NO CURVY - SU INSTAGRAM BANDITO L’HASHTAG USATO PER PUBBLICARE FOTO DI DONNE FORMOSE MA RESTANO VAGINAS E BITCH- INSTAGRAM: IL DIVIETO SERVE A TUTELARE LE DONNE GRASSE - VIETATO ANCHE L’HASHTAG “MELANZANA” (IN INGLESE) PERCHE’ ASSOCIATO AL FALLO DEI NERI

#curvy poteva diventare non un allegro spazio di scambio per gente pacificata col proprio corpo non conforme, ma un puttanaio. Come dar torto ai signori di Instagram-Facebook? Ma se questo è vero, perché non applicare lo stesso principio all’hashtag "vaginas": non penserete mica che la gente posti roba utile a ricerche universitarie, o che dildo sia un nome che si dà all’album della cresima....

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1. CURVY

CURVY CURVY

Elena Stancanelli per “la Repubblica”

 

L’hashtag #curvy è stato bannato. Su Instagram non è più consentito pubblicare foto di donne formose indicizzandole con la parola curvy . In cambio si può ancora usare skinny , magro, o vaginas, clitoris o dildo , vibratore, o anche bitch , a seconda del tipo di immagine che stiamo seguendo. E questo solo per rimanere in ambito sessuale. Poi c’è la politica, il razzismo, l’omofobia…

 

All’interno di ogni universo semantico ci sono regole diverse di legittimità. Qual è il criterio? I responsabili rispondono che il divieto imposto a #curvy serve a tutelare le donne grasse. Sotto quella titolazione infatti potevano spuntare ciccione in pose sconce, signorine felliniane messe lì per alluzzare i bassi istinti degli utenti. Insomma, #curvy poteva essere non un allegro spazio di scambio per gente pacificata col proprio corpo non conforme, ma un puttanaio.

 

utente curvy di instagram utente curvy di instagram

Come dar loro torto? Ma se questo è vero, e sicuramente lo è, perché non applicare lo stesso principio a bitch , per esempio, o skinny ? Non penseranno, i signori di Instagram, che sotto l’hashtag vaginas la gente posti roba utile a ricerche universitarie, o che dildo sia un nome che si dà all’album della cresima?

 

È interessante cercare di capire quello che accade nella cabina di regia, nel misterioso luogo dal quale a cadenza variabile vengono prodotte le tavole della legge di Facebook. Aldo Nove, scrittore attivo sui social e i cui interessi spaziano dalla poesia del Trecento alle pornostar, una volta è stato bannato da Facebook. Ha tolto le immagini di donne nude, pur sapendo che non poteva essere quello il motivo della sanzione, dal momento che se c’è una cosa popolare e ben accetta su Facebook sono le donne nude, e ha chiesto di essere riammesso.

 

modella curvy modella curvy

È stato riammesso, ma dopo poco è stato bannato di nuovo. Allora si è intestardito e ha cercato di mettersi in contatto con l’ineffabile divinità che divide il bene dal male, i buoni dai cattivi, ma gli è stato risposto che non esiste. Non c’è dio su Facebook, ci sono gli utenti. E le azioni degli utenti sono regolate da un algoritmo.

 

Se un numero sufficiente di utenti segnala come inappropriati i contenuti di un altro utente, l’algoritmo viene chiamato a pronunziarsi. Se l’algoritmo fa pollice verso, il segnalato viene automaticamente bannato senza possibilità di appello. Così parlò l’ineffabile divinità ad Aldo Nove, per spiegargli cos’era successo al suo profilo Facebook.

 

Che fare? Prendete l’accessibilità e la possibilità di interagire di un call center di un gestore telefonico e moltiplicatela per un milione. Siamo nello spazio interstellare, prima del big bang, siamo nel buco più nero che c’è. Brancoliamo, ma la giuria composta dall’uno-due utente algoritmo, si comporta in maniera inedita rispetto a quello che finora sapevamo della giustizia.

 

curvy girls su instagram curvy girls su instagram

Per quale ragione infatti, è possibile pubblicare tette nude sulla spiaggia e non donne che allattano un bambino, o inguini depilati e non wild bush ? Chi se ne importa, certo. Potremmo immaginare che non sia affar nostro e voltare la testa. Io non ci sono su Facebook, che cosa vuoi che me ne importi cosa si può fare o non si può fare là dentro. Giusto. Ma solo perché per adesso Facebook è ancora una Terra di Mezzo. Un reame immaginario, o virtuale se preferite. E quindi ci sono ancora cose che non sono Instagram. Dove stiamo noi, quelli appunto che non stanno su Facebook.

