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A QUALCUNO NON PIACE BIONDA! ADRIANA ASTI MEMORIES: “PER RECITARE NUDA IN "VECCHI TEMPI" DI HAROLD PINTER VISCONTI MI FECE TINGERE DI BIONDO SIA I CAPELLI SIA LÌ, IN QUEL POSTO... FU UNO SCANDALO. L’AUTORE VENNE DA LONDRA E FECE SOSPENDERE LE REPLICHE”

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Emilia Costantini per il “Corriere della Sera”

 

E pensare che, da bambina, non era capace nemmeno di recitare la poesia di Natale davanti ai parenti. «Sono sempre stata timida e modesta, non ho mai pensato di fare l’attrice» assicura Adriana Asti che invece può contare su una carriera lunga una vita. Tutto inizia quando, a 17 anni, una compagnia di giro le chiede se vuole unirsi al gruppo:

 

«Un carrozzone di attori girovaghi — racconta —. Mi dissero vuoi venire con noi? Io risposi si! Avrei seguito chiunque pur di andar via da casa, ci sarei andata anche se mi avessero proposto di fare l’acrobata. All’epoca ero iscritta a una scuola di pittura a Milano, frequentata da tutti ragazzi un po’ disturbati.

 

ADRIANA ASTI PASOLINIADRIANA ASTI PASOLINI

Mio padre era un tipo libertario ma era convinto che non sapessi fare niente, nemmeno dire buongiorno in pubblico, figuriamoci salire su un palcoscenico e recitare... Ma io volevo andare altrove, una voglia che mi è sempre rimasta: sono convinta che in punto di morte, se ancora cosciente, sarò comunque felice di andare via, trasportarmi da un’altra parte».

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Cominciò con una comparsata in uno spettacolino, «aprivo solo la bocca facendo finta di parlare, poi però ho continuato e non ci pensavo proprio a tornare a casa: i miei preoccupati mi vennero a cercare e, quando mi videro interpretare un ruolo più importante dove sostituivo la prima attrice che si era fatta male, rimasero inorriditi.

LUCHINO VISCONTILUCHINO VISCONTI

 

Io, emozionata, sbagliai pure la battuta e invece di dire “è quello francese maestà”, dissi “è quello marcese, francià”. Mi ammonirono “no, tu questo mestiere non lo puoi fare, non sei capace!”. Erano molto critici, sperando forse di riportarmi a più miti consigli».

 

Come un mulo

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Niente da fare, ostinata come un mulo, Adriana a casa non ci torna, resta con la compagnia di giro e finalmente arriva la buona occasione: la messinscena di «Noi moriamo sotto la pioggia», un testo di Enzo Biagi. «Mi venne a vedere Giorgio Strehler e mi scritturò per il Piccolo»: è la svolta della sua vita e inizia il suo percorso formativo con i più grandi.

 

LUCA RONCONILUCA RONCONI

«Non ho mai frequentato una accademia teatrale, ho imparato direttamente sulle tavole dal palcoscenico dai giganti con cui ho lavorato, da Lilla Brignone a Vittorio Gassman, da Luchino Visconti a Bob Wilson, da Patroni Griffi a Luca Ronconi. E col tempo ho cominciato a capire che poi non ero tanto male, la gente mi applaudiva e allora ho pensato che in fondo potevo continuare».

 

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A Ronconi, recentemente scomparso, dedica un ricordo speciale: «Ci conoscevamo da ragazzi e abbiamo lavorato insieme tante volte. Una volta dovevamo interpretare un testo di autore contemporaneo italiano, dove impersonavamo due amanti a letto. Io in camicia da notte, Luca in pigiama. Mentre recitavamo, avvertimmo qualcosa di morbido che ci sfiorava la faccia: era il sipario che calava su di noi.

 

Il testo era noiosissimo, il pubblico se ne stava andando e il direttore di scena aveva deciso di chiudere la scena senza avvertirci». Di Visconti ricorda invece quando la fece recitare nuda in «Vecchi tempi» di Harold Pinter: «E mi aveva fatto tingere di biondo sia i capelli sia lì, in quel posto... Fu uno scandalo: l’autore inglese venne da Londra e ci fece sospendere le repliche dello spettacolo definendolo pornografico».

 

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Una lunga carriera non solo teatrale ma anche cinematografica: dalla prostituta Amore che interpretò in «Accattone» di Pasolini a Ennia nel «Caligola» di Tinto Brass, passando per registi come Luis Buñuel, lo stesso Visconti e Bernardo Bertolucci con cui ebbe anche un legame sentimentale. «Una vita intensa, sì», sospira e poi, civettuola, aggiunge: «Ma sull’età per favore si mantenga vaga... Scriva: nata ieri», e sgrana gli occhioni come solo lei sa fare.

 

Un amore strano

Una vita di successi, ma anche un esaurimento nervoso che le fece incontrare Cesare Musatti: «Sin da piccola avevo problemi di relazione. Mio padre decise di portarmi dal grande psicoanalista: ho continuato ad andare da lui per i successivi trent’anni e fu lui a ripetermi che dovevo continuare a fare l’attrice proprio come terapia». E poi, dopo la sua scomparsa, scrisse e interpretò per lui una commedia: «Caro Professore».

STREHLERSTREHLER

 

«Mi aveva fatto comprendere che il teatro fa bene alla salute: anche nella negatività, ti fa sentire positivo». Non solo carriera, successi e psicoanalisi, anche storie d’amore: «La prima volta mi sono sposata con un pittore, Fabio Mauri. Ci volevamo bene ma il matrimonio è durato solo due anni. Era diventato noioso e volevo andarmene. Un giorno gli dissi “esco per delle commissioni”. Non sono più tornata».

 

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Poi qualche anno dopo, in aereo andando a New York per recitare in uno spettacolo di Ronconi, incontra colui che è diventato l’uomo della sua vita, ma anche compagno di palcoscenico, il regista Giorgio Ferrara: «Era poco di più di un ragazzo, all’epoca faceva l’assistente a Ronconi.

 

Mentre atterravamo, io stavo guardando fuori dal finestrino, ma Giorgio pensò che stessi guardando lui. È cominciata così e, dopo dieci anni di convivenza, cominciammo a parlare di matrimonio ma io ero contraria. Dicevo non posso sposare uno tanto più giovane di me, mi arrestano! Invece è successo e dura da quarant’anni».

 

Niente figli, però. «Non posso essere madre. Sono troppo figlia. Giorgio sembra più vecchio di me. Ma sì: lui mi ha sposato per allegria». La storia di Adriana Asti è stata raccontata in un docu-film, presentato alla Festa del Cinema di Roma: «A.A. professione attrice», regia di Rocco Talucci, con tante testimonianze di artisti e scrittori che l’hanno conosciuta da vicino.

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«Sì, ma non ho accettato questa proposta per auto celebrarmi, per carità... È stato un modo per ricordarmi tanti spettacoli di cui mi sono addirittura dimenticata, insomma una specie di ripasso. Poi, rivedendomi nel documentario, mi sono anche chiesta: ha senso che alla mia età io continui a recitare? Forse sarebbe giusto calare il sipario? Il dubbio mi assale, ma... la voglia di proseguire scioglie ogni dubbio. Sì — conclude — vale la pena continuare».

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