1. TREMATE, TREMATE, LA CACCIA ALLE STREGHE È TORNATA: IL PD VUOLE VIETARE LA GNOCCA 2. UN GRUPPO DI SENATRICI DEM HA PRESENTATO UN DISEGNO DI LEGGE PER IMPEDIRE “LA DISCRIMINAZIONE DELLA DONNA NELLA PUBBLICITÀ E NEI MEDIA”. SANZIONI FINO A 5 MILIONI 3. VIA LE BELEN, LE UMA THURMAN, LE CHARLIZE THERON (È L’EUROPA CHE CE LO CHIEDE). D’ORA IN POI MANIFESTI E CAMPAGNE PUBBLICITARIE SUBIRANNO LA CENSURA DI UN’APPOSITA SEZIONE DELL’ANTITRUST, CHE NE VERIFICHERÀ IL FINE SOCIO-EDUCATIVO 4. ELENA SANTARELLI, INTERVISTATA IN QUANTO GNOCCA DA CALENDARIO: “CHE C’È DI MALE A POSARE IN MUTANDE PER DITTE DI LINGERIE? NON MI SONO MAI SENTITA DONNA OGGETTO”

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1. IL PD VIETA LA GNOCCA
Franco Bechis per "Libero"

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Vietata Belen in ogni sua apparizione. Oscurata Uma Thurman che si beve un'acqua tonica. Bruciata come una strega ogni immagine di Letitia Casta che reclamizzava un profumo di due stilisti italiani. Seppellito sotto colate di cemento lo spot di una marca di jeans girato da una sensualissima Megan Fox. Tremate, tremate, perché le cacce alle streghe sono tornate. A volere scatenare la nuova Inquisizione e fare roteare come negli anni ‘50 le forbici della censura è un nutrito gruppo di senatrici del Partito democratico.

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Un drappello guidato da Silvana Amati, e con subito a ruota Manuela Granaiola, Daniela Valentini e il vicepresidente di palazzo Madama, Valeria Fedeli, che ha appena firmato un disegno di legge già incardinato dal titolo «Misure in materia di contrasto alla discriminazione della donna nelle pubblicità e nei media». Il titolo sembra generico, ma il contenuto non lo è affatto. L'obiettivo infatti è quello di vietare con pesanti sanzioni (fino a 5 milioni di euro) l'utilizzo del corpo della donna nella pubblicità televisiva o stampata (giornali e manifesti).

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Siccome tutte e quattro le prime firmatarie avevano venti anni nel 1968, erano di sinistra e in prima linea a sventolare la bandiera della rivoluzione sessuale, per fare tornare l'Inquisizione nel secondo millennio provano a scegliere le parole adeguate. La sostanza è quella del rogo per tutte le pubblicità che utilizzano il corpo della donna.

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Ma certo scagliarsi contro «immagini che trasmettono, non solo esplicitamente, ma anche in maniera allusiva, simbolica, camuffata, subdola e subliminale, messaggi che suggeriscono, incitano o non combattono il ricorso alla violenza esplicita o velata, alla discriminazione, alla sottovalutazione, alla ridicolizzazione, all'offesa delle donne», è modo assai più elegante e consono ai tempi per accendere il fiammifero sotto quel cumulo di manifesti e celluloide.

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Una Belen o una Uma Thurman sensuale in uno spot devono rassegnarsi al rogo perché «stereotipi di genere», che «restringono dunque il margine di manovra e le opportunità di vita di donne e ragazze, ma anche di uomini e ragazzi». Come avrebbe detto negli anni Cinquanta un Oscar Luigi Scalfaro pronto a coprire la balconata abbondante di una matrona in un ristorante romano, «pubblicità e media presentano il corpo femminile come mero oggetto sessuale, esistente per l'uso e per il piacere altrui».

Così - dicono le Inquisitrici del Pd, «nelle adolescenti, nelle donne giovani», diventa epidemia «un'ossessiva attenzione al corpo che provoca manifestazioni di ansia e aumento di emozioni negative, riduce la consapevolezza dei propri stati interni». Di più - perché le inquisitrici Pd hanno a cuore soprattutto la salute - vedere una Belen con farfallina evidente «provoca anche conseguenze molto serie sul benessere psico-fisico delle persone che la subiscono: è infatti correlata a un aumento dei disturbi depressivi, delle disfunzioni sessuali, dei disordini alimentari».

