mussolini piazzale loreto

“POVERO MUSS” – DAVANTI AL CADAVERE DEL DUCE, CURZIO MALAPARTE NE RACCONTÒ L'INTERA PARABOLA DAGLI ANNI IN CUI "ERANO TUTTI SUOI COMPLICI" ALLA MATTANZA DI PIAZZALE LORETO COMPIUTA DA UNA “SUDICIA FOLLA CHE LO SPORCAVA DI SPUTI E FECI IN UN ODORE TERRIBILE” – "NON MI IMPORTAVA CHE AVESSE SBAGLIATO, ERA UN VINTO, TUTTI LO AVEVANO RINNEGATO..."

MUSS MALAPARTEMUSS MALAPARTE

Estratto dal libro “Muss” di Curzio Malaparte pubblicato da la Verità

 

Per gentile concessione della casa editrice Passigli, pubblichiamo un testo di Curzio Malaparte sulla morte di Benito Mussolini. I brani sono tratti da un capitolo inedito e incompiuto che avrebbe dovuto far parte del libro Mamma Marcia e che viene ripubblicato nella nuova edizione di Muss. Ritratto di un dittatore. Il volume arriva in libreria proprio nel pieno del cancan mediatico sulla memoria del fascismo

 

MUSSOLINI PETACCIMUSSOLINI PETACCI

Giaceva supino sul marmo, le mani distese lungo i fianchi, gli occhi aperti. Lo avevano già spaccato, esplorato, vuotato, ricucito. Era come un sacco vuoto, un otre vuoto. Una forma di pelle vuota. Non aveva più né il cuore, né il fegato, né i polmoni, né gli intestini, più nulla. La testa era stata svuotata del cervello con cura meticolosa, come si vuota il guscio di un' aragosta. Il suo viso era di un pallore quasi bianco. E qualcosa di nero era negli occhi aperti. Mi avvicinai, lo guardai negli occhi. Tremavo così forte, che dovetti appoggiarmi alla tavola di marmo.

 

Non avevo mai visto, prima di quel giorno, prima di quel momento, uno sguardo morto.

balcone mussolinibalcone mussolini

Non dico gli occhi, ma lo sguardo. Non gli occhi, ma quel che v' era dentro. Avevo sempre creduto prima di allora che lo sguardo fosse qualcosa di impalpabile, una luce, uno splendore, un riflesso. Un moto dello spirito. In quel momento scoprii che lo sguardo è qualcosa di materiale, un po' di materia viva. Era uno sguardo morto, un po' di materia morta, rimasta in fondo agli occhi.

 

Era il suo sguardo intenso, profondo, il suo sguardo di quando era vivo, ma fermo, freddo, coagulato in fondo alle orecchie, fermo e fissato per sempre. Mi guardava come quando era vivo, ma senza batter le ciglia, senza muovere gli occhi.

Era il suo sguardo che riguardava, non i suoi occhi. Avrei forse potuto togliere, con un cucchiaio, quello sguardo dal fondo delle orbite, riporlo in un po' di carta, portarmelo via.

 

balcone mussolini1balcone mussolini1

Non era rimasto, in tutto quel corpo vuoto, che quel suo sguardo morto, quel suo sguardo straordinariamente intenso, profondo, fermo.

Mi guardava come mi aveva guardato tante volte, da vivo.

 

Con quella sua eterna domanda in fondo agli occhi, quella sua continua meraviglia, quella sua sottile paura. Quel suo disagio. Quella sua timidezza, talvolta dolce, femminea, talvolta dura, volgare. Era quello il suo sguardo. Lo sguardo più straordinario, più meraviglioso, che l' Italia avesse avuto per tanti anni, per tutti gli anni in cui egli aveva guardato in faccia gli italiani.

 

MUSSOLINI ALLA MARCIA SU ROMAMUSSOLINI ALLA MARCIA SU ROMA

Nessuno, né gli infermieri, né i periti settori che lo avevano tagliato, frugato, svuotato, ricucito, né i custodi dell' obitorio, né i medici militari americani che erano andati all' obitorio a prendere il suo cervello, a riporlo nella teca ad aria condizionata, per spedirlo in America, nessuno aveva osato chiudergli gli occhi, toccargli le palpebre, avvicinare la mano a quello sguardo, a quel po' di materia morta che splendeva così meravigliosamente in fondo alle sue occhiaie. Era uno sguardo che faceva ancora paura. Non perché fosse cattivo, o severo, ma per la sua straordinaria fermezza, per quella sua fredda, dolcissima serenità. Per quella sua pazienza.

 

 

Nessuno aveva mai guardato gli italiani come li aveva guardati lui, da vivo.

Nessuno aveva mai saputo guardarli in faccia così serenamente, pazientemente.

Con un tale affettuoso rammarico. Era lo sguardo di un italiano che conosceva gli italiani.

