IL CINEMA DEI GIUSTI - FANTASCIENZA ALL’ITALIANA? PERCHÉ NO: SALVATORES CE LA METTE TUTTA A RENDERE CREDIBILE IL SUO SUPEREROE, “IL RAGAZZO INVISIBILE”

Tutta la parte legata al diventare supereroe è ben costruita. Quando il ragazzo invisibile è alle prese col proprio passato che ritorna, è decisamente meno riuscita. Ma in un cinema composto quasi solo da commedie, un film con questa musica, fotografia e un bravo giovane protagonista, non può che essere il benvenuto...

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Marco Giusti per Dagospia

 

Il ragazzo invisibile di Gabriel Salvatores

 

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Un film di supereroi italiano? Perché no? In un cinema composto quasi unicamente di commedie non può che essere il benvenuto. Ancora meglio se diretto da Gabriele Salvatores fresco di mafia russa e con una gran voglia di buttarsi dentro generi mai trattati.

 

Era davvero molto atteso tra i fan di fantascienza e di cinema bis Il ragazzo invisibile diretto da Gabriele Salvatores e scritto da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo. E quando vediamo il nostro protagonista sfrecciare in bicicletta per le strade di Trieste con la bella fotografia di Italo Petriccione al ritmo di “Clint Eastwood” dei Gorillaz, beh, il film inizia a prenderci proprio.

 

Fantascienza all’italiana, addirittura rispolverare la vecchia storia dell’uomo invisibile, come ai tempi dello sfortunato L’inafferrabile invincibile Mr. Invisibile di Antonio Margheriti con Dean Jones, per non parlare dei I fantastici tre Superman di Frank Kramer… Non possiamo che approvare.

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Diciamo che tutta la prima parte con Michele, un adorabile Ludovico Girardello, nerd sfigatello con mamma poliziotta, Valeria Golino, massacrato dai compagni di scuola e innamorato della biondina Stella, Noa Zatta, che mettendosi un terribile costume da supereroe cinese scopre di poter diventare invisibile, è notevole. Anche perché Salvatores è uno dei pochissimi registi italiani in grado di rendere credibile una storia così, forse perché ha lavorato su soggetti forti come Io non ho paura di Niccolò Ammaniti o Educazione siberiana di Nicolai Lilin, che ruotano attorno a ragazzi obbligati a affrontare storie più forti di loro.

 

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Michele, orfano di padre, un eroico poliziotto, vive con la mamma, e non sa di possedere un dono incredibile che gli arriva da un suo complesso passato che sta venendo alla luce. Solo il suo cagnolino Mario e una buffa bambina, Candela, cioè Assil Kandil, figlia della cameriera della mamma, conoscono il suo segreto. Come in tutte le storie con gli uomini invisibili, a cominciare dal celebre film con Claude Rains diretto da James Whale, The Invisible Man, tratto dall’omonimo romanzo di H. G. Welles, la maggior parte della storia è costruita sulla scoperta dell’invisibilità e sul come usarla in pubblico.

 

Quindi infagottarsi con abiti pesanti e occhiali scuri di giorno per non farsi scoprire o girare nudi, prendendo rigorosamente freddo, per fare scherzi al prossimo e vincere la propria timidezza. Michele si ficca addirittura nei bagni delle ragazze per vederle spogliare e stare vicina a Stella. Ovviamente non ha controllo del suo superpotere, come il giovane Spiderman. Tutta la parte legata al diventare supereroe e accettarla è ben costruita. Quella invece che vede il ragazzo invisibile alle prese col proprio passato che ritorna e con una vera storia gialla da affrontare è decisamente meno riuscita.

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Anche perché, alla fine, come nel vecchio film di Margheriti con Dean Jones, tra i tanti superpoteri possibili, l’invisibilità è quella che meno bene si presta a uno sviluppo cinematografico e obbliga sceneggiatori e registi a stringersi attorno a quelle quattro-cinque situazioni tipiche che aveva già affrontato James Whale più di mezzo secolo fa. In questo caso Michele deve risolvere il caso di tre compagni di classe che sono misteriosamente scomparsi. E’ scomparsa anche la bella Stella mentre si stava allenando in palestra.

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Anche la mamma e uno psicanalista poliziotto, Fabrizio Bentivoglio, indagano, mentre uno strano cieco capellone, Christo Jivkov, controlla da lontano il ragazzo. Più che nella storia, che ci permette di vedere in un flashback pure Ksenia Rappaport come supereroina sovietica, Salvatores preferisce impegnarsi nella rappresentazione dell’adolescenza dei suoi giovani eroi e in quel magico momento che ogni ragazzo deve affrontare per diventare grande.

 

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Certo, le situazioni fra i ragazzi e la costruzione dei rapporti fra Michele e Stella e fra Michele e Candela sono tra le cose migliori del film, che hanno una loro forza anche al di là della situazione da fantascienza. Come lo avevano le storie dei ragazzi in Educazione siberiana.

 

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Non so quanto un pubblico cresciuto a Marvel e Avengers possa apprezzare come action movie un film come Il ragazzo invisibile, che davvero è pensato per spettatori molto giovani, se non proprio bambini. Va detto che Salvatores ce la mette tutta per rendere credibile il suo supereroe e gli fornisce anche un vero costume con tanto di C russa che si legge S, come Speciali. E nel finale ci prospetta, come in ogni film di supereroi che si rispetti, un sequel. Perché no? In sala dal 18 dicembre.

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