EDITORIA IN AGONIA – RCS, ESPRESSO, MONDADORI E CALTAGIRONE UNITI DALLA PERDITA DI FATTURATO – E CON LA PUBBLICITÀ IN CALO I CONTI TENGONO SOLO GRAZIE AL TAGLIO DEI COSTI – L’EMORRAGIA DI COPIE CARTACEE NON RIMPIAZZATA DAL DIGITALE

La crisi pare ormai non essere più congiunturale ma di struttura. Tra il 2009 e il 2013 i ricavi aggregati dei sette maggiori gruppi editoriali italiani hanno segnato una flessione del 27,7%, ovvero dai 5,8 mld. del 2009 ai 4,2 mld del 2013…Unico segno positivo tra i grandi colossi dell'informazione quotidiana è Il Sole 24Ore...

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Fabio Pavesi per “Il Sole 24 Ore

 

AAA cercasi ricavi. È il sogno neanche troppo recondito di ogni editore nel lungo tunnel buio di una crisi dell'intero settore che dura ormai da un lustro. Anche il 2014 però rischia di vedere svanire le attese. I conti preliminari dell'anno appena trascorso dicono che non c'è stata inversione e il segno meno continua a campeggiare davanti al numero del fatturato.

 

edicola edicola

È così per Rcs che ha chiuso il consolidato con ricavi per 1,279 miliardi a fronte di 1,314 miliardi del 2013 in calo del 2,6%. È andata peggio al gruppo L'Espresso che ha visto scendere i ricavi consolidati del 6,6% con un calo dei ricavi da diffusione e pubblicità per 45 milioni. Tra i gruppi quotati che hanno finora approvato i conti anche Caltagirone editore (che pubblica tra gli altri Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino) ha perso fatturato in un anno per 11,5 milioni (da 181,5 a 170 milioni nel 2014).

PRIMA PAGINA DEL CORRIERE TANTI DISOCCUPATI COME NEL SETTANTASETTE PRIMA PAGINA DEL CORRIERE TANTI DISOCCUPATI COME NEL SETTANTASETTE

 

Unico segno positivo tra i grandi colossi dell'informazione quotidiana è Il Sole 24Ore che per la prima volta ha interrotto a livello consolidato la caduta dei ricavi, saliti l'anno scorso dell'1,9% a 310 milioni. Neanche Mondadori che non è afflitto dalla crisi delle vendite dei quotidiani e ha il suo punto di forza nei libri e nei periodici è riuscita a far salire il fatturato, sceso invece del 7,7% (e del 4,6% a perimetro omogeneo). Dati che non stupiscono più di tanto e che allungano la crisi profonda del settore editoriale.

 

Bastava del resto consultare i dati Ads del 2014 per accorgersi che sul fronte delle vendite delle copie (cartacee + digitali) tutti i grandi quotidiani mostravano cali medi intorno al 10% con testate come La Repubblica con un -7,8%; il Messaggero con un calo delle vendite cumulate carta e digitale del 4% per arrivare ai tonfi di Libero (-27,6%), Il Giornale (-12%) e Il Giornale di Sicilia (-28%).

 

Non che l'altra voce delle entrate cioè i ricavi pubblicitari sia andata meglio. Per Rcs nel consolidato la pubblicità è salita del 3,2%, ma nella divisione Media Italia quella cioè che raccoglie Il Corriere, la Gazzetta, Sette, Io donna, Amica e Oggi tra le testate più importanti, la pubblicità è scesa del 6,3%, con i ricavi editoriali pressochè fermi. Per il gruppo L'Espresso (-6,6% i ricavi totali consolidati), la pubblicità ha perso ricavi per il 7,6%.

 

il sole ventiquattro ore il sole ventiquattro ore

Il gruppo L'Espresso ha pubblicato finora solo il comunicato del bilancio 2014. Si vedrà il dettaglio delle attività nei prossimi giorni , ma la divisione La Repubblica mostra sofferenza con ricavi scesi a 234,5 milioni nel 2013 contro i 277 milioni del 2012 e solo 106,6 milioni nel primo semestre del 2014. La caduta ha riguardato non solo la diffusione ma la pubblicità scesa a doppia cifra. Manca all’appello il 2014. Si saprà a breve.

