INFERNET - CADERE IN UNA RETE (DISUMANA) CHE IMPEDISCE DI SBAGLIARE

Fabio Chiusi per "l'Espresso"

L'idea fondamentale degli innovatori di Silicon Valley, e degli intellettuali che se ne fanno interpreti, è che la tecnologia serva a renderci migliori, e non possa che renderci migliori. Bando alla complessità: i problemi si possono risolvere sempre, e in un numero finito di passi, con un algoritmo. Che si tratti dell'obesità o dell'insonnia, dei deficit di memoria o di democrazia, di creare un piatto da chef per una serata romantica o ridurre il crimine, c'è sempre una risposta.

E al centro di ogni risposta c'è «Internet», scrive lo scienziato politico di origini bielorusse Evgeny Morozov nel suo nuovo libro ("To Save Everything, Click Here", in uscita in lingua inglese). O meglio, una sua versione idealizzata che riduce un complesso di tecnologie e strutture fisiche, risultato di compromessi e battaglie politiche, a un'entità immutabile e inscalfibile il cui destino è necessariamente guidare il progresso dell'uomo e della società umana. Un Moloch dotato di leggi sue proprie, affini a quelle di natura, e le cui parole d'ordine sono trasparenza, apertura, condivisione, partecipazione, disintermediazione.

Dopo aver chiamato la prima ideologia (c'è sempre una risposta esatta) «soluzionismo» e la seconda (la Rete è sempre la risposta) «Internet-centrismo», Morozov mostra che perfino quei dogmi apparentemente innocui vanno messi in questione. Perché, in certi casi, «possono ridurre il processo democratico a finzione», scrive. E la corsa a farne il massimo utilizzo nella gestione della cosa pubblica o nella nostra vita di tutti i giorni potrebbe rivelarsi «proibitivamente costosa nel lungo periodo».

Il prezzo, argomenta Morozov, è niente meno che la nostra stessa umanità. Perché al cuore del combinato disposto delle due ideologie che ci impediscono di fare una buona storia della tecnologia, e soprattutto di usarla al meglio per promuovere riforme reali e non di facciata, c'è una volontà di perfezione che atterrisce, soprattutto per la mancanza di spirito critico con cui viene affrontata.

«Imperfezione, ambiguità, opacità, disordine e l'opportunità di sbagliare, peccare» sono «parti essenziali della libertà umana», si legge nel volume, e qualunque tentativo di eliminarle la cancella. Sia tramite l'utopia di un governo del popolo tramite «la Rete» o misurando ossessivamente tutta la nostra vita per correggerla (è il caso dei cosiddetti «datasexual», che barattano l'identità con le moli sterminate di dati che producono su loro stessi), il rischio è attuale, perché si parla di progetti e fenomeni in corso. E senza che l'opinione pubblica abbia ben chiaro che «un ambiente sociale perfettamente controllato» renderebbe da ultimo «il dissenso non solo impossibile, ma perfino impensabile».

Per questo Morozov, nelle ultime pagine, scrive che il monito del libro è in realtà un elogio dell'imperfezione: «In parole povere, questo volume sostiene che il perfetto è nemico del buono, che a volte il buono è buono abbastanza e che, indipendentemente da quale strumento stiamo tenendo in mano, queste due affermazioni reggono».

Una critica, feroce ma argomentata attraverso un uso straordinariamente disinvolto (per un classe 1984) della storia del pensiero (dal design all'epistemologia passando per le fondamenta della teoria economica), che investe tutti i grandi nomi della riflessione sulla tecnologia: da Jonathan Zittrain a Jeff Jarvis, da Clay Shirky a Steven Johnson. E che non risparmia i proclami e le velleità civili di Mark Zuckerberg ed Eric Schmidt.

A dirla tutta, non è sempre ben chiara la relazione tra le due ideologie dettagliate nel libro. L'autore concorda: «Ma in sostanza», spiega Morozov a "l'Espresso", «è molto semplice: il nostro atteggiamento verso Internet - specie l'idea che la Rete sia unica ed eccezionale, come già si era detto per la stampa - consente a molte idee "soluzioniste" di procedere senza alcun vaglio critico». Invece, argomenta Morozov, è tempo di abbracciare un «approccio post-Internet», che vada oltre la retorica del libero Web smascherata nel libro precedente ("L'ingenuità della rete", Codice) e dunque ampli la riflessione dal nonsense delle rivoluzioni fatte a colpi di tweet all'intero spettro della politica.

Chiedendosi sempre quali conseguenze abbiano gesti apparentemente innocui come utilizzare l'open data per combattere il crimine cittadino, posizionare sensori di riconoscimento nei parcheggi pubblici o nei cestini dell'immondizia o sedurre gli astensionisti al voto ricompensandoli con badge e altri premi in stile Foursquare.

Tutto ciò è possibile solo «documentando come queste tecnologie vengano prodotte, quali voci e ideologie vengano ridotte al silenzio nella loro produzione e diffusione»; e mostrando come troppo spesso la riflessione che ce le dovrebbe spiegare somigli a una comoda giustificazione per le aziende pubblicitarie che vogliano trasformare il cittadino in consumatore - e nel nome del bene collettivo, non del loro.

