“ME NE FREGO DI CHI HA UCCISO PASOLINI! IL MIO FILM È SULLA MORTE DI UN GENIO” - ABEL FERRARA PRESENTA IL SUO PPP: “SCONVOLTO DAL SUO DECAMERONE - LA SUA LEZIONE È: SII TE STESSO - ROMA È PROTAGONISTA DEL FILM” - - - - -

“Non faccio il detective, non indago: racconto l’ultimo giorno di un genio. Mi ritrovo nella sua ricerca di libertà creativa, ciò che non ho è la sua cultura e l’intelligenza. Penso che vivesse come un’ossessione le sue scelte sessuali, e questo me lo fa sentire molto vicino, ho vissuto l’incubo della dipendenza. Il progetto è legato a Dafoe fin dall’inizio”...

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Maria Pia Fusco per “la Repubblica”

 

«Non bevo alcol e non prendo droghe da un anno e mezzo. Sono pulito e vi prego di tenere pulito questo set, vorrei che questo film fosse fatto con il massimo della lucidità e della passione, la mia e la vostra». Così disse Abel Ferrara alla troupe riunita il primo giorno delle riprese di Pasolini , che, dopo Venezia 71 e la partecipazione al festival di Toronto, il 18 settembre uscirà in sala.

 

Coproduzione franco-belga, nel cast ci sono Willem Dafoe (Pasolini), Riccardo Scamarcio (Ninetto Davoli), Damiano Tamilia (Pino Pelosi), Adriana Asti (la madre), Maria de Medeiros (Laura Betti), Valerio Mastandrea, Davoli, Giada Colagrande, Francesco Siciliano.

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A un film su Pasolini Ferrara pensava da vent’anni «ma non riuscivo a trovare la chiave giusta. Non avendo avuto la fortuna di incontrarlo, ho cercato di conoscerlo attraverso i suoi film. Il primo l’ho visto da giovane, Il Decamerone, una scoperta sconvolgente, ero abituato ai film americani, non avevo mai visto la verità di Franco Citti, di Ninetto Davoli.

 

Un capolavoro, un esempio di grande cinema fatto di umanità e immaginazione, con tutti i colori della vita. Soprattutto un’affermazione di libertà creativa totale, priva di ogni compromesso», dice il regista in un incontro a Cannes, con il suo eloquio concitato, intercalato da you know e fuck (che chiede cortesemente di non tradurre), mentre mostra i primi piani di Willem Dafoe sul suo cellulare e gode dello stupore che suscita la somiglianza impressionante dell’attore con Pasolini.

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Alla fine ha scelto di raccontare l’ultimo giorno di vita prima della notte tra l’1 e il 2 dicembre 1975. C’è una ragione?

«L’ultimo giorno può essere simbolico di un’esistenza, di come l’hai vissuta, un tema che avevo affrontato in 4: 4-4. Last day on earth , in cui immaginavo le ultime ore di alcuni personaggi prima della fine del mondo. Nella giornata di Pasolini ho cercato di mettere insieme gli elementi della sua personalità così magnificamente complessa, ricca, contraddittoria.

 

È il cineasta che torna da Parigi dove ha presentato un film, l’intellettuale che dialoga con Furio Colombo, il figlio nella tenerezza dell’incontro con la madre, l’amico a cena con Davoli e la famiglia, l’uomo che cede alle sue ossessioni e va alla ricerca del ragazzo di strada. Poi il viaggio in macchina verso l’idroscalo».

pasolini ferrara pasolini ferrara

 

Si specula sulla possibilità che lei possa aver dato una sua “verità” sulla morte di Pasolini.

«Per favore! Lo ripeto da mesi, non sono un detective, me ne frego di chi lo ha ammazzato, io ho fatto un film sulla sua tragedia personale e sulla perdita di un genio, di un poeta, di un artista, di un uomo che aveva il raro talento di interpretare la realtà. Pasolini non è un’inchiesta né un documentario, è un film, è finzione. C’è una sequenza in cui gioca a calcio, cosa che quel giorno non ha fatto, ma so che gli piaceva e se vedeva qualcuno giocare si univa. Perché non raccontarlo?».

 

Ha letto i suoi scritti?

PIER PAOLO PASOLINI PIER PAOLO PASOLINI

«I più illuminanti sono l’incompiuto Petrolio e la sceneggiatura di Porno-Teo-Kolossal che avrebbe dovuto interpretare Eduardo De Filippo. Ho girato alcune sequenze che avrebbe dovuto girare lui, spero di non averlo tradito. So di non avere il suo carisma, guardando i suoi film si sente che riusciva a trascinare tutta la troupe, li coinvolgeva nello stesso suo viaggio e, mettendo insieme attori e non professionisti, ricreava il sapore della realtà, in armonia con le immagini di Tonino Delli Colli. È con quel cinema che poi mi sono formato, quello dei grandi maestri italiani, un cinema che non esiste più, soffocato dagli artifici del digitale».

 

La scelta di Willem Dafoe?

«Il progetto è legato alla sua interpretazione fin dall’inizio. Non solo per la somiglianza e perché è un attore straordinario, ma Will vive a Roma da anni, conosce la città e insieme abbiamo camminato nei luoghi di Pasolini, dalla stazione al ristorante Pommidoro, tentando di guardare con il suo sguardo. E Roma è uno dei protagonisti del film. Anch’io del resto sto cercando di diventare “romano”».

 

PASOLINI GIOCA A CALCIO PASOLINI GIOCA A CALCIO

Pensa di avere qualcosa in comune con Pasolini?

«Penso che vivesse come un’ossessione le sue scelte sessuali, e questo me lo fa sentire molto vicino, ho vissuto l’incubo della dipendenza, la sconfitta, le pause e le ricadute. E forse, come lui, a volte sono stato giudicato scomodo, un disturbo per la morale comune. Mi ritrovo soprattutto nella sua ricerca assoluta di libertà creativa, ciò che purtroppo non ho è la sua cultura e l’intelligenza di dire cose giuste al momento giusto. Vorrei parlare di lui in modo più alto, anche in un’intervista lui avrebbe trovato risposte mai banali. Io resto sempre un italoamericano del Bronx».

 

Prevede polemiche?

«Non è un problema che mi pongo, non lo faccio mai quando penso a una storia da raccontare, rivendico il diritto alla libertà d’immaginazione. Se mi preoccupassi di eventuali reazioni negative non avrei fatto tanti film».

 

Non avrebbe fatto Welcome to New York sull’affare Strauss-Khan...

PASOLINI PASOLINI

«Giusto, ma non rinnego nulla, rifarei lo stesso film che, al di là delle speculazioni sulle sequenze pseudo-porno, è la storia di un matrimonio che si spezza, di un uomo e una donna che smettono di vivere lo stesso sogno e l’uomo cerca di combattere l’età facendo sesso con giovani donne. Succede a molti uomini, e parlo anche di me, anch’io ho cercato la giovinezza. In fondo io ci sono sempre nei miei film».

 

Anche in Pasolini?

PASOLINI E LAURA BETTI NEL PASOLINI E LAURA BETTI NEL

«Mi identifico totalmente nel suo messaggio finale: devi essere te stesso, non importa se devi lottare, se la battaglia sarà lunga e dolorosa. Sii te stesso, a qualunque costo».

PASOLINI CON VELTRONI NEL A ROMA PASOLINI CON VELTRONI NEL A ROMA

 

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