione che sul palco ci siano soltanto giornalisti. Sono certo che questa mia costituisca la migliore prova della mia buona fede e, nel contempo, valido strumento di conciliazione.


3- CHI GIOCA CON LE MACCHININE DEL FANGO
Vittorio Feltri per "il Giornale"

savianosaviano

Anche i Fenomeni sbagliano e devono pagare o almeno rettificare, conciliare, chiedere scusa. Capita a (quasi) tutti di prendere un abbaglio. E così è capitato perfino a Roberto Saviano, celebrato autore di Gomorra , milioni di copie vendute e numerose apparizioni televisive, alfiere dell'anti­mafia. Il quale, nel settembre del 2003, scrisse un articolo pubblicato dal settimanale Diario (poi defunto), intitolato «La Svizzera dei clan», in cui si raccontavano varie malefatte attribuite a criminali organizzati italiani, incluso un tale poi risultato estraneo ai fatti.

Lungi da noi l'intenzione di gettare la croce addosso al giovin scrittore. Siamo del mestiere e ne conosciamo le insidie, per cui non ci stupiamo che Saviano sia stato costretto a vergare una lettera (ne abbiamo fotocopia) e a indirizzarla alla sua «vittima» allo scopo di chiudere amichevolmente la causa, ammettendo l'errore commesso. Il lavoro del giornalista ha tempi stretti, non concede molti margini alla riflessione e al controllo scientifico delle notizie e delle loro fonti. Cosicché è facile calpestare la classica buccia di banana e finire con le terga a terra.

Roberto SavianoRoberto Saviano

Segnaliamo la topica di Saviano non per il piacere di condividere con lui le stesse disgrazie. Per carità. Non è vero che mal comune sia mezzo gaudio. Queste nostre note servono solo, o speriamo servano, a convincere il «camorrologo» più famoso della penisola che non basta il successo a garantire l'infallibilità. Si sa che le mafie con i loro tentacoli arrivano dappertutto, anche al Nord, anche all'estero, ma ciò non significa che si siano impadronite di ogni cervello e condizionino la vita ( e la malavita), specialmente economica, di popoli interi. E vedere picciotti e amici di picciotti in ogni angolo non porta a comprendere la realtà.

savianosaviano

Ovvio. Le cosche, con attività illecite, fanno parecchi soldi e poi vanno a investirli dove maggiore è la resa. Quindi non nel Mezzogiorno, ma al Nord. I capitali sono come capi di bestiame, sentono il richiamo del branco e lo raggiungono. E poiché non puzzano è impossibile distinguere quelli puliti da quelli sporchi. La Piovra ha il portafogli in Svizzera e in Lombardia, ma la testa rimane laggiù, nelle zone più sfortunate del Paese dove nessuno o pochi la contrastano.

Ma il senso del nostro discorso è un altro. Quando si tratta di certe materie, partendo dal pregiudizio che i delinquenti siano una folla, il rischio di confondere il grano con la pula è assai alto. Se ciò accade, si alimenta quella che Saviano e i suoi amici e sodali definiscono la macchina del fango.

La stessa macchina di cui loro attribuiscono a noi l'invenzione e la guida. No, caro Roberto, non abbiamo il monopolio del fango. Qualche schizzo è roba tua, nonostante tu vada spesso in tivù a dire il contrario.

 

 

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