IL MIO “FRAGILE” E VITALISSIMO LEOPARDI - L’ARDORE CHE SUPERA IL PESSIMISMO, LA POESIA CONTRO LA VANITÀ, IL DESIDERIO INESAUSTO DI AMORE: A TEATRO LO SCRITTORE BEST SELLER ALESSANDRO D’AVENIA ATTUALIZZA, PER GLI STUDENTI, LA VITA DEL GENIO DI RECANATI

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D'AVENIA D'AVENIA

Giuseppe Pollicelli per Libero Quotidiano

 

Uscito a fine ottobre, il nuovo libro di Alessandro D' Avenia continua a occupare la prima posizione tra i bestseller pur non essendo un romanzo. In realtà non è neppure un saggio, bensì un interessante esperimento letterario in cui l' autore, insegnante di Liceo, immagina di inviare delle lettere a Giacomo Leopardi.

 

Lettere che riprendono alcuni dei temi fondamentali della poetica leopardiana e che sono l' occasione per rivolgersi ai giovani d' oggi e farli riflettere sul senso dello stare al mondo.

 

L' arte di essere fragili (Mondadori, pp. 216, euro 19) non è solo un libro, ma anche uno spettacolo. O meglio, un esempio di teatro di narrazione in cui lo stesso D' Avenia, diretto da Gabriele Vacis e con il disegno illuminotecnico e sonoro di Roberto Tarasco, interpreta alcune parti del suo lavoro alternandole di serata in serata.

 

Già andata in scena (gratuitamente e a beneficio dei soli studenti) a Milano, Palermo e Torino, la versione teatrale de L' arte di essere fragili approda oggi a Verona per poi arrivare a Bologna (6 febbraio) e Genova (29 marzo).

 

Nella decisione di dedicare un libro a Leopardi, scomparso a quasi 39 anni nel 1837, ha contato il fatto di essere giunto alla stessa età in cui il poeta è morto?

«Sicuramente. Leopardi mi accompagna da quando avevo 17 anni: ne ho fatto la conoscenza grazie a un mio professore che in classe recitò quasi interamente a memoria il Canto notturno di un pastore errante dell' Asia.

 

D'AVENIA LEOPARDI D'AVENIA LEOPARDI

In quella poesia trovai tutto ciò che mi occorreva per mettere a fuoco la contraddizione insita nell' età dell' adolescenza, ossia l' indecisione tra l' anelito vitale espresso dai versi "Forse s' avess' io l' ale... Più felice sarei" e la razionale e desertificante presa d' atto che il giorno natale è di per sé funesto, in quanto primo tassello verso la morte. Arrivato alla soglia dei 40 anni ho sentito l' esigenza di un bilancio, e il pensiero che alla mia età attuale, bruciando le tappe della vita, Leopardi moriva, mi ha spinto a chiedermi a che punto fossi. E a che punto siamo noi tutti».

 

Ha dato subito al libro una forma epistolare?

«No. L' innesco c' è stato durante una lezione che ho tenuto in un' università milanese ad alcuni liceali: lì mi sono reso conto che quando parlavo del Leopardi pessimista facendo ricorso a testi poco utilizzati nelle scuole, negli occhi dei ragazzi scoccava una scintilla. Quando ho iniziato a scrivere il libro pensavo che avrebbe mantenuto la fisionomia di quella mia lezione, ma andando avanti mi sono reso conto che la scrittura narrativa si affermava su quella saggistica ed è stato giusto così. Avevo intrattenuto per 20 anni un dialogo interiore con Leopardi e ho compreso che dovevo rivolgermi direttamente a lui».

ALESSANDRO D'AVENIA ALESSANDRO D'AVENIA

 

Il dato che Leopardi induca ad amare la vita pur facendone un ritratto disperato è da ritenersi acquisito. Già Francesco De Sanctis scriveva che «non crede al progresso, e te lo fa desiderare; non crede alla libertà, e te la fa amare. Chiama illusioni l' amore, la gloria, la virtú, e te ne accende in petto un desiderio inesausto». L' originalità del suo lavoro consiste nell' avere introdotto il concetto di fragilità.

 

«Vorrei prima di tutto far notare che sinora la critica si è concentrata essenzialmente sul pessimismo, il che ha reso l' associazione pessimismo-Leopardi proverbiale. Io invece insisto sull' immagine del fuoco e sul tema dell' ardore. Venendo alla fragilità, rilevo che se ne ha una gran paura, benché i ragazzi sappiano benissimo che è una costante della vita. Mi chiedo se Leopardi non debba insegnarci anche come gestire ciò che in noi vi è di più umano, per l' appunto la fragilità. La fragilità andrebbe sempre accettata, per provare poi a riscattarla - questo ci dice il poeta - attraverso la creazione».

 

Orazio, vedendo nei versi un modo per sopravvivere alla morte, giudicava la propria opera «aere perennius», più duratura del bronzo.

«Alla fine la prospettiva di Leopardi sarà differente. Nello Zibaldone scrive che se al termine della vita, rileggendosi, si renderà conto di aver creato qualcosa di bello, potrà ritenersi soddisfatto, indipendentemente dalla notorietà raggiunta dalle sue creazioni.

Difatti, per tornare al verso finale di A me stesso, è sì consapevole della vanità di ogni cosa, ma su questo scrive comunque una poesia».

 

LEOPARDI LEOPARDI

In una pagina lei scrive: «Se un adulto fa l’adolescente di ritorno inganna i ragazzi". Come si concilia questa considerazione con una frase di Leopardi che lei stesso cita nel suo libro, mostrando di condividerla, e che recita: «Non vivono fino alla morte se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita»?

«Qui Leopardi si riferisce alla capacità di usare l' immaginazione non per fuggire dalla realtà, ma per confrontarsi con i limiti del reale, osservando i quali si giunge a quello che possiamo chiamare un compimento. Parla dello sguardo immaginativo dei bambini, che equivale a vedere sempre un po' oltre rispetto a ciò che la realtà manifesta. Niente a che spartire con le sindromi di Peter Pan o i ripiegamenti nelle nostalgie giovanili».

 

In base alla sua esperienza di insegnante, quanto incide il web sulla vita dei ragazzi?

«La rete rappresenta un cambio di paradigma come lo fu la stampa. McLuhan diceva che ogni epoca ha il suo medium dominante, che seduce uno dei cinque sensi a scapito degli altri. Noi siamo ipnotizzati dallo smartphone, dallo schermo del computer o del telefono e questo ha ricadute evidenti.

 

Da una parte i giovani hanno l' opportunità di entrare velocissimamente in contatto con il mondo e di conoscere tantissime cose, dall' altra sono sempre distratti e non riescono a mantenere la concentrazione su un testo o un video che non siano brevi. Mi conforta che saranno i primi ad annoiarsi del web per eccesso di uso. Anzi, osservando i miei alunni mi accorgo che il fenomeno si sta in parte già verificando».

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