VITTORIO EMANUELE III E MUSSOLINIVITTORIO EMANUELE III E MUSSOLINI

Che sapeva che cosa sono gli italiani. Che conosceva il segreto del popolo italiano, di ogni italiano. Che conosceva il proprio segreto. Che sapeva fin dal principio, fin da quel giorno dell' ottobre del 1922 in cui il suo orologio si era fermato, quale sarebbe stata la sua fine.

 

Egli aveva avuto sempre, anche nei giorni più felici, il sospetto della sua fine. Sapeva da che parte gli sarebbe venuto il colpo. 

Quale mano gli avrebbe frugato nelle tasche. Quale tipo d' uomo lo avrebbe ammazzato. Da quale casa, da quale famiglia, da quale strada, da quale città, da quale folla, sarebbe uscito l' uomo che gli avrebbe sparato. Aveva sempre saputo che sarebbe finito in quel modo. Non per mano di un avversario aperto, leale, ostinato, ma di un piccolo uomo, di un essere insignificante, di un ragioniere ladro, di un povero imbecille, di un povero vigliacco.

 

Un giorno mi aveva domandato qual era lo scrittore italiano che aveva mostrato di conoscere meglio il popolo italiano.

 

«Dino Compagni», gli avevo risposto. Mi aveva domandato perché. Gli dissi per quel sospetto che Dino Compagni aveva dei suoi concittadini, e per quel suo rammarico che Corso Donati fosse stato ammazzato non da un italiano, ma da un «soldato straniero», da un catalano, sgariglio, con «lancia catelanesca nella gola», e per quella sua sentenza «cosa fatta capo ha».

 

Mussolini mi rispose che era una sentenza bellissima. E poi aggiunse che avrebbe preferito di morire per mano italiana che per mano straniera, benché fosse sicuro che non sarebbe stato un Bruto colui che lo avrebbe ammazzato, ma un uomo da niente. Aveva sempre sospettato quale sarebbe stata la sua fine, e più sospettava nei giorni del suo trionfo.

Non s' era mai fidato di alcuno.

 

E non perché non si fidasse degli italiani, ma perché sapeva che lo avrebbero ammazzato a tradimento, in modo che nessuno avesse potuto soccorrerlo, né difenderlo. Mi curvai a guardarlo negli occhi.

tutto vuoto Non c' era più nulla in quel suo corpo vuoto, in quella sua testa svuotata del cervello. Più nulla, tranne quel suo sguardo fermo, sereno, paziente. Io gli dissi a voce bassa «povero Muss» e pensai a mia madre. [...] Mi guardava come mi aveva guardato tante volte da vivo.

 

MUSSOLINI PIAZZALE LORETO MUSSOLINI PIAZZALE LORETO

Ed io mi pentii, mi vergognai di non aver più cercato di vederlo, di parlargli, da quando mi aveva messo in prigione. Era dal 1932 che non lo vedevo da vicino, che non gli parlavo. E arrossivo di quel mio stupido orgoglio che mi aveva sempre trattenuto dal chiedergli di vederlo, di parlargli, dopo che ero uscito di prigione. Da tredici anni non lo avevo più visto, non gli avevo più parlato. «Povero Muss» gli dissi, con la voce stessa di mia madre. [...]

 

Mi guardava sereno, paziente, affettuoso. Che m' importava se aveva sbagliato, se aveva commesso errori crudeli e stupidi, se aveva portato l' Italia alla rovina? Non m' importava più nemmeno che avesse fatto piangere mia madre. Quel che m' importava, era che fosse un vinto, che tutti lo avessero rinnegato, che lo avessero ammazzato come un cane, e appeso per i piedi, e coperto di sputi e di orina, in mezzo agli urli feroci di un' immensa folla che fino a pochi giorni prima lo aveva applaudito, gli aveva buttato fiori dalle finestre.

MUSSOLINI GRANO 5MUSSOLINI GRANO 5

 

 

Lo avevo visto appeso alla tettoia del distributore di benzina, in piazzale Loreto, in mezzo a quella sudicia folla, a quella folla di vigliacchi che lo insultava e lo sporcava di sputi, con i pompieri che ogni tanto, col getto delle pompe, lo lavavano degli sputi e del sangue e delle immondizie che la folla gli gettava addosso, nell' aria afosa piena di un terribile odore di sporcizia e di morte. Non m' importava nulla che avesse sbagliato, che avesse coperto l' Italia di rovine, che avesse trascinato il popolo italiano nella più atroce miseria. Mi dispiaceva per tutti gli italiani, ma non per quella sudicia folla. E se anche quella folla di vigliacchi fosse stata composta di milioni e milioni d' italiani, non mi sarebbe importato nulla. Mi avrebbe fatto quasi piacere pensare che quella sudicia folla aveva quel che s' era meritato.

 

Era una folla non di vittime innocenti, ma di complici. Non m' importava nulla che quella sudicia folla avesse le case in rovina, le famiglia disperse, e fosse affamata, poiché una simile folla se l' era meritato. Tutti erano stati suoi complici.