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È dunque Belen-pandemia, e di fronte ad emergenze di questo tipo le senatrici Pd sono pronte a trasformarsi in crocerossine e perfino in poliziotte della buon costume. A un solo grido: «oscurare, anzi vietare la gnocca». Si preparino i pubblicitari, perché la controriforma è pronta, e naturalmente l'oscuramento di gnocca ce lo chiede «l'Europa», pronta a metterci in mora se tergiversiamo ancora.

Ecco la soluzione: «Inserire al codice delle pari opportunità un articolo 1 bis che disciplina il divieto di utilizzare l'immagine della donna in modo vessatorio o discriminatorio ai fini pubblicitari». Chi farà rispettare quel divieto? «Il ministro delle Pari opportunità, anche su denuncia del pubblico, di associazioni e di organizzazioni, nonché di ogni altra pubblica amministrazione che vi abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali».

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Ad applicare le sanzioni ci penserà una apposita sezione-commissione «per il contrasto alla discriminazione della donna nella pubblicità e nei media», istituita all'interno della Autorità garante della concorrenza e del mercato, che avrà perfino poteri di censura preventiva. La commissione apporrà «un apposito bollino» a «certificare la conformità del messaggio pubblicitario a criteri di qualità e finalità socio-educative per linguaggio, immagini e rappresentazioni, in linea con i criteri di tutela della donna stabiliti dalla presente legge».

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Sarà quindi vietata «la trasmissione sui circuiti televisivi pubblici e privati sul territorio nazionale di pubblicità o messaggi pubblicitari che non hanno ottenuto il bollino di cui sopra». Oltre all'antitrust, anche i comuni potranno brandire la scimitarra della nuova inquisizione, «inibendo a monte l'affissione di pubblicità sessiste o discriminatorie, lesive della dignità delle donne».

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I manifesti delle varie Belen dovranno essere «coperti con una scritta adesiva, ben visibile, che recita: SANZIONATO». Gli operatori pubblicitari che non rispetteranno i divieti di spot e manifesti saranno puniti «con l'arresto fino a tre mesi e con l'ammenda fino a 5 milioni di euro».


2. ELENA SANTARELLI: «NON SI DIFENDONO COSÌ LE DONNE»
Antonella Luppoli per "Libero"

Appresa la notizia della presentazione in Senato di un disegno di legge volto a punire - ritenendole lesive della dignità femminile - praticamente tutte le campagne pubblicitarie intraprese da belle ragazze, viene spontaneo chiedere a chi ha prestato la propria immagine per importanti marchi di moda cosa pensi di una proposta simile. Libero ha raccolto le impressioni della nota showgirl Elena Santarelli.

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La bellissima conduttrice e modella di Latina - oltre ad essere stata la prima donna di «Kalispera», il programma su Canale 5 condotto da Alfonso Signorini - è infatti il volto della celebre casa di intimo Infiore.

Si sente sollevata ora che questa misura potrebbe prendere il varo?

«Mi faccio una grossa risata sentendo una cosa simile», esordisce Elena. Che prosegue: «Non credo assolutamente che posare per una campagna pubblicitaria in intimo o in costume possa essere denigratorio per una donna, non sono queste le cose che offendono noi ragazze, c'è ben altro». " .

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Posare per una campagna pubblicitaria è così degradante?

«Stare davanti all'obiettivo in mutande non è un limite, e poi non è l'abito, ma piuttosto la posa che potrebbe essere disdicevole. Io ho fatto un calendario e anche la campagna per Infiore, ma non mi sono mai sentita una donna oggetto».

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E il suo partner?

«Neppure il mio uomo ha mai avuto da ridire, perché consapevole del fatto che fosse semplicemente lavoro. Credo che ad esempio una ragazza che esce in minigonna non sia necessariamente volgare, ma di cosa stiamo parlando?».

Dove sta il confine fra sensualità e volgarità?

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«Di solito non mi permetto di giudicare una persona dal suo modo di vestire, perché non è da quello che si misura l'essere donna. Mi infastidisce molto di più per esempio vedere per strada una coppia che si bacia in maniera focosa, perché avendo un bambino magari poi sono costretta a rispondere alle sue domande. In quel caso cosa si fa? Si censura la coppia? Non

 

Elena SantarelliElena Santarelli

 

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