 

Ma che la crisi sia profonda con vendite di copie cartacee che scendono anno su anno e pubblicità che in termini di minor valore amplifica spesso la caduta è noto da tempo. E la crisi pare ormai non essere più congiunturale ma di struttura. Basti sfogliare lo studio sull'editoria pubblicato di recente da R&S Mediobanca per sincerarsene. Tra il 2009 e il 2013 i ricavi aggregati dei sette maggiori Gruppi editoriali italiani hanno segnato una flessione del 27,7%, ovvero dai 5,8 mld. del 2009 ai 4,2 mld del 2013.

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Oltre un quarto del fatturato è stato perso in soli 5 anni. E allora la strategia di difesa degli editori è stata quella di un profondo taglio dei costi. Con ricavi che scendono anno su anno solo il taglio dei costi ha mantenuto un po’ di redditività industriale. Buona la performance de L’Espresso che tuttora ha un Mol al 9,3% dei ricavi. Ed è in salute Cairo con margini industriali sopra il 10% e profitti per 24 milioni.

 

La cura costi ha riportato in nero il Mol di Rcs dopo il rosso di 83 milioni del 2013. Anche Mondadori è tornata in positivo con il Mol al 5,7% dei ricavi. Anche Caltagirone ha visto il Mol tornare in positivo. E il gruppo Sole 24 Ore ha migliorato a livello di Mol la perdita di 42 milioni a -10, ma non ancora sufficiente a tornare in nero. Ma la cura dei costi è un lenitivo e non basta a rimettere in piedi il settore. Le perdite cumulate dai 7 grandi gruppi editoriali tra il 2009 e il 2013 sono state infatti, come documenta R&S Mediobanca ben 1,82 miliardi con Rcs che ha perso da sola 1,173 miliardi.

 

PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA MARZO PRIMA PAGINA DI REPUBBLICA MARZO

Solo l'Espresso con Cairo ha cumulato profitti e continua a fare utili. Con il 2014 le perdite cumulate salgono a 1, 93 miliardi. Perdite che hanno eroso il patrimonio netto aggregato del 40% nei 5 anni. E che il taglio dei costi resti l'unica (fin troppo facile) ricetta è evidente ancora oggi nel bilancio di Rcs. A fronte di un fatturato in frenata di solo il 2,6% per riuscire a colmare il rosso a livello di Mol per oltre 83 milioni del 2013 e portarlo in positivo per 30 milioni l'anno scorso, il gruppo ha tagliato il costo del lavoro per 86,5 milioni (il 21% del 2013) e i costi operativi per 56 milioni (il 6%). Solo così e non certo per la ripresa dei ricavi Rcs ha dimezzato le perdite a 110 milioni dai 218 milioni del 2103.

 

Ma c'è un'altra strada (non solo quella dei tagli di costo del lavoro) per tamponare la crisi. Quella di investire massicciamente sul digitale riuscendo sia a trasmigrare le copie cartacee sul web, sia far crescere da sola la componente digitale. Questo consente di azzerare i costi di stampa e diminuire quelli da distribuzione aumentando per ogni copia diffusa la marginalità industriale. Tutti ci stanno provando.

 

Dal Corriere a Repubblica, ma con un passo ancora troppo lento. Il Corriere nel 2014 ha visto il digitale salire da 101mila copie a 126mila copie ma a fronte di una perdita di copie cartacee con un saldo complessivo di -5,5%. E Rcs a livello di gruppo è in ritardo sulla tabella di marcia del suo vecchio piano industriale 2013-2015 che prevedeva ricavi da diffusione in lieve salita e un fatturato a fine 2015 di 1,5 miliardi.

 

SEDE CORRIERE DELLA SERA SEDE CORRIERE DELLA SERA

Ebbene i ricavi da diffusione a livello consolidato sono scesi da 927 milioni di fine 2012 a 788 milioni a fine 2014, in calo di 139 milioni mentre la pubblicità ha perso 95 milioni nel triennio. Ora la stima per fine 2015 è di un fatturato a 1,3 miliardi dagli 1,5 miliardi attesi prima. Che il 2015 anno di ripresa possa invertire la rotta, grazie agli auspici di un ritorno della pubblicità? È presto per dirlo. Ma il vero tema è quello di arginare la caduta delle copie. Vincerà la sfida chi per primo sarà in grado di farlo.

 

 

 

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