 

benito mussolini guglielmo marconibenito mussolini guglielmo marconi

Fino all' ultimo. Anche quelli che lo avevano combattuto erano stati suoi complici fino al momento della disgrazia. Non m' importava nulla che fosse stata la fame, la paura, l' angoscia, a mutar quella folla d' uomini in iene vili e feroci. Qualunque fosse la ragione che aveva mutato quella folla in  una sudicia turba che l' aveva spinta a sporcare di sputi e di feci il suo cadavere, non m' importava nulla. Ero in piedi sulla jeep, stretto tra quella folla bestiale. Cumming mi stringeva il braccio, era pallido come un morto, e mi stringeva il braccio.

Io mi misi a vomitare.

Era l' unica cosa che potessi fare. Mi misi a vomitare nella jeep, e Cumming mi stringeva il braccio, era pallido come un morto e mi stringeva il braccio.

 

MUSSOLINI HITLERMUSSOLINI HITLER

«Povero Muss» dissi a voce bassa, appoggiandomi con le due mani alla fredda tavola di marmo. V' era nella sala dell' obitorio un silenzio strano, freddo, liscio e freddo. Un silenzio fatto della pelle fredda e liscia di un cadavere. A un tratto udii un suono di voci lontane, uno strepito di passi nel corridoio, una porta che sbatteva chi sa dove. Non c' era nulla di vivo in quella stanza, nulla, neppure una mossa, neppure il ronzio di una mosca. [...] Nulla di vivo, di tiepido.

 

benito mussolini quando fu arrestato dalla polizia svizzera nel 1903benito mussolini quando fu arrestato dalla polizia svizzera nel 1903

Soltanto allora mi accorsi che il cadavere era nudo. Mi sentii arrossire. Non osavo guardare le sue nudità. Era un pudore strano. [...] Mi pareva di mancar di rispetto a quel morto, di fargli ingiuria. Sollevai lentamente una mano. Mussolini mi guardava fisso, con quel suo sguardo sereno, paziente, senza rancore, uno sguardo un po' triste, di quella stessa tristezza che è negli occhi degli uomini e degli animali morti, degli uomini, e dei cani, dei cavalli morti. Sollevai lentamente la mano, l' accostai al suo viso. 

Mussolini CadavereMussolini Cadavere

 

 

Sapevo che avrei spento per sempre quel suo sguardo meraviglioso, che avrei accecato per sempre quegli occhi così sereni, così nobili. Sapevo che il mio era un atto di pietà, non di paura. Non avevo paura del suo sguardo. Ma avrei dato la mia vita per non dover compiere quel gesto definitivo, per non doverlo accecare, per non dover accecare ognuno di noi, ogni italiano. Lentamente gli avvicinai la mano al viso, gli cercai le palpebre, feci forza con la punta delle due dita. Pareva che resistesse. Mi guardava fisso, con quel suo sguardo sereno. Feci forza, quasi gli strappai le palpebre umide di sotto l' arco dell' orbita, lentamente gli chiusi gli occhi, spensi per sempre quel suo sguardo sereno e buono. E di colpo, il buio invase la stanza.

 

Che m' importava se negli anni del suo governo l' Italia era diventata una buffonata, un paravento cinese sul quale erano state dipinte scene di battaglia e di trionfo, corone cesaree e trofei di vittoria, Ercoli gonfi di muscoli sotto cieli tumultuanti di nuvole alla Tiepolo, un paravento per nascondere un bidè? L' Italia, più o meno, era sempre stata così: un mucchio di retorica, una folla di eroi osannanti, di oratori graeculi eloquenti un labirinto d' intrighi e di corruzione. Sempre. [...] L' Italia è sempre stata così. Una minoranza di gente seria, scontenta, delusa, di fronte a un popolo in miseria, nell' ignoranza, curvo sotto una banda d' ignobili profittatori, di cortigiani, di traditori, di vigliacchi, di sbirri e di preti, di bravi e di spie.

 

MUSSOLINIMUSSOLINI

Coloro che si indignavano delle miserie e ipocrisie e soprusi e violenze e corruzioni del tempo di Mussolini dimenticavano che quelle miserie ci son sempre state, in Italia. E se ne indignavano solo perché eran commesse in nome di Mussolini, ma al tempo stesso andavano rammemorando i tempi di Giolitti o di Orlando o di Nitti, o di Zanardelli, come tempi di onestà e di giustizia, dimenticando che fra quelli e i tempi di Mussolini la differenza era soltanto nel nome e nei pretesti.

 

Ma quel che più dava fastidio ai laudatori dei tempi passati, dei tempi della «cara piccola onesta proba giusta Italia», era l' affetto del popolo per Mussolini, affetto di cui non aveva mai goduto nessuno degli uomini politici di quella cara piccola onesta proba giusta libera Italia. Forse il popolo italiano era in errore, forse mentiva.

CURZIO MALAPARTE    CURZIO MALAPARTE CURZIO MALAPARTE CURZIO MALAPARTE CURZIO MALAPARTECURZIO MALAPARTEmussolini aveva insaziabile appetito sessualemussolini aveva insaziabile appetito sessuale

Ultimi Dagoreport

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VANCANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIN, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, MEZZI SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO