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MAI DIRE EROS - CI SONO GLI ORNITOFILI, CHE SI INFIAMMANO DI DESIDERIO ALLA SOLA IDEA DI UN PASSERO APPOGGIATO SUL DAVANZALE, GLI STIGIOFILI, PER CUI LA FANTASIA EROTICA PER ECCELLENZA È RAPPRESENTATA DALL’IDEA DI TROVARSI ALL’INFERNO, MA ANCHE I CLIMACOFILI, CHE SI DICE ABBIANO GLI ORGASMI PIÙ INTENSI MENTRE CADONO DALLE SCALE, FINO AI PIÙ COMUNI FETICISTI, PEDOFILI, SADOMASOCHISTI: NELLA SESSUALITA’ UMANA C’È MOLTO POCO DI UNIVERSALE – L’ELENCO DELLE DEVIANZE…

Francesca Sforza per “Tuttilibri - La Stampa

 

Ci sono gli ornitofili, che si infiammano di desiderio alla sola idea di un passero appoggiato sul davanzale, gli stigiofili, per cui la fantasia erotica per eccellenza è rappresentata dall’idea di trovarsi all’inferno, ma anche i climacofili, che si dice abbiano gli orgasmi più intensi mentre cadono dalle scale, e poi i savantofili, gli psicrofili, fino ai più comuni feticisti, pedofili, sadomasochisti.

PERV JESSE BERINGPERV JESSE BERING

 

L’elenco delle devianze sessuali umane è lungo, lunghissimo, e leggendo PERV Viaggio nelle nostre perversioni di Jesse Bering, viene da chiedersi dove si trovi la maggioranza dei «normali», e soprattutto: che cosa è «normale»?

 

La domanda se l’è posta innanzitutto lui, Jesse Bering, scrittore e psicologo americano di trentanove anni, che nel suo profilo Twitter si definisce anche «Promiscuous mind», mente promiscua. E stando a quanto racconta, deve essergli sorta già quando era un ragazzino di dieci anni, mentre assisteva alle grigliate di famiglia nei verdi sobborghi di Washington D.C e ascoltava frasi del tipo «probabilmente l’Aids è solo un furbo stratagemma di Dio per liberarsi dei froci».

 

Gli ci è voluto un po’ per superare la paura di essere inseguito da Dio e fulminato all’istante, e una volta presa coscienza della propria omosessualità e del fatto che «ci sono delle buone ragioni per essere ottimisti sul futuro», ha pensato che scrivere un libro sulle devianze poteva essere un modo per ampliare l’orizzonte, e anche per cercare di capire «molti altri emarginati erotici che continuano a vivere nel terrore semplicemente perché sono quello che sono». 

 

JESSE BERINGJESSE BERING

«Penso che la normalità sia innanzitutto una questione di numeri – ci dice Bering durante una conversazione via Skype dal suo studio in Nuova Zelanda – Parole come “normale” e “deviante” hanno a che fare con parametri statistici, ad esempio quelli che prendono in considerazione le percentuali con cui ci si riproduce. Allo stesso tempo sono termini evolutivi, che si modificano col modificarsi dei nostri comportamenti e delle società in cui viviamo».
 

Così si è modificato nel corso dei secoli lo stesso termine «pervertito», che nella seconda metà del 600 gli inglesi usavano prevalentemente negli ambienti rurali per descrivere una persona con forti capacità di seduzione e che dopo appena un secolo era già entrato di diritto nel gergo della criminologia forense per indicare uno psicopatico destinato o al carcere o al manicomio. «Per non parlare - aggiunge Bering - della diversa considerazione dell’omosessualità, dall’antica Grecia notoriamente apertissima sul tema, fino all’epoca vittoriana, dove era tutto un fiorire di specialisti desiderosi di curare, estirpare, correggere». 
 

sesso analesesso anale

A proposito di correzioni, uno dei casi più clamorosi è quello di una bambina di nove anni, che nel 1894 fu portata dalla madre dal dottor Block, medico di New Orleans. La signora aveva sorpreso la figlia a masturbarsi, e una breve visita fu sufficiente a diagnosticare «un evidente caso di ninfomania» a cui seguì una clitoridectomia d’urgenza per risolvere il problema alla radice. «Ma la storia è disseminata di queste violenze, figlie della confusione tra moralità e medicina - ci dice ancora Bering - e chi può garantire che fra dieci anni non vengano giudicati altrettanto arretrati i canoni di “giustezza” individuati dai nostri specialisti?».

 

Anche il disgusto - a cui il libro dedica un interessantissimo capitolo - è un aspetto molto più carico di valore simbolico e sociale di quanto si pensi. E’ vero, ci sono cose che hanno un oggettivo potere disgustante, basti pensare a puzze, umori, secrezioni di vario genere, soprattutto se decontestualizzate da situazioni erotiche in senso lato.

 

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Ma cosa dire allora della pratica invalsa nell’oasi egiziana del Siwa, in cui un frullato di yogurt e sperma è considerato la bevanda più adatta da offrire a una ragazza che si intende conquistare (e lei non solo non chiamerà la polizia o altra autorità competente, ma se ne sentirà addirittura lusingata)?

 

«Quando si parla di sessualità umana c’è molto poco di universale - dice Bering - la stessa cosa che per uno è disgustosa per un altro è il massimo della vita... Tanto vale rinunciare alle pretese universalistiche e accettare che la complessa rete di relazioni libidiche che la nostra specie è in grado di tessere non si possa ridurre a una semplice contrapposizione tra bene e male, giusto e sbagliato, sano e malato».
 

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Naturalmente poi ci sono devianze che non illegittimamente interessano i tribunali, e in questo Jesse Bering tocca un punto chiave. «Capire non significa giustificare», ci ripete più volte nel corso della conversazione. Nelle complesse pagine dedicate alla pedofilia, il giovane psicologo americano individua nel «danno» il discrimine oltre il quale una parafilia diventa perseguibile. Ma che rapporto c’è tra danno e consenso? Come arginare il fenomeno di chi non riesce a riconoscere il danno che subisce, anche se di danno si tratta? Alcune volte c’è danno senza consenso, altre volte c’è consenso al danno…

 

«Il consenso - rispondere Bering - ha una connotazione legale e ha a che fare con la presunzione di un danno. In una prospettiva individuale e libertaria il consenso è un fatto individuale. Solo l’individuo ha il controllo delle proprie esperienze psicologiche. Delle volte però c’è un problema di tempi: ad esempio ci si potrebbe rendere conto che retrospettivamente si è commesso un grosso sbaglio in tema di scelte sessuali e sentirsi danneggiati da una scelta che in un’epoca precedente della nostra vita avevamo fatto in modo consensuale.

 

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Questo ha anche a che fare con le aspettative sociali che nel frattempo si sono concentrate su di noi, su come le abbiamo vissute. Per esempio nel tempo diventiamo più sensibili alla vergogna, allo stigma o al pregiudizio che sentiamo intorno a noi». 

 

L’esplorazione del tema non è agevole, ma Bering ha il pregio di porre sempre delle distinzioni precise - «stabilire se qualcuno sia malato di mente o no e’ tutt’altra cosa dal decretare se abbia o meno infranto la legge: il punto e’ capire se sarebbe riuscito a comportarsi diversamente” - e questo spesso non offre risposte definitive, ma aiuta a procedere nell’oscurità che circonda i pensieri sulle pulsioni più enigmatiche da decifrare. Come scriveva Terenzio «nulla di ciò che è umano mi è estraneo». E Jesse Bering lo ammette: per lui è lo stesso.

 

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