ISOTTA DURA SENZA PAURA - “CLAUDIO MAGRIS È UN PERSONAGGIO RIDICOLO CHE SI PITTA I CAPELLI, UN MODESTISSIMO GERMANISTA, RAPPRESENTANTE DEL MEDIOCRE ITALO SVEVO. MA NESSUNO È CAPACE DI DIRE “IL RE È NUDO”

“Magris è oggetto di culto da parte di una conventicola di cretini nostalgici di Francesco Giuseppe e della finis Austriae. Vive a Trieste e fa anche la retorica della triestinità; recita la sceneggiata di scrivere al caffè manco fosse Tomasi di Lampedusa; si pitta i capelli ed è ospite d'onore del 7 dicembre alla Scala”...

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Estratto dal Capitolo XIII de “La virtù dell’elefante” di Paolo Isotta, edizioni Marsilio

 

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Un appunto solo faccio a Vittorio (Feltri, ndr): non ha inserito fra i nomi quello di Claudio Magris, e al suo posto la "scheda" la compilo io. Costui è un personaggio ridicolo, ma fin qui nessuno è stato capace di dire Il re è nudo; sol che lo si faccia tutti se ne accorgeranno.

 

Passa per germanista; in quanto tale è modestissimo; è oggetto di culto da parte di una conventicola di cretini nostalgici di Francesco Giuseppe e della finis Austriae (qui faccio una parentesi: il bravissimo Paolo Tarallo mi fece per qualche tempo da vice al «Corriere» e una volta scrisse in un articolo che la Quarta Sinfonia di Brahms, una delle più grandiose rievocazioni della forma musicale classica mai scritte, esprime la finis Austriae: io gli chiesi come gli fosse venuta in testa una simile puttanata e mi rispose: «Me l'ha insegnata Pestelli!», Pestelli, professore universitario, è uno degli esponenti della scuola musicologica torinese ai quali faccio riferimento altrove); è un retore danubiano.

LA VIRTu? DELL'ELEFANTE ISOTTA LA VIRTu? DELL'ELEFANTE ISOTTA

 

Si considera il rappresentante terreno del mediocre e sopravvalutato Italo Svevo e del mondo ebraico tutto: ma giù le zampe dal nano del colosso Elias Canetti! Vive a Trieste e fa anche la retorica della triestinità; recita la sceneggiata di scrivere al caffè manco fosse Giuseppe Tomasi di Lampedusa che componeva al Circolo Bellini; si pitta i capelli ed è ospite d'onore del 7 dicembre alla Scala.

 

Una volta un mio elzeviro aveva per incipit che il Cretino si riconosce dal fatto che incomincia ogni articolo con una citazione di Goethe o di Thomas Mann; Ferruccio de Bortoli, il quale vede tutto e capisce tutto, mi telefonò dicendo: «Paolo, ti ho tagliato il passaggio sennò mi fai avere un casino con Claudio Magris!».

 

Il genio triestino, retore antifascista a paragone del quale Leo Valiani era asciutto, si occupa dei Massimi Sistemi e aspira al premio Nobel, tranne il quale ha vinto tutti gli altri premi planetari. «È stato insignito del titolo di duca di Segunda mano dal sovrano del regno di Redonda». (Wikipedia) Voto: 3.

claudio magris claudio magris

 

italo svevo italo svevo

Il giorno di Sant'Antonio, che evidentemente ha fatto la quattordicesima grazia, Magris ha vinto anche il Campiello alla carriera. Ben vero, è persona cortesissima, come anch'io posso testimoniare. Sul Campiello alla carriera aggiungo questo: premesso che , periodo ipotetico del terzo tipo, lo rifiuterei, come rifiuterei qualsiasi premio giornalistico (che sia messo a verbale! Autorizzo a sputarmi in faccia se contravvengo a questa dichiarazione!) se dovessero darmelo, per ottenerlo non mi basterebbe che smembrare “La virtù dell'elefante” in quattro libri distinti; sarebbe possibilissimo, e così sarei anch'io "fra i più illustri rappresentanti della cultura europea". Amici studiosi più del mio benessere che della mia gloria, mi hanno infatti consigliato di fare, di questo, quattro libri.

Thomas Mann Thomas Mann

 

ferruccio de bortoli ferruccio de bortoli

Parliamo per un attimo del Nobel: non lo ha avuto Borges e con ciò si è data al sommo bonaerense la possibilità di scrivere alcune delle sue cose più spiritose insieme e tenere. Secondo me i meglio assegnati per la letteratura sono stati quelli a Pirandello e a Samuel Beckett: ossia quando la giuria ha avuto il coraggio di premiare l'Assurdo elevato a sistema.

 

E di Beckett, pel quale ho un culto, voglio aggiungere che non solo “En attendant Godot” è un suo grande titolo, pur se aduggiato dal fatto che tutti i cretini, che non l'hanno letto né lo leggeranno, lo usano per i loro giuochi di parole del genere “En attendant Remi”; lo è anche “Finale di partita”, ch'è la definitiva Apocalissi a noi concessa.

 

 

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