la scelta di michele placido raoul bova ambra angiolini

IL CINEMA DEI GIUSTI - MICHELE PLACIDO RISPOLVERA L'ETERNO PIRANDELLO PER "LA SCELTA", CON L'OMBROSA AMBRA ANGIOLINI E IL PLACIDO RAOUL BOVA (AL QUARTO FILM STAGIONALE)

Marco Giusti per Dagospia

 

La scelta di Michele Placido

 

la scelta di michele placido  4la scelta di michele placido 4

Guarda chi si rivede? Luigi Pirandello. Alla fine funziona sempre. Magari, negli anni delle serie web  non è proprio l’ultima moda in fatto di scrittura, ma quando ti servono dei buoni personaggi e un bell’intreccio drammatico, il teatro del vecchio Pirandello offre sempre agli attori e ai registi spunti di una certa ricerca e di una certa complessità.

 

Per il suo nuovo film, La scelta, interpretato da un coppia di star del nostro cinema come Ambra Angiolini e Raoul Bova, al suo quarto film della stagione (un po’ troppi, in effetti…), Michele Placido ha quindi ripreso un vecchio testo teatrale di Pirandello, “L’innesto”, messo in scena nel gennaio del 1919, quasi un secolo fa, con Maria Melato protagonista, lo ha riscritto assieme a Giulia Calenda, fresca di Latin Lover, lo ha fatto produrre alla moglie Federica Vincenti, e lo ha ambientato in quel di Bisceglie, grazie all’Apulia Film Commission. Ovvio.

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La trama, che Placido riprende quasi integralmente, compresi i nomi dei protagonisti e il finale, dal testo di Pirandello, vede una giovane coppia, Giorgio e Laura, cioè Bova e Ambra, lui ristoratore e lei maestra di canto al conservatorio, che non riescono a aver figli. E lei ne soffre moltissimo. La sorella Francesca, cioè Valeria Solarino, ne ha invece due, e ha pure una situazione di famiglia allargata con ben due uomini, oltre a un posto nella sede della Natuzzi poltroni e divani di Bisceglie per doveri di sponsor (è così…).

 

Un giorno Laura, mentre sta tornando a casa, viene acchiappata in un vicolo della ridente cittadina, menata e stuprata da un ignoto che si era appostato in un vicolo non si capisce bene perché. Ne esce sconvolta. Ma non vuole sporgere denuncia di stupro al comando dei Carabinieri dal maresciallo Michele Placido che l’ha trovata in mezzo alla strada sotto shock.

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Non solo. Sapendo di essere rimasta incinta, Laura-Ambra pensa di tenere il bambino, che è da subito “il mio bambino”. Non voleva proprio questo? Ma il marito non è della stessa idea. Non vuole un figlio di uno sconosciuto che ha violentato la moglie. La mamma di Laura cercherà di mettere in mezzo un medico, che nella commedia aveva un ruolo ben più importante, ma la ragazza non ne vuole sapere.

 

A Pirandello, e a Placido, che lo media dalle sue esperienze con Marco Bellocchio, non interessa tanto il meccanismo di racconto, quanto la figura della donna rispetto alla maternità e la sua capacità di far uscire di scena qualsiasi maschio, anche il marito. L’orrore della violenza, in qualche modo, si trasforma per la donna, che pensava di non poter più avere figli (e qui, forse, Pirandello un secolo fa non poteva avere gli strumenti scientifici di oggi per capire quale dei due coniugi fosse sterile), in una sorta di benedizione, visto che sta realizzando il suo sogno.

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Inoltre grazie a un ignoto, che non vuole assolutamente riconoscere, quindi senza aver tradito il marito coscientemente. Il fatto che Giorgio-Bova non la segue su questo punto, per lei si trasforma ovviamente un dramma, e il nemico della sua maternità non è tanto lo stupratore, quanto il marito che pensa di farla abortire al più presto. E’ il marito che vorrebbe un ritorno alla situazione d’amore di partenza, ma per lei che è stata toccata dalla vita, quindi dalla grazia della maternità, quella situazione iniziale è vista come qualcosa che le rovinerà la vita.

 

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Placido gioca tutto sulle contraddizioni di questa maternità inaspettata e sugli occhioni spalancati e impauriti di Ambra, che è bravissima a farci capire anche da muta tutta la sua nevrosi, mischiata alla felicità e al dolore per la possibile perdita del figlio, che lei sente dentro di sé da subito dopo lo stupro. Ovvio che siamo in un’Italia pre-femminista, ma non così cattolica, ma è già il testo di Pirandello, che Placido segue con grande adesione umana, la chiave per l’esplosione del personaggio della neo-madre che dovrà alla fine scegliere se dare la vita o no.

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Anche se Placido esagera un po’ coi telefonini e con la musica, e preferisce svuotare dai dialoghi gran parte delle scene, al punto da ritrovarsi un film un po’ corto che riduce un po’ all’osso il dramma, va detto che fa un gran lavoro di costruzione dei suoi due protagonisti, soprattutto quello di Ambra, e in un periodo di film italiani così mal scritti e dai soggetti così deboli, l’aver recuperato Pirandello ci sembra un atto di coraggio in totale controtendenza. Anche se, certo, il peso dell’Apulia Film Commission, quando nessuno parla pugliese, è un po’ invadente. Per non parlare degli sponsor. In sala dal 2 aprile.

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