BUSI E ABUSI: “LA MONDADORI SBORSA 120 MILIONI € PER IL CATALOGO RIZZOLI? UNA FOLLIA. VALE QUANTO IL SUO, POCO PIÙ DI ZERO” - “IL LIBRO APPARTIENE ORMAI ALL’ETÀ DELLA PIETRA: CHIUNQUE GLI PREFERISCE UNA PLAYSTATION”

Busi: “Perché la Rizzoli vende invece di liquidare tutti i sorci roditori? E perché la Mondadori vuole dargliene 120 di milioni? 80 non sono più che sufficienti? - Ma in un paese dove le scuole crollano letteralmente, il problema non è formare nuovi non lettori ma far sì che ritornino a casa vivi almeno da scolari”...

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Aldo Busi per “il Fatto Quotidiano”

   

Aldo Busi Aldo Busi

A me tutto questo starnazzare svergognato attorno alla sventolata trattativa tra la Rizzoli e la Mondadori lascia più che freddo, ma scandalizzato che si osi scandalizzarsi: la maggioranza della cinquantina di autori senza sfumature firmatari del manifesto contro l’ipotesi di una “casa editrice nazionale” che potrebbe chiamarsi Mondazzoli

 

– tra i quali non esiste un solo scrittore degno di tale nome – ha scritto libri che per qualità di scrittura, afflato intellettuale e civile e ripudio dei luoghi comuni cattosentimentalfamilistici non potrebbero entrare nemmeno nella Varia della Mondadori capeggiata dall’insigne Antonella Clerici (Tutti a tavola! euro16.90, 350 pp., rilegato, sconti favolosi su Amazon e Ibs, l’ebook costa meno della corrente che serve per inviarlo).

   

Il libro, non solo in quanto cartaceo, appartiene ormai all’età della pietra quale fonte di sapere e di fulminazioni estetiche, emozionali e politiche: nessuno compra più un libro, e per nessuno intendo proprio nessuno, chiunque gli preferisce, sempre in libreria, una playstation o una focaccia farcita, e io non ricordo quando è stata l’ultima volta che qualcuno mi ha detto di aver letto un libro che non fosse di genere come chi l’aveva scritto.

   

Non serve elencare le librerie che chiudono di giorno in giorno in tutto l’Occidente, di cui l’Italia fa parte a sé nelle sue sempre più insondabili profondità corruttrici ovvero cedimenti mediorientali verso sparsi sultanati chiamati Regioni ognuno con la sua tribù di rancorosi analfabeti, basterà entrare in quelle rimaste aperte in modo, temo, irreversibile:

 

per esempio nelle due Feltrinelli Red di Firenze o nella Feltrinelli a lato della Stazione Centrale di Napoli per rendersi conto che dove non ha potuto il libro può la pizzetta, la marmellata, il vino, l’olio e la pasta (prezzi scicchissimi, da autentica sinistra finalmente disvelata in tutto il suo reale potere sociopolitico attraverso il suo potere d’acquisto da trantran: anche cinque euro per il pacco da mezzo chilo, però in packaging e lettering da Guggenheim).

Il bel tenebroso Il bel tenebroso

   

Chi si preoccupa del dispotico monopolio editoriale in arrivo e del suo conseguente potere censorio verso opere critiche con l’ideologia (berlusconiana in questo caso) ignora che ognuno censura come vuole in qualsiasi ambito e contesto, dal quotidiano illuminato dove e quando e con chi gli conviene alla piccola casa editrice che fa un ristrettissimo gioco di squadra ed esclude, per esempio, non tanto chi non sta alle direttive del suo maestrino d’orchestra ma chi aspirerebbe addirittura a un anticipo ancorché modesto per quanto le dà da pubblicare.

