NON SOHO PIÙ DOVE ANDARE - IL LOCALE SIMBOLO DEL QUARTIERE PIÙ BOHÉMIEN DI LONDRA CHIUDE PER UNA RISSA ED ESPLODE LA POLEMICA: “UNA SCUSA PER FAR POSTO AGLI SPECULATORI IMMOBILIARI” – FUORI IL VIZIO, DENTRO NEGOZI DI LUSSO E RESIDENCE

Chiude il Madame Jojo e il Guardian scrive che è il segno della “morte di Soho” - Al centro di Londra, il quartiere fa troppo gola al mercato immobiliare in una città dove il mattone è come oro - Rischia di sloggiare perfino l’Italian Bookshop, l’unica libreria italiana della metropoli, per mettere al suo posto la portineria di un condominio...

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Enrico Franceschini per “la Repubblica

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La via era buia, la porta stretta, le scale anguste. Ma l’insegna al neon all’ingresso era lo stesso ben nota a tutti: per cinquant’anni Madame Jojo è stato il night-club più famoso di Londra, il posto dove andare per il burlesque e le drag queen, la musica e il cabaret, un po’ di vizio, tante risate e alcool a volontà.

 

Adesso il locale notturno nel cuore della capitale ha chiuso i battenti per sempre: le autorità municipali non gli hanno rinnovato la licenza per un raro incidente, una rissa tra i buttafuori e un cliente ubriaco, il proprietario sostiene che è una scusa per fare posto agli speculatori immobiliari, il Guardian scrive che è il segno della “morte di Soho”, il quartiere a luci rosse di Londra, un tempo popolato di sex shop, saloni per massaggi e strip club.

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Ex quartiere a luci rosse, sarebbe più giusto chiamarlo, perché l’industria del sesso era in declino già da anni, mantenendo soltanto uno spicchio dei topless-bar e della prostituzione che una volta avevano qui la loro base. Eppure rimaneva ancora qualcosa della vecchia atmosfera, un misto di peccato, proibito e anticonformismo che ne ha fatto a lungo una specie di zona franca, l’unica dove si potevano bere alcolici a qualsiasi ora, frequentata non solo da spogliarelliste e massaggiatrici, ma anche da artisti, giornalisti, musicisti, scrittori, creativi, insomma da tutti gli spiriti ribaldi che avevano voglia di fare le ore piccole in barba alle regole.

 

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La spiegazione di quanto sta accadendo è “gentrification”, parola che viene da “gentry”, piccola nobiltà, e sta a indicare il mutamento di un’area urbana, l’espulsione di abitanti ed esercizi commerciali originali, per fare spazio ad altri, sostanzialmente con più soldi. Situata nel centro della metropoli, a due passi da Piccadilly Circus, Soho fa troppo gola al mercato immobiliare in una città dove il mattone è come oro: gli affitti sono saliti alle stelle, ristoranti alla moda e boutique sostituiscono vecchie botteghe e baretti, la chiusura di Madame Jojo aprirà la strada a ulteriori restauri, costruzioni e speculazioni.

 

In fondo è successa anni fa la stessa cosa a New York, attorno a Times Square e alla 42esima strada, era inevitabile che il fenomeno si ripetesse a Londra. Arrivano i turisti, gli yuppies e i ricchi stranieri, ma ad andarsene non saranno soltanto donnine allegri e buttafuori. Rischia di sloggiare perfino l’Italian Bookshop, l’unica libreria italiana della metropoli, per mettere al suo posto la portineria di un condominio di appartamenti da milioni di sterline.

 

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Piccole librerie, postriboli e pub: era questo il cocktail del quartiere. A Soho hanno suonato Jimi Hendrix e i Rolling Stones, nel leggendario Marquee Club di Wardour street;, hanno bevuto il pittore Francis Bacon e lo scrittore Howard Jacobson, che ancora ci abita, in bar come il Colony Room; si sono sballati un po’ dovunque i beatniks negli anni ‘60 e i punk nei ‘70. Negli anni ‘50 ci aprirono il primo autentico caffè italiano, il Bar Italia, insegnando agli inglesi cosa sono un espresso e un cappuccino, e Ronnie Scott, il jazzclub da cui sono passati tutti i grandi del genere (l’uno e l’altro, per fortuna, sono ancora aperti).

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A Carnaby street nasceva la minigonna, al Raymond RevueBar si faceva lo strip-tease, su Old Compton street si inauguravano i gay bar e sul palcoscenico di Madame Jojo salivano Ruby Venezuela, Lily Savage, Regina Fang, nello spettacolo di travestiti più divertente d’Europa, tra piume di struzzo, corpetti audaci e ryhtm-and-blues.

 

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Dall’adiacente Chinatown arrivava l’odore di anatra agrodolce, dai teatri l’eco dei musical del vicino West End, e intanto nei clip-joint, i night-trappola, venivano spennati gli “out-of-towners”, i provinciali a caccia di emozioni, costretti a pagare una fortuna per acqua colorata invece di champagne e ad attendere una entreneuse che non sarebbe mai venuta. Sui suoi marciapiedi capita ancora di essere fermati da una giovane orientale che ti offre un massaggio. E c’è ancora qualche porticina affacciata alla strada con la scritta “Models upstairs”, eufemismo per “prostitute al piano di sopra”.

 

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Non è di questo, ovviamente, che ha nostalgia il Guardian. «Il fatto è che vogliono fare di Soho un luogo per famiglie», afferma Marcus Harris, uno dei promotori di Madame Jojo, «un luogo per shopping, costosi ristoranti e bar che chiudono alle 11 di sera, così a mezzanotte si va tutti a dormire». Mentre a dormire, nella vecchia Soho, non si andava mai.

 

 

 

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