IL CINEMA DEI GIUSTI - FINALMENTE UN FILM ITALIANO SGRADEVOLE, CATTIVO, VOLUTAMENTE DI CATTIVO GUSTO, DOVE GLI IDEALI SONO “LA FAMIGLIA, LA PROSTITUZIONE, LA GAZZOSA”: È “ITALIANO MEDIO” DI MACCIO CAPATONDA

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Le battute chiave sono “scopare”, “mobasta”, “a me che cazzo me ne frega”. Si vive solo per partecipare alle finali del reality “Mastervip” e la volgarità televisiva è sovrana. Potrà non piacere a tutti (meglio così, no?), ma almeno è totalmente originale. Un pugno nello stomaco…

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Marco Giusti per Dagospia

 

italiano medio di maccio capatonda 9 italiano medio di maccio capatonda 9

Italiano Medio di Maccio Capatonda

 

“Amechecazzomenefregaame!” Finalmente. Un film italiano sgradevole, cattivo, volutamente di pessimo gusto, dove gli ideali sono “la famiglia, la prostituzione, la gazzosa”, e un bambino si può presentare, per esigenze di gag, con la cacca fumante in testa o si può assistere alla scorreggia più lunga mai sentita nel cinema italiano (sembra che se la batti con quella di Pierino il fichissimo). Talmente a rischio che sono stato invitato a una proiezione di cortesia con un pubblico allibito e curioso che guardava le mie reazioni da cavia a ogni peto e a ogni battuta pesante come se le avessi fatte io.

 

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Le battute chiave sono “scopare”, “mobasta”, “a me che cazzo me ne frega”. Si vive solo per partecipare alle finali del reality “Mastervip” e la volgarità televisiva è sovrana. Potrà non piacere a tutti (meglio così, no?), ma almeno è totalmente originale questo Italiano medio diretto e interpretato da Maccio Capatonda (alias Marcello Macchia), definito sui trailer “il regista di nessun altro film”. Opera prima molto attesa dai fan dei finti trailer e degli sketch da you tube di Maccio e del suo amico Herbert Ballerina (alias Luigi Luciano), che arriva con un po’ di ritardo sullo schermo grazie alla produzione di Marco Belardi e di Medusa.

 

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Maccio interpreta il mostruoso Giulio Verme, troppo intelligente e antitelevisivo per vivere bene nella società di oggi, in una Milano già rovinata dall’Expo e dall’avidità dei costruttori. Vegano, pazzo per ogni forma di rispetto dell’ambiente, inutilmenete laureato col massimo dei voti (“110 e basta!”), pronto a lottare per la sopravvivenza dei babbuini, ma finito a riciclare monnezza di ogni tipo, Maccio ha trovato la sua anima gemella, Franca, interpretata da Lavinia Longhi, e con lei si eccita solo leggendo il testo del Protocollo di Kyoto, ma è inquieto.

 

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I due litigano e lei gli rimprovera di non riuscire a concludere niente, nemmeno a cacare. Rimasto solo in casa, depresso, in una Milano da incubo youtubbistico, Giulio apre al suo vecchio amico un po’ stupido, Alfonzo Scarabocchi detto l’Usciere, cioè Herbert Ballerina, perché ha la capacità di far uscire tutti, che gli propone, come in Limitless con Bradley Cooper e Robert De Niro una strana pillola. Il nostro cervello sfrutta solo il 20 per cento delle sue capacità, con la pillola dal 20 le capacità si ridurranno al 2 per cento e Giulio Verme diventerà finalmente l’italiano medio. Come tutti.

 

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Un uomo che dopo trent’anni che non scorreggiava per rispettare il buco dell’ozono se ne può uscire con un peto gigante metafora della propria condizione di frustrato e di stitico. E subito capisce di aver poche, ma chiare idee in testa. Scopare. E poi ancora scopare. “Stasera esco con una maiala che ho conosciuto su fasbuk e…”. Intanto riesce a distruggere ogni forma di rispetto per l’ambiente, come un Mr Hyde qualunque rispetto al suo Jekyll. Si mette, anzi sposa, la cafonissima vicina di casa, Barbara Tabita, mentre la fidanzata Franca è andata a “salvare i neri” in Africa, e fa ogni tipo di scorribande notturne con l’amico Alfonzo correndo sui macchinoni.

 

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Non ha soldi? Se li fa prestare dall’orrenda Banca Micidiale, di proprietà dello stesso mostro che ha la televisione e sta eliminando il verde dal centro di Milano al grido di viva “il bello che avanza”, un vecchio azzimato simil-berlusconi interpretato dal geniale Franco Mari. Curiosamente le sue azioni eccessive si trasformano in atti di ribellione contro la società e verranno esaltate da un piccolo gruppi di militanti verdi che si muovono al grido di “mo basta” e dividono uno stanzone con un gruppo di jihadisti.

 

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Approdato finalmente in tv nella finale del reality di “Mastervip”, stupirà tutti nella gara di “PippoTutto”, sniffando una striscia di coca con una carta da 500 euro e facendola poi uscire dal naso a forma di cuore. Dovrà poi nell’ultima gara abbandonare il proprio passato, la moglie, la fidanzata, l’amico del cuore. Un delirio. Mettiamoci anche un Nino Frassica chirurgo, Raul Cremona che si trasforma in Roberto Salviamolo, sorta di Roberto Saviano tarocco, perfino Andrea Scanzi in un minuscolo cammeo. Inutile raccontare troppo.

 

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Italiano medio, scritto da Maccio e “altri cinque”, che sono Marco Alessi, Sergio Spaccavento, Danilo Carlani, Daniele Grigolo e Luigi Luciano, racconta in maniera brutale e sgradevole l’Italia orrenda di questi anni trascorsi fra tv e sogni inutili, in una Milano dominata da personaggi mostruosi dove si gira solo col macchinone e ci si incazza se si trova uno in bicicletta. Maccio non tenta nemmeno di addolcirla con una sorta di racconto tradizionale e di bella fotografia.

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Il suo film vive di trovate e di continue battute surreali che non possono piacere al pubblico delle commedie italiane coi paesini anni ’50 e cast tutti uguali. E’ un pugno nello stomaco. Ma ti arriva con mille giochi di parole. Magari ci farà pure bene. In sala dal 29 gennaio. Ps. Purtroppo l’apparizione di Andrea Scanzi non vale quella di Guia Soncini. Chi lo sente, glielo dica.

 

 

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