IL CINEMA DEI GIUSTI - QUANTO CI HA FATTO SOSPIRARE QUESTO SUSPIRIA DI LUCA GUADAGNINO CHE VEDREMO ANCHE IN ITALIA DA DOMANI. È LUNGO, È VERO, È PIENO DI COSE, IDEE, DIVAGAZIONI, MA È SEMPRE AVVOLGENTE E INTELLIGENTE – VEDETELA COME VOLETE, È INEVITABILE CHE IL PUBBLICO SI POSSA SENTIRE PIÙ CHE INTERESSATO A VEDERE E CAPIRE COI PROPRI OCCHI E CON LA PROPRIA TESTA UN FILM CHE NON È NÉ FACILE NÉ POPOLARE, NÉ ACCHIAPPONE NÉ FURBASTRO

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Quanto ci ha fatto sospirare questo Suspiria di Luca Guadagnino che vedremo anche in Italia dal 1 gennaio, non un remake, quanto un film a partire dal celebre Suspiria di Dario Argento. Con la raffinata musica di Thom Yorke al posto di quella da paura dei Goblin, con Dakota Johnson al posto di Jessica Harper, che pure compare in un ruolo importante. Con Tilda Swinton in almeno tre ruoli. Con decine e decine di rimandi e note a piè di pagina.

 

Ma già, in parti uguali, va detto, massacrato e esaltato dalla critica e dai blog di mezzo mondo. “Un film pensato con la vagina!”, “Un film che confonde l'eleganza con il sottotesto e i significanti vuoti con il peso intellettuale”. Ha diviso critici sotto le stesse testate, come quelli del New Yorker, ha provocato conflitti e inaspettate provocazioni, “Torna Dario, tutto è perdonato!”. Ma è piaciuto a Natalia Aspesi che si vanta su Repubblica di non aver mai visto l’originale.

 

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Ha fatto piangere Quentin Tarantino, ma ha fatto uscire dalla sala un cineasta horror come Scott Derrickson, che amava troppo il film di Dario. Vedetela come volete. Anche se non è andato benissimo né in America né in altre parti del mondo, pur incassando già 5 milioni di dollari, è inevitabile che il pubblico italiano si possa sentire più che interessato a vedere e capire coi propri occhi e con la propria testa un film che non è né facile né popolare, né acchiappone né furbastro.

 

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E’ lungo, è vero, è pieno di cose, idee, divagazioni, ma è sempre avvolgente e intelligente. E’ più vicino a Bernardo Bertolucci che a Dario Argento, però. Partendo proprio dall’idea di un cinema post-post-moderno come ai tempi della sceneggiatura di C’era una volta il West, il film che unì Bernardo e Dario sotto il segno di Sergio Leone. Magari è da lì che parte anche Guadagnino.

 

“Quando danzi la coreagrafia ideata da un altro, diventi l’immagine del suo creatore”, ci sentiamo dire a un certo punto. Ora. Lo so che è impossibile, ma sarebbe bene non vedere Suspiria come un remake di un film che ha segnato generazioni e generazioni di giovani spettatori. Magari sarebbe da vedere come un passo in avanti o indietro o di lato del primo Suspiria. Non ce la farete, vero? E sarebbe giusto anche non chiedersi troppo chi sia questo misterioso Lutz Ebesdorf che ha l’unico ruolo maschile del film, cioè lo psicanalista Jozef Klemperer.

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Anche se proprio lui (?) e il suo pisello (posticcio?) sono gli spettatori privilegiati della storia messa in scena dalle femmine pazze che dominano lo schermo. Il pubblico, anche quello più anziano, farebbe invece bene a documentarsi un attimo sulla banda Baader Meinhof, sul “suicidio” di Stammheim, e sull’arrivo di Lacan a Berlino nell’ottobre del 1977.

 

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Perché il film è anche una sorta di film-saggio sul 1977, sulla Germania di Fassbinder e dei grandi maestri del tempo, con tante delle sue attrici, che nelle versione più lunga funzionavano anche meglio, nonché sul cinema di Dario Argento e Daria Nicolodi, allora sua moglie, musa e sceneggiatrice. Dario-Daria, che allora sembravano così uniti e che in Suspiria portavano avanti un’idea di cinema e di femminismo a doppia faccia. Come Luca-Tilda. E magari la stessa cosa cerca un po’ di fare anche Guadagnino con Tilda Swinton.

 

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Perché, ovviamente, visto che è ambientato nel 1977, è anche un film sulle utopie femministe, sul tremate tremate le streghe son tornate della nostra (mia) gioventù, sulle artiste alla Francesca Woodman che dal profondo dell’America arrivarono in Europa per liberarsi di tutto alla ricerca della propria identità. Anche di streghe. Mentre in Germania, e non solo, negli anni ’70 si smaltivano ancora sensi di colpa e di vergogna, che ci avrebbero portato a quello che siamo oggi. Anche perché, come sostiene giustamente Guadagnino, “il peggio deve ancora venire”.

 

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Questo viaggio nel cinema, nella cultura e nella memoria collettiva europea non so se è esattamente quello che il pubblico, penso a quello italiano, si aspettasse dal film, probabilmente lo capiscono in profondità solo i quarantenni della stessa generazione del regista. Come il film non è un remake horror alla It o alla Halloween, anche se è assolutamente un horror con tanto di streghe e scene gore e tanto sangue. E sviluppa, portandolo a compimento, come già hanno capito i fan argentiani, una delle idee portanti della Suspiria di Argento, che non svelerò, ma che lui non ebbe il coraggio o la voglia di filmare.

 

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Perché, anche qui tutto gira attorno all’idea della Madre. Della grande femminilità. Una madre che muore, una che deve nascere, in un paese distrutto dal potere maschile. Peccato che le notazioni più lesbo, che c’erano, nella versione finale siano molto più blande. Ma se, dopo averlo visto già un paio di volte in fasi diverse, ho avuto ancora il desiderio di rivederlo, dimostra, al di là dell’amicizia, che è un’opera affascinante, intelligente, colta, piena di sorpresa che scopri nelle visioni successive, ma soprattutto in grado di costruire un immaginario cinematografico che non ti aspetti.

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Penso che sia il miglior film di Guadagnino, un passo in più rispetto anche a Chiamami col tuo nome, che certo era più dritto nella storia d’amore, e uno dei migliori film dell’anno per qualità di immagine, di ricerca, di scrittura. La storia, che parte proprio da quella di Argento e Nicolodi, è quella della ballerina americana Susie Bannon, cioè Dakota Johnson, qui diventava hamish dell’Ohio, che arriva nel pieno della Berlino del 1977, nella scuola di danza di Madame Blanc, cioè Tilda Swinton e scopre ben presto che ci sono cose che non tornano, ragazze che scompaiono, come Patricia, Chloé Grace Moretz, che apre il film nello studio del suo psicanalista, manipolazioni di ogni tipo.

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Sappiamo da subito, non solo perché abbiamo visto il vecchio film, che la scuola è governata dalle streghe, un gruppo di attrici meravigliose, da Angela Winkler a Ingrid Caven, da Renée Soutendjik a Sylvie Testud, ma non sappiamo quanto la realtà delle streghe abbia a che fare con il mondo che le circonda e quale sia il ruolo della nostra protagonista all’interno della scuola. Bellissime le canzoni di Thom York. E davvero commovente l’apparizione di Jessica Harper, la protagonista del primo Suspiria.

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