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MI-SI-RITTS! LA BELLEZZA SECONDO IL FOTOGRAFO CALIFORNIANO HERB RITTS, IL CANTORE DEL NUDO CHE HA UNITO L’ARTE CON LA MODA - LA DIRETTRICE DI "VOGUE" ANNA WINTOUR: “HA LAVORATO PER I GRANDI STILISTI MA ERA PIÙ INTERESSATO ALLA TEXTURE DELL'EPIDERMIDE CHE AGLI ABITI"

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Anna Meldolesi per il “Corriere della Sera”

 

Non è erotico come Helmut Newton. Non è sessuale come Robert Mapplethorpe. Il nudo di Herb Ritts è forte e classico. Il culto del corpo è stato lo zeitgeist degli anni Ottanta e il fotografo californiano ne ha firmato alcune delle immagini manifesto.
 

Una delle più famose è quella con l' elegante intreccio di corpi di Stephanie, Cindy, Christy, Tatjana e Naomi. Cinque tra i volti più belli dell' epoca d' oro delle supermodelle. Il loro abbraccio è una tavolozza con le sfumature più delicate della nudità, dal vulnerabile al sensuale.

 

La struttura compositiva di questa immagine sarà riproposta e citata da altri fotografi, ma lo scatto probabilmente non è il più rappresentativo del rapporto che aveva Herb Ritts con il nudo.
 

Questo artista, impegnato sul fronte della lotta all' Aids e scomparso nel 2002, ha lasciato un' impronta ancora più personale raccontando il corpo maschile. Un genere che, a dispetto di secoli di tradizione pittorica e scultorea, con la modernità è diventato il più difficile da rappresentare senza veli.

 

La retrospettiva al Palazzo della Ragione espone fino al 5 giugno oltre cento immagini prodotte nei 24 anni della sua carriera. Ritratti di celebrities , scatti africani e, ovviamente, fotografie in cui il protagonista indiscusso è il corpo. Modelle e modelli, ma anche sportivi e ballerini.
 

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L' energia atletica trova in Ritts un bilanciamento con l' ordine formale, generando una tensione fisica e ideale che è una delle cifre stilistiche di questo fotografo autodidatta, capace di gettare un ponte tra arte e moda.

 

Danzando davanti al suo obiettivo, Bill T. Jones si allunga, si torce, si piega, diventa un guerriero a testa china. Forse è sul punto di cedere, o forse no, potrebbe risorgere ancora. Ricorda una figura uscita dall' universo michelangiolesco, nota Richard Martin nel catalogo. Il volto, in questo e in molti altri lavori, è girato o coperto, così da evitare il contatto visivo con lo spettatore e oscurare l' identità del soggetto.
 

La curvatura della schiena, le linee delle gambe, le forme dei bicipiti sono una celebrazione della bellezza in equilibrio fra iperrealismo e fantasie elleniche, fra natura e sublime. La nudità rittsiana non è scioccante, non provoca, non allude, ma conserva un' ombra di mistero che trattiene lo sguardo, come se restasse da scoprire qualcosa. L' estetica della naturalezza è frutto di attento studio: «glamour anti-glamour», l' ha definito qualcuno.

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Ritts non usa setting elaborati. Spesso i suoi soggetti posano davanti a uno sfondo bianco con illuminazione naturale. Per catturare la luce al meglio il fotografo aveva montato una piattaforma girevole sul tetto del suo studio a Hollywood. Oppure a fare da scenario ci sono i grandi spazi aperti, le spiagge, le distese desertiche. Gli elementi esterni restano comunque periferici, la scena è tutta per l' anatomia e per la pelle.

 

 

Negli scatti pubblicitari Ritts ha usato anche il colore, ma per i suoi lavori più personali sceglie la forza e la nettezza del bianco e nero. Ritrae così i suoi semidei dal fisico perfetto. Donne e uomini bellissimi che in foto hanno una consistenza tattile, anche se non possiamo fare a meno di avvertirli lontani, irraggiungibili.
 

Ha lavorato per tutti i più grandi stilisti ma era più interessato alla texture dell' epidermide che agli abiti, ha notato la direttrice di «Vogue» Anna Wintour. Per esaltarne i particolari poteva ricorrere a sabbia, fango, pitture. La pelle nera riluce, per questo Ritts amava fotografare soggetti di ascendenza africana.

 

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Anche la stoffa, quando c' è, diventa corpo, come in quello scatto in cui Naomi Campbell è completamente velata, con la silhouette coperta e al tempo stesso denudata dal vento del deserto che le incolla il vestito addosso.
 

La nudità artistica si indossa come un capo, hanno ragione gli studiosi che se ne sono occupati, da John Berger a Philip Carr-Gomm, passando per Giorgio Agamben. Per la lingua inglese è «nude» mai «naked», stilizzata e tutt' altro che ordinaria, plasmata e per così dire rivestita dallo sguardo dell' autore.

 

Lo dimostra un famoso dittico di Helmut Newton, in cui le modelle appaiono paradossalmente identiche sfilando nude e vestite. Ci scherza su Robert Altman nella scena finale del film Prêt-à-porter, con l'élite della cultura fashion intenta ad applaudire un' inesistente collezione «total nude».

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