   

A me sembra che bisognerebbe spostare il faro dell’attenzione critica e della preoccupazione democratica dalla Mondadori che compera alla Rcs Libri che vende, chiedersi se quest’ultima non poteva farne a meno e se, infine, questa vendita rafforzi, sì, la Fiat all’interno del Corriere della Sera come si ventila, ma non indebolisca l’innocente e ben in salute Corriere della Sera ben più della fallimentare operazione finanziaria nel gruppo multimediale della Recoletos di Madrid,

Busi alla lavagna Busi alla lavagna

 

non ne infici cioè in modo letale la sua immagine presso i suoi fedeli acquirenti e inserzionisti pubblicitari, dato che la Fiat oggi non gode certo del prestigio di un tempo tra i lavoratori a busta paga e di conseguenza nemmeno tra i quadri aziendali e le professioni liberali che traevano buona parte dei loro proventi proprio da una forza produttiva di base ora piegata e piagata in Italia anche dalla Fiat e dai suoi traslochi transoceanici.

   

La mia è una considerazione terza e in tutta serenità rispetto a entrambi i colossi editoriali, io ho ben poco in ballo economicamente con la Rizzoli, alcuni titoli ex Mondadori ed ex Feltrinelli in edizione economica più la mia traduzione del Decamerone nella BUR, non ho alcun rapporto con la Mondadori da anni, niente mi deve e niente le devo e niente ho in vista che possa farci incontrare di nuovo in futuro e il mio imminente romanzo è pubblicato da Marsilio la cui distribuzione è accidentalmente Rcs

 

Aldo Busi Aldo Busi

- cosa che ho saputo dopo la firma del contratto con la Marsilio, tanto per dire quanto avrebbe potuto importarmi saperlo prima o sapere dopo che la distribuzione era Mondadori o Messaggerie Italiane: l’unico modo per non essere schiacciati da cose più grandi di te è ammettere che esistono e ignorarle in ogni senso fino a che non si presenti la necessità di uno scontro a muso duro, lì non mi ritraggo di certo ma non posso nemmeno fare esibizioni di temerarietà quando il nemico o non c’è o sta buono a cuccia e ancora non si manifesta.

   

A me, a naso, sembra folle imprenditorialmente parlando che la Mondadori sborsi centoventi milioni per acquisire un catalogo d’altri che, in vendite e dati i tempi, non certo in pregio storico e letterario, vale quanto il suo, poco più di zero, e non vedo d’altronde alcuna possibilità di trasformarlo in moneta sonante di nuovo, perché di nuovo c’è qualsiasi altro passatempo commerciale libro e carta stampata esclusi, sicché, pur non capendo le ragioni ultime di tale esposizione finanziaria per una non merce non schifata

 

ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA ALDO BUSI ALL AUDITORIUM DI ROMA

solo dal macero e non bastandomi neppure come motore primo l’ambizione di impossessarsi di un monopolio (monopolio de che? del 40% dei fantasmi da tipografia?), ho un solo appunto morale da muovere alle due case editrici prima che diventino Mondazzoli (anche se io, per ovvie ragioni, quel “li” in coda glielo metterei in testa):

  

 alla Rizzoli: perché vende invece di liquidare tutti i sorci roditori, investire denaro fresco in maestranze più competenti (anche Laura Donnini, amministratore delegato della Rcs Libri, sa di cosa parlo nero su bianco via mail), credere in nuove librerie col proprio marchio e così ridare un po’ del lustro perduto alle future generazioni degli Agnelli e degli Elkann?

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alla Mondadori: se la Rizzoli vendere vuole e a tutti i costi venderà, perché poi dargliene centoventi di milioni, ottanta non sono più che sufficienti? Più magari un regalino simbolico a me, diciamo un milioncino, se l’affare va in porto per l’uno o per l’altro editore secondo le mie dritte di scrittore poco interessato comunque ai destini e ai casini di entrambi in un paese dove le scuole crollano letteralmente, dunque ben prima che letterariamente, e il problema non è formare nuovi non lettori ma far sì che ritornino a casa vivi almeno da scolari.

 

 

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