Una volta aperto lo sguardo alla concretezza della storia, si scopre che non c'è nessuna unicità o «rivoluzione digitale» (l'autore lo chiama «epocalismo») nella nostra era. E che i veri conservatori stanno proprio a Silicon Valley, che di quel pensiero è la culla. «Le loro soluzioni sono aggiustamenti», ci spiega Morozov, «che finiscono per promuovere riforme di corto respiro, regressive».

Per questo poco importa che «molti "innovatori" si dicano "liberal"»: se la tecnologia diventa il nostro risolutore di problemi per definizione, se a decidere è un algoritmo di cui abbiamo imparato a non chiedere la ratio o a dimenticare che è scritto da esseri in carne e ossa per altri suoi simili, «finiamo per accettare norme che dovrebbero essere soggette a costante scrutinio e revisione».

Invece la sudditanza a «ciò che vuole Internet», per parafrase Kevin Kelly (tra i bersagli preferiti di Morozov), va sostituita con una rinnovata priorità alla filosofia morale e al suo armamentario concettuale. Per comprendere che non sono le norme e i comportamenti umani a doversi piegare al progresso, ma viceversa; e capire come, e per quali ragioni, caso per caso. È un afflato umanistico che riporta alla mente "Tu non sei un gadget"di Jaron Lanier (un capitolo si chiama "Gadget intelligenti, umani stupidi"), solo con un senso di urgenza non percepibile tra le pagine del pioniere della realtà virtuale.

«È tempo di opporsi, e di farlo ora piuttosto che tra dieci anni», conferma Morozov. L'idea che il pubblico potrebbe non essere pronto o semplicemente non curarsene non lo scalfisce: «Non chiedo che ogni cittadino smetta di fare ciò che sta facendo e prenda a leggere Latour», dice. «Anzi, suggerisco spesso il contrario: per esempio, che si debba delegare agli esperti. Ma questo non significa agire come se tutti fossero idioti. Se così fosse, si potrebbe governare la Repubblica come voleva Platone».

Il pensiero di nuove forme di totalitarismo, tuttavia, sembra preoccupare realmente l'autore. Nonostante il libro manchi di qualunque tipo di catastrofismo, una radice anti-utopica pervade il resoconto di quelle che ormai sono tecnologie di tutti i giorni, dalla «condivisione senza attrito» di Facebook alle applicazioni del riconoscimento facciale. E, domani, alla realtà aumentata («ma intellettualmente diminuita»?) e alle auto che si guidano da sé di Google.

Morozov invita a fermarci, considerare se i problemi e le soluzioni proposte da Silicon Valley siano a misura d'uomo o di multinazionale e, soprattutto, se siano davvero problemi. Il proposito di discutere approfonditamente di tutto è in parte altrettanto utopico e soprattutto incompatibile con i tempi della contemporaneità. Ma l'invito a riconsiderare le fondamenta stesse della nostra convivenza tecnologica, a partire dal porsi la domanda se «Internet» debba poter addirittura scomparire per favorire un reale progresso della civiltà umana, è un merito che consegnerà questo giovane pensatore alla storia che con tanto ardore ci chiede di rispettare.

 

Evgeny Morozov Evgeny Morozov Evgeny Morozov Author Evgeny Morozov of IL CONTROLLO SU INTERNET FLUSSI INTERNET INTERNET INTERNETINTERNETMICROSOFT SILICON VALLEY logo facebook

Ultimi Dagoreport

matteo renzi sergio mattarella elly schlein maurizio landini

DAGOREPORT – IL REFERENDUM ANTI JOBS-ACT PROMOSSO DALLA CGIL DI LANDINI, OLTRE A NON ENTUSIASMARE MATTARELLA, STA SPACCANDO IL PD DI ELLY SCHLEIN - NEL CASO CHE UNA DECINA DI MILIONI DI ITALIANI SI ESPRIMESSERO A FAVORE DELL’ABOLIZIONE DEL JOBS-ACT, PUR NON RIUSCENDO A RAGGIUNGERE IL QUORUM, LANDINI ASSUMEREBBE INEVITABILMENTE UN'INVESTITURA POLITICA DA LEADER DELL'OPPOSIZIONE ANTI-MELONI, EMARGINANDO SIA SCHLEIN CHE CONTE - E COME POTRANNO I RIFORMISTI DEM, I RENZIANI E AZIONE DI CALENDA VALUTARE ANCORA UN PATTO ELETTORALE CON UN PD "LANDINIZZATO", ALLEATO DEL POPULISMO 5STELLE DI CONTE E DE SINISTRISMO AVS DI BONELLI E FRATOIANNI? - A MILANO LA SCISSIONE DEL PD È GIÀ REALTÀ: I RIFORMISTI DEM HANNO APERTO UN CIRCOLO IN CITTÀ INSIEME A ITALIA VIVA E AZIONE. MA BONACCINI DIFENDE ELLY SCHLEIN