 

Ma se Facebook diventerà il mondo, se avrà gli stessi confini e conterrà gli stessi abitanti? Se non ci sarà niente fuori da Facebook perché Zuckerberg, dopo Instagram e WhatsApp, si sarà comprato tutto, o almeno, tutto quello che sta nella categoria “social”? A quel punto la questione, chi e come decide cosa è bene e cosa è male sarà un po’ più seria. Quattro gambe buono, due gambe cattivo, dicevano le pecore ne La fattoria degli animali .

E se quello che viene avesse la stessa arbitrarietà? Se, per qualche complicato incastro dovesse accadere che quel giorno il cattivo sei proprio tu - sì, tu - e vieni espulso? E ti tolgono il numero di telefono, il codice del bancomat, il numero sui documenti…

MELANZANA MELANZANA

 

2. MA SU INTERNET C’È ANCHE L’ANTIDOTO CONTRO IL VIRUS DELLA DISCRIMINAZIONE

Riccardo Luna per “la Repubblica”

 

Mi sto indignando. Questa è una discriminazione vegetale inaccettabile. Su Instagram non posso usare la parola “melanzana”. In realtà in italiano posso farlo, è in inglese che è vietato. Vietatissimo: ebbene sì, è vietato usare — occhio, solo come hashtag, ovvero dietro il cancelletto # che rende la parola trovabile da altri utenti — la parola eggplant .

Fruttivendoli di tutto il mondo, unitevi e protestate per favore se non vi scappa da ridere.

 

sfilata lingerie modelle curvy sfilata lingerie modelle curvy

Il paradosso della melanzana — bandita perché alcuni utenti la associano alla forma e alle dimensioni del pene di un adulto di colore, per essere espliciti — rende bene lo stato confusionale di chi tiene il timone della piattaforma di condivisione foto più usata al mondo. Da zero a dieci? Dieci.

 

Ma spiega anche che probabilmente nella vicenda curvy che tiene banco in rete da alcuni giorni, non c’è una discriminazione contro le donne cicciotelle e nemmeno grasse. E infatti è tuttora possibile cercare curvygirl , curvywomen , curvyfashion e chi più chili ha più ne metta. E allora che senso ha? Nessuno, o meglio nessuno lo ha mai capito.

 

 

sfilata lingerie modelle curvy al sexy shop beautiful (6) sfilata lingerie modelle curvy al sexy shop beautiful (6)

Il tema delle parole bandite dai social media è infatti vecchio di qualche anno: nel 2010 si accese una discussione online sul fatto che la lista delle parole vietate su Facebook fosse troppo lunga. Morale, nel 2011 erano circa 450, tre anni dopo erano quasi raddoppiate. Ma su Google le parole vietate sono più di 1.400. Quali? Quelle legate a pornografia, violenza, odio e violazioni del copyright, è la risposta ufficiale. Ma un’analisi accurata di tutte le parole legate a questi tre filoni, ha dimostrato che il muro di Google ha molte falle.

 

LE BAGNANTI RENOIR LE BAGNANTI RENOIR

L’apoteosi dei divieti è su Instagram per un motivo evidente: essendo un social network di foto, ha una forza nei suoi messaggi molto maggiore degli altri e può ledere la dignità delle persone. In questo caso la lista delle parole (e delle immagini) vietate ogni volta diventa un caso e spesso un mistero. Qualche anno fa per esempio era vietato usare iPhone. Perché? Boh. Ma l’intera vicenda non si può liquidare con un boh: i social media infatti non sono solo delle piazze, sono degli strumenti di comunicazione essenziali.

 

tess holliday 2 tess holliday 2

Esattamente come accade offline , le regole sono indispensabili per la convivenza civile a patto che siano espressione della nostra cultura. E se non accade? Se il virus della discriminazione (o della stupidità) prende il sopravvento? Nella rete c’è anche l’antivirus. Di solito infatti basta ricorrere ad un altro social network e protestare.

sfilata lingerie modelle curvy (2) sfilata lingerie modelle curvy (2)

 

 

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