MISTERO BOFFO - L’EX DIRETTORE DI ‘’AVVENIRE’’ BOCCIA LO SBARCO DEL PAPA “TEOLOGO” SU TWITTER E METTE ALL’INDICE I CYBERNAUTI DELLA FEDE: “BASTA CON L’UBRIACATURA DA SOCIAL NETWORK ANCHE DENTRO LA CHIESA” - DOPO I TONI APOCALITTICI NEI CONFRONTI DEI NEW MEDIA BOFFO RICORDA LA ‘’MACCHINA DEL FANGO’’ CHE LO TRAVOLSE NEL 2009: “IO VITTIMA DI UN GIORNALISMO KILLER” (SU CARTA, PERO’) – FELTRI, SE CI SEI, BATTI UN COLPO…

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Fabio Tonacci per "la Repubblica"

DINO BOFFODINO BOFFO

Si è rotto qualcosa nel coro unanime di entusiasmo che ha accompagnato fino ad oggi la discesa di Papa Ratzinger su Twitter e l'utilizzo sempre più diffuso dei new media da parte dei preti. «Non lo vedo bene l'85enne Papa, teologo e pensoso, ad avere a che fare con Twitter - ha detto ieri Dino Boffo, direttore di Tv 2000 della Cei - basta con questa ubriacatura da social network, anche dentro la Chiesa».

DINO BOFFODINO BOFFO

Classico fulmine a ciel sereno, perché arriva da uno dei maggiori esperti di comunicazione della Chiesa italiana. Segnale però che qualche dubbio cova sotto la cenere, e che non tutti i fedeli e i sacerdoti sono convinti della scelta di Benedetto XVI, quasi che le attività in rete possano contribuire ad alimentare lo svuotamento delle chiese e la crisi delle vocazioni.

Boffo ha parlato a Venezia durante un incontro organizzato dal Patriarcato per la festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti. «Questa ubriacatura la pagheremo cara - ha aggiunto, in un discorso diventato accusa - ci sveglieremo che non avremo più i nostri media cattolici, quelli classici che ti mettono a contatto con il cuore vivo della comunità».

DINO BOFFODINO BOFFO

Non solo. «I social network sembrano dare sprint e un tocco di notorietà a buon prezzo, ma non possono sostituirsi agli altri», ha ribadito Boffo durante l'incontro di ieri, nel quale ha anche accennato alle false accuse del Giornale che lo travolsero nel 2009 costringendolo a lasciare la direzione di Avvenire («Fui vittima di un giornalismo
killer»).

L'intervento di Boffo sui social network non è stato proprio una carezza per tutti quei cybernauti della fede impegnati sui vari facebook e twitter, che giusto tre giorni fa avevano avuto la benedizione del pontefice nel messaggio per la 47esima Giornata mondiale
delle comunicazioni sociali.

LA PAGINA TWITTER DI PAPA RATZINGERLA PAGINA TWITTER DI PAPA RATZINGER

«Non capisco i toni apocalittici di Boffo - dice a Repubblica l'arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali - e non vedo nemmeno l'"ubriacatura" di modernità. Il Papa non intende certo sostituire i media vecchi con quelli nuovi, ma è un fatto che oggi il 35 per cento dei giovani si informa su Internet. Certe persone troveranno solo in rete la parola del Signore, e lì la Chiesa ci deve essere».

il papa con l ipadil papa con l ipad

I numeri parlano chiaro. I seguaci del Papa su Twitter hanno superato i 2 milioni e mezzo nelle otto lingue tra cui il latino in cui è già attivo l'account. Il profilo italiano di Ratzinger conta più di 288 mila follower (l'ultimo tweet è del 23 gennaio e recita «molti falsi idoli emergono oggi. Se i cristiani vogliono essere fedeli, non devono avere timore di andare controcorrente »).

E poi ci sono i "sacerdoti del web", sempre più numerosi. C'è il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, con 32 mila follower. L'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe sta pensando di iscriversi («Anche Gesù, se nascesse oggi, sarebbe su Facebook »).

VITTORIO FELTRIVITTORIO FELTRI

E, tra monsignori, vescovi, suore e sacerdoti online, c'è anche don Antonio Spadaro, direttore di Civiltà cattolica, che ha più di 6000 follower su Twitter ed è autore del blog
Cyberteologia. Alla polemica aperta da Boffo non vuole rispondere.

Era stato più loquace quando sull'Osservatore romano apparve qualche mese fa un articolo di Christian Martini Grimaldi nel quale in sostanza si sottolineava il rischio di «isolamento » per chi usa troppo i social network. «Attribuire al web le colpe che sono nostre - scrisse allora sul suo blog Spadaro - è solo una forma di deresponsabilizzazione».

 

 

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