sergio mattarella giorgia meloni

DAGOREPORT - L'ARDUO COMPITO DI MATTARELLA: FARE DA ARBITRO ALLA POLITICA ITALIANA IN ASSENZA DI UN’OPPOSIZIONE - IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NON VUOLE SOSTITUIRSI A QUEGLI SCAPPATI DI CASA DI SCHLEIN E CONTE, NÉ INTENDE SCONTRARSI CON GIORGIA MELONI. ANZI, IL SUO OBIETTIVO È TENERE IL GOVERNO ITALIANO DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA: SALDO IN EUROPA E CONTRO LE AUTOCRAZIE – IL PIANO DI SERGIONE PER SPINGERE LA PREMIER VERSO UNA DESTRA POPOLARE E LIBERALE, AGGANCIATA UN'EUROPA GUIDATA DA FRANCIA, GERMANIA E POLONIA E LONTANA DAL TRUMPISMO - LE APERTURE DI ''IO SONO GIORGIA" SUL 25 APRILE E AFD. MA IL SUO PERCORSO VERSO IL CENTRO E' TURBATO DALLL'ESTREMISMO DI SALVINI E DALLO ZOCCOLO DURO DI FDI GUIDATO DA FAZZOLARI...

francesco micheli

DAGOREPORT - IN UNA MILANO ASSEDIATA DAI BARBARI DI ROMA, SI CELEBRA LA FAVOLOSA CAPITALE DEGLI AFFARI CHE FU: IL CAPITALISMO CON IL CUORE A SINISTRA E IL PORTAFOGLIO GONFIO A DESTRA - A 87 ANNI, FRANCESCO MICHELI APRE, SIA PURE CON MANO VELLUTATA E SENZA LASCIARE IMPRONTE VISTOSE, IL CASSETTO DEI RICORDI: “IL CAPITALISTA RILUTTANTE” È IL DIARIO DI BORDO DELL’EX BUCANIERE DELLA FINANZA CHE, SALITO SULL’ALBERO PIÙ ALTO DEL VASCELLO, HA OSSERVATO I FONDALI OSCURI INCONTRATI NEL MARE MAGNUM INSIDIOSO DELL’ECONOMIA, SOMMERSA E SPESSO AFFONDATA - “IO E LEI APPARTENIAMO A ZOO DIVERSI”, FU IL VATICINIO DI CUCCIA – LUI, UNICO TESTIMOME A RACCOGLIERE LO SFOGO DI EUGENIO CEFIS SU QUEL “MATTO” DI CUCCIA CHE NEL GIORNO DELLE SUE CLAMOROSE DIMISSIONI DA MONTEDISON L’AVEVA ACCOLTO CON UN BEFFARDO: “DOTTORE, PENSAVO VOLESSE FARE UN COLPO DI STATO…”

romana liuzzo

DAGOREPORT! UN MOTO DI COMPRENSIONE PER I TELESPETTATORI DI CANALE5 CHE HANNO AVUTO LA SFORTUNA DI INTERCETTARE LA MESSA IN ONDA DELLO SPOT AUTO-CELEBRATIVO (EUFEMISMO) DEL PREMIO “GUIDO CARLI” - CONFUSI, SPIAZZATI, INCREDULI SI SARANNO CHIESTI: MA CHE CAZZO È ‘STA ROBA? - AGGHINDATA CON UN PEPLO IN STILE “VESTALE, OGNI SCHERZO VALE”, PIAZZATA IN UN REGNO BOTANICO DI CARTONE PRESSATO, IL “COMMENDATORE”  ROMANA LIUZZO REGALA 20 SECONDI DI SURREAL-KITSCH MAI VISTO DALL'OCCHIO UMANO: “LA FONDAZIONE GUIDO CARLI VI SARÀ SEMPRE ACCANTO PER COSTRUIRE INSIEME UN MONDO MIGLIORE”. MA CHI È, LA CARITAS? EMERGENCY? L'ESERCITO DELLA SALVEZZA? - VIDEO!

friedrich merz - elezioni in germania- foto lapresse -

DAGOREPORT – LA BOCCIATURA AL PRIMO VOTO DI FIDUCIA PER FRIEDRICH MERZ È UN SEGNALE CHE ARRIVA DAI SUOI "COLLEGHI" DI PARTITO: I 18 VOTI CHE SONO MANCATI ERANO DI UN GRUPPETTO DI PARLAMENTARI DELLA CDU. HANNO VOLUTO MANDARE UN “MESSAGGIO” AL CANCELLIERE DECISIONISTA, CHE HA STILATO UNA LISTA DI MINISTRI SENZA CONCORDARLA CON NESSUNO. ERA UN MODO PER RIDIMENSIONARE L’AMBIZIOSO LEADER. COME A DIRE: SENZA DI NOI NON VAI DA NESSUNA PARTE – DOMANI MERZ VOLA A PARIGI PER RIDARE SLANCIO ALL’ALLEANZA CON MACRON – IL POSSIBILE ANNUNCIO DI TRUMP SULLA CRISI RUSSO-UCRAINA